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No slot e ludopatia: un walzer di numeri che non aiuta il confronto

18 novembre 2013 - 10:56

Siamo alle solite. Come ogni anno, con l'avvio dei lavori parlamentari per la definizione del testo di Legge di stabilità – quella che un tempo veniva indicata con il termine 'finanziaria' – oltre a tornare in gran voga il tema dell'aumento delle tasse sul gioco, si torna  a parlare di ludopatia, o di gioco patologico che dir si voglia. Con allegata richiesta di fondi per finanziare la cura e il trattamento sanitario per tali pazienti. Specie dopo che il precedente governo, guidato dall'ex premier Mario Monti, ha introdotto le patologie legate al gioco nei livelli essenziali di assistenza, ma senza finanziarne il trattamento.

Scritto da Alessio Crisantemi
No slot e ludopatia: un walzer di numeri che non aiuta il confronto


Ora, che la richiesta di fondi sia legittima, non vi è alcun dubbio. Sacrosanta, diremo pure. Quel che 'stona', al contrario, è che ancora oggi non riusciamo a conoscere la vera entità di questa patologia e della sua diffusione sul territorio nazionale, con un rinnovato walzer di cifre che rende snervante la trattazione della materia. E anche chi, come il sottoscritto, si occupa quotidianamente di giochi, si ritrova in mezzo alla confusione più totale, che di certo non giova al confronto sulla materia né alla sua risoluzione. L'ultimo esempio è di questi giorni, con il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, che ha spiegato come le stime in possesso del governo sono di 700mila giocatori problematici, cioè persone che non hanno ancora svliuppato la patolologia conclamata, e 300mila soggetti patologici, rifacendosi alle stime del 2012 del dipartimento politiche antidroga del Consiglio dei Ministri. Mentre nello stesso giorno è proprio il responsabile del dipartimento, Giovanni Serpelloni, a fornire nuove stime, che vedrebbero tra i circa 23 milioni di giocatori, una quota dell'1,27 percento di soggetti a rischio, con una potenziale quota di patologia che oscillerebbe tra i 300mila e l'1,3 milioni di ludopati. Una stima piuttosto vaga della situazione, al punto che lo stesso Serpelloni ha dovuto ammettere  che “Al momento non esistono studi italiani esaustivi, avremo dati più precisi tra qualche mese”. Come del resto lo stesso esperto aveva dichiarato pubblicamente nella sua pubblicazione 'Game Over', nella quale, provando a studiare il fenomeno patologico e non riuscendo ad ottenere dati certi, aveva evidenziato le problematiche che impedivano una trattazione completa della materia, sottolineando le criticità. Ma il dato ancor meno 'digeribile' è quello dei presunti costi per lo Stato legati al gioco patologico, con cifre circolate nei mesi scorsi che parlavano addirittura di qualcosa come oltre 6 miliardi di euro, quando la “cura” dei soggetti sieropositivi, il cui numero è di qualche ordine di grandezza superiore a quello dei presunti 'ludopati', è stata di circa un miliardo.
Andando oltre ai singoli numeri partoriti negli ultimi mesi da più parti – la cui enumerazione completa rischierebbe soltanto di svilire la trattazione della materia -  quello che è evidente è che ancora oggi lo Stato italiano non sia in grado di affrontare la discussione della ludopatia prima ancora di trovarne una modalità per la cura. Col risultato che di città in città, e di Regione in regione, si intraprendono percorsi normativi al limite del proibizionismo, in nome del contrasto alla ludopatia, e in virtù di stime molto spesso assai discutibili. Per un dibattito, quello sul gioco in generale, che rischia davvero di scendere nel ridicolo. Uno esempio concreto, lo ha fornito l'associazione Assotrattenimento, evidenziando come la spesa pro capite al gioco degli italiani (314 euro annui, in media), dati alla mano (e questi sì, facilmente stimabili), risulti addirittura inferiore a quella che le nostre famiglie butta nella spazzatura come cibo acquistato e non utilizzato (in media, 360 euro annui circa). Uno spunto curioso, per far intendere quanto si sia distaccata dalla realtà la percezione del gioco nell'opinione pubblica, anche a causa di prese di posizione estremiste che vedrebbero nella scomparsa del gioco e, in particolare, delle slot machine nei bar, la soluzione a tutti i mali del paese.
In questo modo, è bene ribadirlo, non si andrà mai da nessuna parte. E la soluzione al 'problema' gioco non si avrà né con l'abolizione totale come richiesto dal fronte 'no slot', né tantomeno con le restrizioni, spesso estemporanee, imposte sui singoli territori. Quello che serve, al contrario, è una soluzione 'di sistema' con lo Stato, in primo luogo, chiamato a fare la propria parte iniziando, prima di tutto, con lo studiare una volta per tutte la ludopatia, magari attraverso uno studio epidemiologico serio per capire a fondo il fenomeno e affrontarlo di conseguenza. E, nel frattempo, spiegare agli Enti locali quello che si sta facendo, promettendo un intervento concreto - ma di livello nazionale, come peraltro previsto dall'ordinamento – una volta capito come stanno davvero le cose. Perché il rischio sempre più concreto, proseguendo di questo passo, è quello di far 'saltare' l'intero comparto. E se ciò accadrà (come del resto succederebbe rinunciando al gioco lecito introducendo un divieto, come alcuni chiedono), l'unico risultato sarà il ritorno all'illegalità e agli 800mila videopoker (illegali, per definizione) sulla Penisola. E alle bische clandestine, ai picchetti, e così via. A tutto quello, cioè, che il Paese aveva superato non per puro caso, ma grazie alla regolamentazione del gioco lecito. Che avrà pure i suoi limiti e che richiede sì interventi, ma che ha portato anche a notevoli benefici. E sarebbe il caso di ricordarsi anche di questi.

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