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Franzoso (As.Tro): 'Sul gioco non servono supereroi, ma lavori seri'

14 febbraio 2018 - 11:36

Il legale di As.Tro, Michele Franzoso, interviene sui temi di riordino del gioco alla luce delle dichiarazioni anti-gioco andate in onda sul programma tv Che tempo che fa.

Scritto da Vincenzo Giacometti
Franzoso (As.Tro): 'Sul gioco non servono supereroi, ma lavori seri'

 

All'indomani della boutade televisiva “anti-gioco” messa in scena dal programma Rai “Che tempo che fa”, in un insolito botta e risposta tra l'esponente 5 Stelle Alessandro Dibattista e il conduttore Fabio Fazio, l'associazione As.Tro interviene a tutela delle filiera, con il responsabile del Centro Studi, Michele Franzoso. Rimarcando, con l'occasione, come lo stesso Fazio sia stato anche un illustre testimonial di una lotteria e ora “per manifestare la sua avversione ai giochi nati successivamente alla sua esperienza, arriva a 'scomunicare' tutto il gioco legale dello Stato, definendolo fenomeno 'nato da qualche annetto' e quindi pontificando che 'se se ne faceva a meno prima stando bene tutti quanti, perché non tornare a quando non c’era ?”.

Anche se, secondo il legale, “la vera e autentica contraddizione in termini l’aveva, infatti, realizzata l’intervistato dal conduttore, ovvero un esponente del partito che, più di ogni altro, ha le idee chiare sul gioco lecito 'noi aboliremo il gioco lecito, ma prima pagheremo il reddito di cittadinanza innalzando le tasse sul gioco lecito'”.

“Come tranquillizzare gli Italiani dopo una scena così poco rispettosa dei delicati temi trattati durante la trasmissione televisiva?”, si chiede Franzoso. “Ricordiamo che gli apparecchi da gioco lecito sono sorti nel 2003 per soppiantare quelli illegali che prima operavano ovunque senza controllo – tassazione -  trasparenza di installazione, incasso e disciplina tecnica. Dal 2003 ad oggi “solo quegli apparecchi leciti” hanno generato (in qualcosa di più di qualche anno, 15 per l’esattezza) oltre 50 miliardi di prelievo erariale e oltre quarantacinquemila posti di lavoro a tempo indeterminato di “cittadini italiani” che non ambiscono ad altro se non terminare il loro percorso contributivo, continuando a difendere il gioco controllato dalla Legge (e quindi antagonista degli apparecchi “anarchici” preesistenti al 2003).
Gli italiani sanno perfettamente che il gioco è una domanda che essi stessi generano e che possono soddisfare in due modi: accedendo ad un servizio offerto dalla criminalità (tacendo quando si perde e ci si ammala da gioco patologico, per paura di essere poi perseguiti dai delinquenti) oppure accedendo ad un servizio controllato dallo Stato che, quindi, ne risponde all’utenza sia in termini di controllo che in termini di cure sanitarie e di informazione preventiva. Lo Stato ha mal lavorato sul gioco? Più che probabile. Tuttavia, lavorare meglio (e magari di più) è una sfida di coraggio e di competenza che un giorno si potrà anche vincere, mentre proporci di credere ai supereroi che ci pagheranno il reddito di cittadinanza con le tasse sul prodotto che vogliono abolire risulta offensivo nei confronti di chi ogni giorno lavora e fa il proprio dovere”.

 

 

 

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