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Gioco e pubblicità: la parola ai concessionari, tanti gli interrogativi

24 gennaio 2015 - 08:53

In attesa di sapere cosa come si muoverà il governo nazionale nell'applicazione della Delega fiscale, anche in materia di gioco e pubblicità, i concessionari non stanno a guardare. Anzi.

Scritto da Redazione
Gioco e pubblicità: la parola ai concessionari, tanti gli interrogativi

 

Simonetta Consiglio, vicepresidente Marketing e Comunicazione di Sisal, sottolinea: "Avevamo adottato un codice di comunicazione interna relativa alla comunicazione pubblicitaria e commerciale, sulla base di quanto previsto dagli standard internazionali su questa materia, ben prima dell’introduzione dell’articolo 28 introdotto nel Codice. Tutte le nostre iniziative rispecchiano quindi da tempo la regolamentazione condivisa con Iap ed abbiamo da sempre coinvolto i nostri consulenti, e agenzie di comunicazione in questo percorso, lavorando in modo responsabile già nella creazione di ogni nostra attività". Come dimostra la campagna Sisal 'Gioca il Giusto': "Per noi – ricorda - è ben più di un claim pubblicitario, è una programma che comprende diverse attività in ambito di comunicazione responsabile e attività di corporate social responsibility. Del programma fanno parte attività di ricerca, lo sviluppo dei giochi secondo le più stringenti regolamentazioni e metodi di valutazione del rischio, formazione del personale dei punti vendita e dei dipendenti, sensibilizzazione dei giocatori e, non da ultimo, supporto dei giocatori problematici. In questo senso, nel 2013, in collaborazione con Lottomatica abbiamo promosso il servizio 'GiocaResponsabile'  nato in collaborazione con FeDerSerD, che costituisce la prima helpline a livello nazionale, completamente gratuita, pensata per fornire un sostegno immediato ai giocatori e alle loro famiglie”. Ma la soluzione migliore alla questione sta in un'azione a monte, e soprattutto unitaria, che superi ad esempio le iniziative dei singoli e la babele di norme locali."Riteniamo sicuramente più produttivo identificare delle linee di lavoro comuni e soluzioni reali per la salvaguardia e la salute di tutti i cittadini", commenta ancora Consiglio. "Per questo, sarebbe più efficace trovare delle modalità di collaborazione attiva a livello nazionale piuttosto che veder proliferare una pluralità di posizioni che varia a seconda del territorio. Come operatori siamo i primi a voler contrastare il fenomeno del gioco d’azzardo patologico, fenomeno che va però affrontato in modo obiettivo e scientifico così da poterlo affrontare al meglio". 

Imma Romano, responsabile Relazioni esterne di Codere, da parte sua, ricorda: "Abbiamo sempre avuto un atteggiamento molto 'fair' nell’ambito della comunicazione di prodotto. I nostri slogan hanno sempre inteso rappresentare l’aspetto responsabile del gioco e mai promesse di realizzazione di sogni munifici o di cambi di vita miliardari e questo ancor prima del Decreto Balduzzi e del Codice di autodisciplina che pur abbiamo sottoscritto e condiviso, prima ancor che nei principi, nei fatti. Citando le parole del criminologo Francesco Bruno 'Bisogna opporsi al proibizionismo, che non è mai stato credibile e che può generare l’effetto contrario a quello auspicato'. Occorre però, al tempo stesso, prendere atto che la pubblicità del gioco d’azzardo, se incautamente somministrata, può generare comportamenti antisociali e situazioni pericolose, e adeguarsi. Il rischio maggiore però è che, una non corretta comunicazione, imputi al Gap numeri e situazioni inverosimilmente esagerate: i comportamenti compulsivi sono sempre esistiti e coinvolgono circa il 2% della popolazione mondiale, attengono all'alimentazione, al sesso, all'ipocondria, all'igiene ma troppo spesso nel caso del gioco i numeri sono dati a vanvera". Per questo, i messaggi in coda agli spot sul gioco che invitano a giocare responsabilmente, "possono essere considerati certamente modi per allertare l’attenzione ma, il mondo delle sigarette ce lo insegna, non rappresentano certo un deterrente efficace. Il messaggio diretto al giocatore dovrebbe essere di per sé 'responsabile' e non limitarsi a una dicitura in coda a uno spot che contraddice il senso dell’ informazione. Non si può da un lato dire che quel prodotto farà ricco o ti manderà per sempre a vivere come un re su un’isola da sogno e poi ricordare di non eccedere. Pertanto crediamo fortemente che solo educazione profonda e diffusa e una corretta informazione sui rischi correlati ad un gioco eccessivo possa portare il giocatore a vivere il gioco come una delle tante forme di intrattenimento e non come una patologia. Il nostro impegno in questi ultimi anni è andato proprio in questa direzione avendo ritenuto fondamentale il ruolo dell’operatore di gioco, a qualunque livello, come quello del protagonista assoluto in termini di informazione".

Secondo l'Ad di NetWin Italia, Maria Venusto Balestracci, si tende ad evitare la pubblicità sul gioco "basandosi sulla validità presunta dell’equazione gioco=dipendenza patologica. È ovviamente errato. Sul gioco compulsivo credo che, al momento, inizino le prime indagini territoriali indirizzate a individuarne i reali perimetri nell’ambito dell’offerta lecita. Di per sé, il campo di indagine porta a non censire quanto è generato dall’offerta illecita di gioco. Attenzione quindi a non assimilare il precipitato di questa a quello proprio dell’ambito legale, non confrontabile. Nel canale lecito, una volta determinate le reali proporzioni dei fenomeni compulsivi, penso siano più efficaci gli sforzi rivolti alla razionalizzazione dell’offerta, anche in termini di rete di raccolta, e alla qualificazione professionale del distributore ultimo della stessa. Non dimenticando, comunque, che per un nativo digitale è più naturale fruire dell’offerta di gioco attraverso un dispositivo tecnologico piuttosto che recandosi in un luogo fisico". Il primo vero antidoto al possibile vizio d’approccio che, almeno in parte, "è responsabile della demonizzazione del gioco e delle conseguenti tendenze proibizioniste" è l'elementare buon senso, dote che viene meno "nel tentativo di intercettare quei consensi che sono facili proprio perché figli di una generale disinformazione. Adeguarsi a questo mainstream culturale significa perdere di vista la distinzione tra offerta di gioco legale ed offerta illegale. Punto fermo che, spesso, sembra relegato ai margini del dibattito in corso nel Paese. Se a questo aggiungiamo la pericolosa declinazione dell’autonomismo locale che abbiamo conosciuto in questi anni, più figlia, a mio avviso, di una debolezza dello Stato centrale che non di un vero e metabolizzato federalismo, beh, la frittata è servita". L'autodisciplina diventa quindi sempre più fondamentale, insieme alla già richiamata correttezza. "La nostra offerta di gioco – ricorda ancora Balestracci - non è percepibile dal giocatore come quella che ti può cambiare la vita, né potrebbe esserlo per limiti intrinseci al prodotto; sono comunque convinto della validità del rappresentargli con estrema chiarezza le probabilità di vincita e di dotare il prodotto di avvertenze circa la potenziale induzione di comportamenti patologici. Un po’ quello che avviene con i farmaci, dove il 'bugiardino' esplicita gli effetti indesiderati, magari manifestatisi anche solo in percentuali non significative". L'efficacia dell'invito a 'giocare responsabilmente' è quindi "direttamente proporzionale alla credibilità di chi lo trasmette; nel caso in cui inducessi il giocatore a ritenere che sia sufficiente giocare per vincere, il monito suonerebbe fasullo. Pertanto non ne disconosco la validità a patto di tener ferme le premesse. Teniamo poi in conto che ormai, volenti o nolenti, siamo abituati ad esprimerci in 140 caratteri".

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