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SerT: in attesa dei nuovi fondi, l’esperienza pionieristica del Piemonte

02 maggio 2015 - 09:18

In che modo i SerT italiani, in attesa dell’attuazione degli interventi previsti nella legge di Stabilità 2015 e della delega fiscale, si stanno facendo carico del gioco patologico. Dopo il focus sul Veneto, Gioco News sonda quanto sta avvenendo in Piemonte, regione pioniera nella presa in carico della patologia.

Scritto da Anna Maria Rengo
SerT: in attesa dei nuovi fondi, l’esperienza pionieristica del Piemonte

“La nostra esperienza, nel panorama italiano, può definirsi una realtà sui generis poiché ha permesso, in un'epoca in cui i SerT ancora si interrogavano sulla ‘appartenenza clinica’ dei giocatori, la formazione di un'equipe specialistica nel trattamento del gioco d'azzardo. Sono state messe in campo risorse di personale specificatamente destinato alla costituzione di un Servizio per il trattamento dei giocatori d'azzardo, al fine di consolidare pratica ed esperienza”. Lo sottolinea Paolo Jarre, del Dipartimento ‘Patologia delle dipendenze’ Asl To3 Piemonte – Servizio Gioco d'azzardo e dipendenze comportamentali – Collegno (Torino), che nel tracciare un bilancio dell’attività svolta evidenzia: “Sicuramente ciò a risorse invariate, o addirittura decrescenti come negli ultimi quattro anni, ha significato sacrificare investimenti in altri ambiti più tradizionali (droghe, alcol). Ciò ha permesso negli anni il consolidamento di un know how che è stato risorsa anche per altri gruppi di lavoro che negli anni - progressivamente in tutta Italia - hanno promosso l'apertura nei Ser.T. di veri e propri Servizi o di attività per il trattamento dei giocatori. Il passaggio legislativo sarà tuttavia indispensabile a colmare le lacune -sia in termini di legittimazione che sul piano delle risorse umane e finanziarie- che in altre realtà italiane ancora non hanno permesso di avviare interventi specifici, con operatori specializzati, destinati ai giocatori d'azzardo.

Dal punto di vista clinico la nostra decennale attività nel campo del Gap ci ha permesso di uscire definitivamente da quello che un po' scherzosamente si può definire il ‘ghetto della droga’, aprendoci a 360° all'intero panorama del variegato mondo delle addiction”.

Cos’è cambiato per il Ser.T. da quando è stata introdotta la legge Balduzzi?

“Il decreto Balduzzi, dal nostro punto di vista, non ha modificato alcunché in termini di visibilità e accessibilità al Servizio. In una fase iniziale gli esercenti si sono adoperati ad assolvere l'adempimento di legge, dotandosi degli avvisi da affiggere nei locali con le informazioni relative alla pericolosità del gioco d'azzardo e ai servizi di territorio cui rivolgersi. Nella nostra esperienza raramente i pazienti che si sono rivolti al Servizio ci hanno riferito di averne avuto notizia dai manifesti affissi nei luoghi di gioco. Il manifesto affisso nei luoghi di gioco rischia di apparire -come il messaggio di ‘pericolosità’ stampato sui pacchetti di sigarette - un mero adempimento di Legge senza un reale impatto sul versante clinico. Per quanto riguarda le altre indicazioni della Legge, dalla previsione dell'inserimento del Gap nei Lea (iter ad oggi, oltre 2 anni dopo l'entrata in vigore della Legge di conversione del Decreto Balduzzi,  non ancora concluso), ai limiti nella pubblicità sino all'istituzione dell'Osservatorio nazionale ovviamente daranno i loro frutti su tempi molto più lunghi. Direi che l'impatto maggiore lo ha avuto in termini culturali generali, segnando a livello normativo l'inizio di una lenta inversione di tendenza all'espansione incontrollata dell'offerta di azzardo legale”.

In termini numerici, l’accesso ai servizi è aumentato? E se sì perché?

“Nel corso dell'ultimo quinquennio l'accesso ai nostri servizi è aumentato del 45%, nonostante ciò il dato dei pazienti che si rivolgono ai Servizi è ancora molto lontano dalla reale prevalenza del fenomeno. Possiamo stimare che anche in un territorio come il nostro che ha visto nascere un servizio specialistico ormai 10 anni fa neppure il 10% dei giocatori patologici arriva al servizio.

Comunque l'aumento dell'accesso è stato determinato dalla convergenza in questi anni di diversi fattori storici e culturali, che ha permesso ai giocatori ed alle famiglie di uscire dal pregiudizio del ‘vizio’, per accedere invece in modo più dignitoso a percorsi di cura; l'informazione, i mezzi di comunicazione hanno permesso lo sviluppo di una maggiore consapevolezza delle possibili conseguenze per la salute del gioco. Crediamo che i giocatori che arrivano al servizio in modo autonomo o spinti dai loro famigliari, siano persone consapevoli di avere un problema e quindi potenzialmente più evoluti e disponibili al cambiamento di quelli che non accedono. Il problema che in futuro dovranno porsi non solo gli operatori dei servizi, ma anche politici ed amministratori che hanno un ruolo attivo nella programmazione sanitaria, è rappresentato da chi non ha ancora maturato consapevolezza della dipendenza e che pertanto non pone nessuna domanda di cambiamento o di cura. La programmazione degli interventi nei prossimi anni dovrà quindi sempre più essere orientata al reclutamento del sommerso. Che è tuttora gigantesco”.

Che cosa ne pensa delle disposizioni contenute nel Dlgs che darà attuazione all’articolo 14 della legge delega e che, come anticipato dal sottosegretario Baretta, prevedono “l’Istituzione di un fondo che si affianca alle risorse già stabilite con la legge di stabilità di 50 milioni dedicati alla prevenzione della ludopatia. Proponiamo che questo nuovo fondo, che stimiamo possa arrivare a 200 milioni, sia gestito con gli enti locali per piani territoriali (non per singolo comune) le cui modalità vanno definite”?

“La gestione a livello territoriale e non solo locale del cosiddetto ‘fondo buone cause’ (così lo definisce il sottosegretario), permette innanzitutto di garantire all'utenza un'offerta terapeutica più omogenea e capillare. Inoltre laddove sia possibile collaborare con i Comuni alla definizione di regolamentazioni volte a contenere la disponibilità oraria di accesso ai giochi (in particolar modo per quanto riguarda le slot machine), la diffusione di luoghi di gioco, la prossimità con i luoghi sensibili (scuole, chiese, ospedali), è quanto mai opportuno che ciò avvenga in rete fra Comuni limitrofi, in modo che l'impatto sulla popolazione sia più incisivo di quanto accade laddove l'iniziativa sia in capo a piccole e isolate realtà locali.

Crediamo che solo una politica di prevenzione organizzata attraverso progettazioni territoriali ampie e rivolta ai soggetti maggiormente a rischio, possa, su tempi medio lunghi , produrre dei risultati, a patto che la politica sappia andare oltre orizzonti temporali legati al mandato amministrativo, lungimiranza di cui si ha scarso riscontro in questi tempi”.

Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin ha dichiarato a Gioco News “La proposta di aggiornamento dei Lea prevede che il trattamento della dipendenza da gioco d’azzardo patologico venga eseguito nei servizi territoriali per le dipendenze (SeRT) già presenti in tutto il territorio nazionale e già finanziati con le ordinarie risorse a destinazione indistinta. Pertanto, non sarà necessario istituire nuovi servizi ad hoc, ma sarà sufficiente potenziare i servizi esistenti e provvedere alla formazione specifica del personale. Lo stanziamento di 50 milioni di euro sarà prevalentemente destinato a questo scopo”. A suo modo di vedere servirebbero dei servizi ad hoc?

“Concordo con il ministro che i Ser.T. - tradizionalmente deputati alla cura delle dipendenze da sostanze (legali ed illegali) - possano divenire, nell'ambito dei Dipartimenti per le dipendenze i Servizi per la cura delle dipendenze comportamentali tra cui il gioco d'azzardo.

Va assolutamente evitata sia un'allocazione ‘a macchia di leopardo’ differente da Regione a Regione e nell'ambito delle singole Regioni che una impropria e pericolosa allocazione presso i Servizi di salute mentale. Il DSM V inserisce il Gap tra i disturbi da addiction e come tale va trattato. Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito ad un progressivo mutamento di prospettiva clinica e culturale nell'ambito delle dipendenze, accanto ad un parallelo percorso di formazione degli operatori. -sebbene probabilmente ad oggi ancora incompiuto su tutto il territorio nazionale- che ha visto l'istituzione all'interno dei Ser.T. di equipe specializzate nel trattamento dei giocatori patologici. L'indirizzo negli anni futuri, dopo questa fase di necessaria specializzazione e maturazione d'esperienza, dovrà andare nella direzione di destinare i pazienti con una patologia di dipendenza (sia da sostanza che da comportamento)  verso percorsi di cura specifici ma all'interno degli stessi servizi che tradizionalmente si sono occupati di dipendenze. Questo dovrebbe prevedere pertanto un potenziamento delle dotazioni organiche ed un costante investimento in percorsi di formazione ed aggiornamento.

Potrebbe essere utile, inoltre, sollecitare i Ser.T. ad interagire maggiormente con la rete dei servizi e con le associazioni dei cittadini attive a livello territoriale per costruire percorsi di empowerment, in quanto molto del lavoro di contrasto al gioco d'azzardo deve passare attraverso la pressione dei soggetti direttamente coinvolti. In questo i Ser.T. possono avere un importante ruolo di attivazione di interventi di comunità locale e di advocacy. Quindi non servizi a sé stanti ma gruppi di lavoro specialistici, potenziati sotto tutti i punti di vista, nell'ambito dei Servizi per le dipendenze”.

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