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Istituto competitività: 'Proibizionismo gioco, a picco raccolta e entrate'

20 febbraio 2019 - 08:56

L'Istituto per la competitività pubblica studio sugli effetti del proibizionismo nel gioco, raccolta ed entrate per l'erario a picco dopo aumenti del Preu e ban su pubblicità.

Scritto da Redazione
Istituto competitività: 'Proibizionismo gioco, a picco raccolta e entrate'

Riduzione della raccolta rispetto al dato dell’ultimo anno disponibile pari ad un valore compreso fra i 14,4 e i 21,6 miliardi di euro, e riduzione delle entrate per l’erario compresa tra 1,5 e 2,3 miliardi di euro. A cui si potrebbe aggiungere l'effetto del divieto di pubblicità con uno spostamento del valore speso dal mercato legale a quello illegale.

È questo lo scenario che emerge dallo studio “Nuovo proibizionismo, quale impatto” condotto dall'Istituto per la competitività - I-com con l’obiettivo di analizzare gli effetti delle misure di tipo proibizionistico su alcune tipologie di beni (tabacco, alcool e giochi) prima dal punto di vista della teoria economica, e poi dell’evidenza empirica disponibile in letteratura, per valutare sino a che punto misure restrittive dell’offerta possano avere gli effetti sperati contemporaneamente in termini di riduzione dei consumi e di mantenimento delle entrate fiscali.

 

L'esame della letteratura disponibile, si legge nello studio, evidenzia “la difficoltà, se non l’inefficacia, di misure proibizionistiche del gioco d’azzardo sul territorio nazionale, in presenza della possibilità di gioco online, e come anche quest’ultimo sia complicato da bandire”. Inoltre, “i mercati illegali non beneficiano solo di un effetto spostamento a partire dai mercati legali, su cui insistono le misure di divieto, ma che in qualche modo entrano in concorrenza con le filiere legali della produzione, distribuzione e vendita. Il consumatore, infatti, si trova ad operare una scelta di consumo tra mercati illegali e mercati legali, questi ultimi vittima, tuttavia, di un aumento dei prezzi di cui i primi non risentono. L’aumento della concorrenza sleale dei mercati illegali funge da calmiere sui prezzi del mercato legale creando una spinta al ribasso dei prezzi”.
 
Ci sono ampie possibilità che i flussi delle giocate si rivolgano “a mercati diversi da quello legale a causa dell’esistenza del cosiddetto 'mercato grigio', fruibile molto più facilmente del mercato illegale e prevalentemente tramite la rete. Questo rende maggiore l’effetto di sostituzione a cui possono essere soggetti i giochi sul mercato legale per due motivi: una maggiore offerta, che spesso gli utenti non sono in grado di riconoscere con certezza come illegale, non essendo di fatto a conoscenza della normativa e vista la facilità di incorrere in tali siti navigando in rete; un aumento relativo della concorrenza a cui sono soggetti i giochi sul mercato legale. Nel breve periodo i prezzi inferiori e i maggiori payout garantiti dal mercato illegale o grigio rendono relativamente più alti i prezzi sul mercato legale, provocando lo spostamento della domanda dal secondo al primo canale. Nel lungo periodo il differenziale tra prezzi e payout rischia poi di avere un effetto depressivo sui prezzi del mercato legale che, con lo scopo di impedire una riduzione della domanda, è obbligato ad agire al ribasso sui prezzi, generando però un ulteriore effetto negativo sulle entrate fiscali”.
 
GLI EFFETTI DEL DIVIETO DI PUBBLICITÀ - Si è ipotizzato che le misure relative al divieto di pubblicità per il settore dei giochi vadano a generare “un aumento dei prezzi relativi sul mercato legale e ad aumentare il differenziale di payout tra mercato legale ed illegale o grigio dei giochi.
La minore informazione disponibile può essere infatti assimilata, in termini di effetti, a un aumento del prezzo della giocata dovuto a misure di tipo proibizionistico quali, ad esempio, una crescita della tassazione.
In generale, infatti, le misure di tipo proibizionistico quali un aumento dell’imposizione fiscale o misure di divieto di consumo agiscono portando un aumento dei prezzi sul mercato con l’obiettivo di scoraggiare il consumo del bene. Lo stesso aumento relativo dei prezzi e gli effetti che andremo a descrivere di seguito potrebbero dunque derivare anche da un inasprimento fiscale che agisca tramite diversi tipi di imposta aumentando il prezzo unitario del gioco e cioè la differenza tra la somma unitaria giocata e il valore atteso della relativa vincita.
Per quanto riguarda la pubblicità il divieto potrebbe andare a generare una forte asimmetria informativa, portando i consumatori a percepire una riduzione delle aspettative di vincita legate ai giochi sul mercato legale (ossia un maggiore prezzo inteso come differenza tra raccolta e premi distribuiti), spingendoli, data la maggiore elasticità della domanda sul mercato, a cercare alternative più convenienti. Questo significa che la riduzione del consumo dei giochi legata alle misure di limitazione dell’informazione potrebbe essere sovrastimata, nascondendo in realtà uno spostamento verso il mercato illegale.
Proprio nei mercati dove l’elasticità della domanda alle variazioni di prezzo è mediamente più elevata, come riscontrato nella letteratura empirica relativamente al mercato dei giochi, l’effetto delle misure proibizionistiche è maggiormente controverso. Infatti, se da un lato queste ultime possono avere con maggiore probabilità l’effetto sperato in termini di riduzione dei consumi, dall’altro i consumatori, non indifferenti rispetto alle variazioni del prezzo sul mercato, sono maggiormente inclini a cercare delle alternative di consumo a prezzi inferiori e maggiori probabilità di vincita, spostandosi sul mercato illegale. In mercati dove invece l’elasticità al prezzo è inferiore all’unità, come nel caso degli alcolici e delle sigarette, l’indifferenza dei consumatori rispetto alle variazioni di prezzo li rende, viceversa, meno inclini a cercare soluzioni di consumo alternative: essi semplicemente non modificano in maniera significativa le loro abitudini di consumo.
Dunque, nel caso dei giochi, l’effetto delle misure destinate a scoraggiare il consumo, quali massimali di spesa, inasprimento dell’imposizione fiscale, divieti di consumo in determinati luoghi etc., tutte assimilabili ad aumenti di prezzo relativo sul mercato legale, può portare a sovrastimare l’effetto sperato di riduzione del consumo.
È verosimile che parte della riduzione di consumo stimata (e sperata) si trasferisca in realtà ad un mercato grigio od illegale che, nel caso dei giochi, è facilmente fruibile soprattutto via web. L’ipotesi è dunque che la raccolta e il relativo gettito si riducano a causa dell’aumento dei prezzi sul mercato legale legato sia alla riduzione delle aspettative di vincita che alla maggiore concorrenza sul mercato illegale o grigio provocata dalla minore informazione disponibile, tuttavia, parte di questa riduzione sarebbe fittizia, a nascondere uno spostamento di quote di gioco verso un mercato parallelo e più conveniente in termini di prezzi relativi e di payout.
Con l’obiettivo di stimare questo potenziale spostamento sul mercato illegale, si parte dunque dalla stima della riduzione della raccolta e del gettito che si avrebbe a causa di un aumento dei prezzi sul mercato dei giochi. La variazione della raccolta al variare del prezzo della giocata dipende dai valori dell’elasticità della domanda dei giochi al prezzo. Partendo dal valore della raccolta nel 2016 (pari a 96.142 milioni di euro) i due scenari proposti risulterebbero in una riduzione della raccolta rispetto al dato dell’ultimo anno disponibile, rispettivamente pari ad un valore di 14,4 miliardi di € nel caso dello scenario low e 21,6 miliardi di euro) nel caso dello scenario high. Si assume, a seguire, che in un’ipotesi conservativa l’incidenza del gettito fiscale sul totale della raccolta resti pari a quanto rilevato nel 2016, e cioè ad una percentuale del 10,9 percento. Fatta questa ipotesi, la riduzione dell’erario ascrivibile alla riduzione della raccolta stimata per lo scenario low sarebbe pari a 1,5 miliardi di euro, mentre la riduzione ascrivibile alla variazione della raccolta nello scenario high risulterebbe pari a circa 2,3 miliardi di euro”.
 

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