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Comma 7, Tredese (Elmac): ‘Caos omologhe, così non vendiamo più’

26 maggio 2022 - 10:55

Dopo due anni di vendite annullate dal Covid per i Comma 7 ora c'è il problema delle omologazioni chieste da Adm, ma quasi impossibili da ottenere.

Scritto da Daniele Duso
Comma 7, Tredese (Elmac): ‘Caos omologhe, così non vendiamo più’

Con queste regole si omologano i Comma 6, non i Comma 7”. A parlare è Tiziano Tredese, titolare della Elmac, uno dei principali distributori di prodotti arcade, redemption e comma 7 per le sale giochi, che dopo due anni di vendite annullate a causa della pandemia ora si trova a fare i conti con una richiesta di documentazioni necessarie per l'omologazione che, spiega, "è quasi impossibile da recuperare".

L’Agenzia delle dogane e dei monopoli ci mette in grossa difficoltà”, tuona Tiziano Tredese. “Tra 2020 e 2021 non ho venduto nulla a causa del Covid, ora sono bloccato dall’impossibilità di omologare nuove macchine a causa delle richieste del decreto del 18 maggio 2021. In particolare c’è tutta una serie di richieste tecniche per le quali servirebbero informazioni che un distributore italiano non è in grado di reperire. Ma vaglielo a spiegare”.

Ci hanno provato, Tredese e alcuni colleghi, lo scorso anno, rivolgendosi anche all’Europa. Un percorso che purtroppo non portò a nulla. “Ho trovato poco supporto anche da parte del settore. Nelle associazioni governano persone che non hanno, e non vedono, il nostro problema. Non so come fanno gli altri ma noi, se continua così, saremo costretti a chiudere”.

Tiziano Tredese lavora con gli apparecchi di puro intrattenimento da quasi quarant’anni, avendo iniziato nel 1982. Ora l’azienda ha 20 dipendenti ma, spiega, “a parte qualche macchina che avevo in magazzino e sono riuscito a piazzare quest’anno, non stiamo vendendo nulla da tre anni”. 

“Negli ultimi 20 anni ho scritto personalmente la scheda tecnica di 419 modelli diversi di giochi che sono passati per la mia azienda”, continua il titolare della Elmac, “ora però Adm mi obbliga a cercare dei dati che non ho e che probabilmente non ha più nessuno. Come faccio, per il pregresso, a trovare i soldi e il tempo per fare 100 omologhe di giochi di cui dovrei andare in cerca i dati contattando venditori e produttori all’estero? Gente che nemmeno si immagina che in Italia chiedono tutte queste cose per lavorare”.

“Per l’ultima gru pesca peluches”, continua, “dovrei contattare il mio amico inglese, che peraltro mi ha fatto un favore per fami portare la macchina in fiera a Rimini, chiedergli il manuale, tradurlo, fargli controfirmare la traduzione, chiedergli la firma digitale del prodotto che, a sua volta, lui dovrebbe chiedere al distributore cinese (sempre che sia lui anche il produttore, altrimenti la catena si allunga)... Tutto questo perché io, per l’omologazione, devo compilare una scheda esplicativa, un riassunto della scheda esplicativa, una descrizione tecnica e documento finale che riassume i tre precedenti”. 

“A giugno 2021, dopo che è uscito questo decreto, avevo pochissima roba in magazzino. Ho autocertificato le pochissime macchine che avevo e appena è stato possibile le ho vendute. Ma ora se volessi importare nuove macchine di fatto non potrei farlo. Se voglio vendere un calcetto che non ho in casa, devo attendere l’omologa. Ma omologarla in queste condizioni è impossibile, richiede una ricerca di dati, il lavoro di più persone per almeno una settimana o più, e poi c’è da attendere la risposta di Adm. L’ultima la stiamo ancora aspettando, e sono già passare tre settimane. Questo significa che prima dell’estate io ormai non venderò più nulla, nonostante i miei principali clienti siano gli stabilimenti balneari”. 

“Finora questo problema non l’ha capito nessuno”, continua il suo sfogo Tredese, “anche altri rappresentanti del settore non vedono, non comprendono. A me un’omologa qualsiasi costa minimo 5mila euro. 5mila euro cadauna tra costo dei lavoratori e costo dell’ente certificatore. E pensare che in Spagna, peraltro l’unico paese dove chiedono qualcosa per l’installazione di questa tipologia di giochi, chiedono una autocertificazione fatta in casa di 3-4 paginette, una fotografia, la descrizione e il funzionamento del prodotto, lo schema a blocchi della macchina, la certificazione europea, e basta”.

Viene da chiedersi perché in Italia non si riesca a far funzionare le cose in modo diverso, più snello, e anche su questo Tredese una risposta ce l’ha: “Il decreto doveva essere riformato a marzo 2013, nel 2012 era stata fatta la legge per le ticket redemption, ma non se ne fece nulla. Dopo un tentativo, fallito, nel 2016, ora si sono svegliati e, dopo 9 anni, qualcuno ha ricevuto dal direttore generale Minenna l’incarico di occuparsi del settore. Purtroppo temo se ne stia occupando gente che non ha idea della differenza tra un rullo e una ruota, così a gennaio 2021 è uscito questo decreto. Per far presto hanno preso l’art.7  comma 4 del Tulps, peggiorandolo con l’aggiunta di tutte queste richieste tecniche”.

A monte, spiega ancora Tredese, c’è dell’altro. “il monopolio aveva dato l’omologa a una serie di videogame falsi che avevano dentro la scheda di una slot e continuavano ad agire come delle slot. Erano, in realtà, slot camuffate dopo che i vari distanziometri, a partire da quello del Piemonte, avevano espulso le slot da bar e sale giochi. L’abbiamo segnalato anche noi, ad Adm, che non si trattava di semplici videogiochi. Quanto i monopoli si sono accorti di aver dato il benestare a delle slot camuffate invece di ammettere l’errore e andare a ritirare i nulla osta distribuiti, si sono scatenati contro il settore. Insomma, per ringraziarci di questa informazione ci hanno messo sul lastrico”.

Nei prossimi giorni sono previsti incontri con Adm, probabilmente si parlerà anche di queste problematiche, ma soluzione, che potrebbe essere una sospensione delle richieste di omologazione da parte di Adm in attesa di far chiarezza, come sostiene Tredese, potrebbe arrivare quando è ormai troppo tardi.

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