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Pucci (As.Tro): 'Verso una nuova stagione politica del gioco'

30 aprile 2016 - 09:37

Il presidente di As.Tro, Massimiliano Pucci, racconta l'esperienza tra gli studenti a Bologna e annuncia una nuova stagione del gioco.

Scritto da Redazione
Pucci (As.Tro): 'Verso una nuova stagione politica del gioco'

 

Il gioco pubblico visto dai giovani. E' uno dei temi esplorati in maniera approfondita in occasione dell'evento di Bologna a cui ha partecipato una rappresentanza del settore, attraverso l'associazione As.Tro. Un'esperienza “istruttiva”, secondo il presidente dell'organismo, Massimiliano Pucci, che in un'intervista a GiocoNews.it spiega nei dettagli l'iniziativa e prova a trarne le prime conclusioni.

All'indomani dell'esperienza avuta a Bologna, nell’iniziativa di confronto con le scuole: “Un gioco che mi gioca, io non voglio cadere nella rete”, quali conclusioni ritiene di poter trarre?

“Il ciclo di conferenze a cui As.Tro sta partecipando, e che vedrà nell’incontro del 4 maggio l’ultimo della serie, è stata un’esperienza a dir poco istruttiva, che mi ha fatto capire come ai grandi cambiamenti che stiamo assistendo sul mercato del gioco si stanno associando analoghe evoluzioni anche nella società, relativamente alla 'percezione-valutazione' del gioco stesso.

Non è certo il primo dibattito a cui partecipa: cosa c'è di nuovo in un esperienza di questo tipo?

“Sino ad oggi si è pensato che 'i front-man' del gioco lecito dovessero andare ai convegni per difendersi dai dati sull’epidemia del gioco legale, contrastando e demolendo le piattaforme più o meno veritiere su cui si fonda la bad reputation del gioco lecito. Oggi non è più (solo) così”.

Cos'altro ha rilevato in questa esperienza diversa, dunque, dal solito?
“Intanto che la società civile (quella impegnata e che usa la ricerca in luogo di recitarla a memoria senza costrutto), sa già tutto del gioco lecito, non è più 'prigioniera' dei dati (mistificanti o meno) circa i volumi di gioco o le stime sulla dipendenza; la società civile evoluta vuole risposte, vuole essere ascoltata, e vuole che chi si occupa di determinati fenomeni spieghi in pubblico come affronta i problemi”.
Ma non erano i ragazzi a “fare le domande” ?
“L’iniziativa nata dal generale contesto dei Licei di Bologna è andata addirittura oltre il livello appena descritto, abbinando alla serietà della società civile, che non si propone 'imposizione di morale', l’esigenza di mettere la gioventù al centro dell’attenzione e dell’attivismo della ricerca.
Quale ruolo hanno svolto, quindi, gli studenti dei licei ?
“Il grande ruolo svolto dai ragazzi è stato quello di ricordare che se molti parlano di loro, alla fine sono in pochi a parlare con loro. Quando sono dei ragazzi di 15-17 anni a decifrare le basi degli algoritmi delle probabilità, fondendo le teorie di Pascal alla più remota storia dell’azzardo (come stile di vita insito nel Dna di tutte le ere e tutti i popoli), passando per le grandi evocazioni cinematografiche sul gioco, tutto il tradizionale 'know how congressuale' diventa desueto, perché il tuo 'pubblico' è già disincantato e vaccinato, e soprattutto non vuole sentire lezioni, ma vuole che sia la propria voce ad essere ascoltata.
Si spieghi meglio..
“Significa che non devi più spiegare la differenza tra gioco legale e illegale (nella forma e negli effetti), non devi più spiegare la 'necessità' del gioco nell’ambito di una società 'liquida', ma devi spiegare come risolvi i problemi. Non te la cavi più scaricando il barile sulla 'inefficienza della Politica', perché si dà per scontato che se rappresenti una categoria sei già un operatore della politica, e quindi sei giudicato sulla base delle soluzioni che proponi e sul livello di approfondimento che le supportano”.
Detta così sembra un contesto politico. Non trova ?
“Certamente: mi sono trovato in una dimensione ad elevato tasso politico 'di fatto': un consesso civico in cui ad un approccio didattico - scientifico, allestito da tre Licei che 'funzionano', si sono abbinate precise istanze di tutela educativa patrocinate da organizzazioni di genitori strutturate sul territorio, e precise riflessioni professionali di esperti e operatori a dir poco preparati”e per nulla ideologizzati. Questa è politica del territorio”.
Immagino, tuttavia, che non saranno mancate le difficoltà?
“La difficoltà è sempre meglio dell’ostilità, e vi garantisco che questa è stata la prima volta in cui non ho sentito il ritornello 'lotta all’azzardo', come 'obiettivo' degli organizzatori, e dove torno dagli incontri con nuove idee e nuove conoscenze”.
Per esempio?
“Ho tratto due insegnamenti: la società civile non riconosce più nell’Erario 'l’entità unica' legittimata a decidere sul gioco. Il territorio (quello serio) pretende che le istanze educative e di prevenzione entrino nelle valutazioni di merito, rifiutandosi di accettare un gioco catapultato dalle ragionerie di Stato senza che si siano allestite le preventive reti di protezione sociale, fatte di programmi di informazione-formazione-prevenzione scolastica e genitoriale (per i giovani) e di servizi per le Istituzioni di prossimità”.
Ne emerge un auspicio per nuova stagione politica per il gioco lecito ?
“Sicuramente è tempo che la governance del gioco lecito vada sui 'territori', affiancando e promuovendo progetti analoghi a quelli allestiti dai Licei Bolognesi, presentandosi come Istituzione che cammina con genitori-insegnanti-psicologi-operatori di settore. Oggi ci riempiamo la bocca della parola sistema, ma in realtà l’industria del gioco lecito è a compartimenti talmente stagni che a volte si stenta addirittura a riconoscersi come componenti di un unitario consesso”.
I territori chiedono da tempo un canale di interlocuzione sul gioco, si potrebbe usare la sede della conferenza indicata dalla legge di stabilità ?
“Sono piani differenti: la Politica deve sempre ascoltare quelle istanze del territorio 'ideologicamente neutre', perché altrimenti si troverà sopraffatta da quelle 'strumentalizzate dalla ideologia' (e questo vale per il gioco come per altri 100 settori). La conferenza che è stata attivata dalla legge di stabilità si muove su profili 'tecnici' che presuppongono una evoluzione di settore che ancora non c’è, e che quindi potrà sortire solo traguardi provvisori, se non affiancati da un sistema che si confronti costantemente con il territorio”.
L’evoluzione del settore però è in atto ed è innegabile.
“L’evoluzione che serve al settore è quella di comprendere che un gioco a dispetto dei territori non ha più nessuna possibilità di esistere, mentre un gioco che cammini affianco ai territori potrà traguardare obiettivi anche industriali molto significativi. Ciò che ho imparato dall’esperienza che ho descritto è che per quanto ci affanniamo a proteggere i nostri interessi consolidati, saranno sempre le nuove generazioni a dirci se abbiamo lavorato nel rispetto della società, o contro di essa: come diceva Vasile Ghica, la più grande tragedia avverrà quando i giovani non vorranno più cambiare il mondo; a Bologna mi sono accorto che questa voglia c’è ancora”.  

 

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