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Se il pericolo diventa l'intrattenimento

16 dicembre 2013 - 13:39

Questa volta è troppo. Prendetelo come uno sfogo, o un esercizio di onestà. Ma non è possibile avallare, o anche soltanto giustificare, l'accusa rivolta alle cosiddette 'ticket redemption', che sarebbero ritenute (e da più parti, questo è il dramma) come una sorta di strumento allo scopo di educare i nostri bambini all'azzardo. Personalmente – e chi ci legge abitualmente avrà avuto modo di osservarlo da sé – preferisco guardare oltre alle prese di posizione ideologiche o agli eventuali (e piuttosto ripetuti, devo dire) errori formali a cui assistiamo, quotidianamente, quando si affronta la materia gioco a diversi livelli e da vari pulpiti. Concentrandomi, piuttosto, sulla ratio celata o manifesta che vi è dietro ogni discussione sul tema. Anche quando si tratta di dati incerti (o assurdi), di regolamentazioni improbabili o di proposte insolite (e insostenibili, pure), preoccupandomi, più che altro, del principio che si vuole ribadire attraverso quella specifica iniziativa politica o esternazione mediatica. Che il delle volte è racchiuso nel benessere del cittadino, la tutela della comunità o dei soggetti più deboli. Questa volta però, di fronte all'accusa rivolta alle 'redemption', non riesco a trovare giustificazione che tenga.

Scritto da Alessio Crisantemi
Se il pericolo diventa l'intrattenimento

Nonostante, è evidente, si percepisca lo scopo di voler tutelare le nuove generazioni. Ma è proprio questo il punto che non posso fare a meno di far notare: siamo davvero sicuri che il modo migliore di tutelare i nostri figli dal 'demone dell'azzardo' sia quello di far sparire (perché, criminalizzandole, è questo che si vuole ottenere) le ticket redemption dalle sale giochi? Se qualche educatore dovesse convincermi che è questa la cura migliore per i nostri figli, dovrei iniziare a farmene una ragione. Ma stento a crederci, perché sarebbe un po' come il nascondere ai nostri figli l'esistenza delle sigarette, con la convinzione che in questo modo saranno immuni dal tabagismo o, comunque, che non inizieranno a fumare.
Un approccio assai insolito per chi vuole parlare di prevenzione, che sembra andare peraltro in conflitto con la tesi ormai diffusa anche tra i movimenti 'contro' il gioco, che dicono di aver abbandonato la logica proibizionista predicando, al contrario, un consumo corretto e un'adeguata prevenzione. Ma se vogliamo parlare di gioco 'sano' - e sono qui costretto a ripetermi - quale modo migliore se non quello di promuovere una esperienza di gioco completa come quella rappresentata dalle ticket redemption? Tutti sanno – o, meglio, sarebbe opportuno saperlo prima di parlarne – che si tratta di offerte di gioco che si trovano, ad oggi, soltanto nei bowling o nei cosiddetti Fec (Family entertainmet center), cioè negli ambienti destinati alle famiglie. Dove i bambini possono vivere la loro esperienza di gioco insieme ai genitori. E allora, quale migliore occasione per iniziare a far comprendere ai nostri figli che il gioco è, e dovrà sempre essere, uno strumento di svago, un momento di intrattenimento. Che lo scopo della vita non può e non deve essere quello di passare le ore davanti a una slot o una vlt, al tavolo di un bingo o al casinò, in cerca del colpo di fortuna che porti alla “svolta”.
Facendo (ancora una volta) uno sforzo ulteriore, analizzando le varie teorie “azzardiste” riferite alle ticket redemption, capisco facilmente che quello che si vorrebbe evitare è la deriva sociale di una società sempre più orientata ad affidare il proprio futuro al caso, in assenza di una possibile organizzazione della propria esistenza o carriere. Ma oltre a ritenere che il gioco patologico rappresenti una conseguenza e non una causa di questa potenziale deriva (pur meritando comunque una grandissima attenzione da parte dei politici, oltre e anche prima di quella della scienza), sono certo che, in questo caso, si stia sbagliando l'obiettivo. Perché, al contrario dovremmo sostenere, semmai, una battaglia inversa: quella, cioè, di tornare a incentivare le sale giochi e i Fec, quali centri di aggregazione e di esperienze di gioco complete. Esaltando, appunto, l'intrattenimento invece dell'alea. Piuttosto di continuare a parlare di “azzardo” e delle tante minacce, vere e presunte, facendo finire tutto ciò che è gioco in un unico calderone. E puntandogli il dito contro. Tutto, però, ad eccezione di quei giochi che sono assai più diffusi di quelli governati dai Monopoli di stato, e il cui invito alla vincita facile e assai più elevato rispetto a quello di una slot, un bingo o un grattino. Mi riferisco ai giochi televisivi, ai pacchi, alle scosse, alle piazze virtuali, e ai tantissimi quiz con vincita milionaria a cui si assiste in tv. Basta accendere un televisore, in qualunque ora del giorno, per trovarsi circondati di milioni, di vincite, di premi. E non sarebbero, anche questi, degli inviti espliciti a tentare la sorte? E con quali precauzioni? Ma questi non fanno notizia, a differenze delle ticket redemption (!), oggi finite in prima pagina sui giornali, quando per trovarle, in realtà, occorre girare a lungo la Penisola visto che di centri di puro intrattenimento se ne trovano ormai davvero pochi. E di questo occorrerebbe parlare, invece di confondere le cause con gli effetti.

 

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