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L'informazione e il gioco su cui non si può più scherzare

09 giugno 2014 - 10:29

Nel continuo acutizzarsi del dibattito – a tratti reso davvero insopportabile – relativo all'opportunità di mantenere o meno un sistema di gioco legale nel nostro paese, si rischia spesso di (s)cadere nel tranello delle suggestioni, riportando dati e stime di scarsa efficacia e talvolta pure di dubbia attendibilità. Uno scenario al quale si stanno ormai abituando (si fa per dire) gli addetti ai lavori, alle prese quotidianamente con campagne denigratorie e accusatorie nei confronti della propria attività, come se lavorare nel mondo del gioco rappresentasse una sorta di peccato originale del Terzo Millennio. Eppure, qualche volta, arrivano anche pareri in contro tendenza che hanno l'effetto di riportare sul pianeta Terra il dibattito su questo tema. Chi ha buona memoria ricorderà l'audizione del funzionario dell'Ausl bolognese che, da esperto di patologie, denunciò il diffondersi di un 'panico morale' nei confronti della dipendenza da gioco – assai più contenuta rispetto a quanto si pensi – enfatizzato dai dibattiti politici e dagli articoli di giornali.

Scritto da Alessio Crisantemi
L'informazione e il gioco su cui non si può più scherzare

Oppure, più di recente, è stato il Cnr a ravvisare – contrariamente, anche qui, a quanto si sente dire negli ultimi mesi – una diminuzione della dipendenza da gioco e, in particolare, dell'appeal che il gioco d'azzardo avrebbe sulla società moderna, aggiungendo peraltro che il merito sarebbe legato al diffondersi delle campagna di informazione che si stanno realizzando ultimamente.

Dati anche questi, per carità. Basati su stime e rilevazioni condotte sulla cittadinanza. Quindi, per forza di cose, accettabili ed opinabili almeno quanto quelli che vorrebbero il dilagare della cosiddetta ludopatia nel nostro paese. Ma proprio questo è il punto. L'assenza di dati certi. La mancanza, cioè, di uno studio epidemiologico autentico, a stampo governativo, sul fenomeno gioco. Ovvero, quello che l'Istituto Superiore di Sanità realizzò nell'ormai lontano 2008 (riscontrando, tra l'altro, che all'epoca il fenomeno era del tutto esiguo e neppure degno di risalto) e poi non più. Di questo bisognerebbe prendere atto, da più parti, e sollecitare, prima di tutto, un'azione in questo senso. Per capire quali sono i veri connotati di questo fenomeno, quale il suo impatto e, partendo da questi aspetti, studiarne le conseguenze e definire gli interventi da attuare. Invece, sistematicamente, continuiamo a gridare allo scandalo e a sbandierare dati, stime e informazioni presunti, ipotetici, frammentari.
In questo scenario, un ruolo significativo – forse il più importante – lo assume la nostra categoria. Quella dei giornalisti, gli operatori dell'informazione, che forse più degli altri siamo responsabili della divulgazione di queste informazioni, com'è del resto inevitabile, andando a riportare le denunce provenienti da associazioni, gruppi parlamentari, ma anche, ormai, citando i programmi elettorali dei politici che ormai in gran parte dei casi hanno inserito la parola gioco nei propri annunci elettorali. Eppure qualcosa in più potremo farlo anche noi. Intanto, registrando l'interminabile altalena di malati di gioco che di settimana in settimana sembra oscillare in una forbice mai definita. O magari ravvisando proprio l'assenza di stime provenienti dal Ministero della Salute, magari sollecitandone pure l'azione. Ma invece ciò non avviene. O, almeno, accade solo raramente. E andando ad escludere alcune prese di posizione ideologiche (o strumentali) di alcune fazioni ben definite, nei casi più generali, la “colpa” non è da ascrivere al singolo autore che persegue chissà quale obiettivo, quanto, semmai, di una mancanza di coscienza generale sul tema del gioco pubblico, considerato, non a caso, ancora oggi 'gioco d'azzardo' (cioè nella sua accezione più generale ma intrinsecamente negativa poiché incline all'illecito), invece di essere descritto come il prodotto (che può piacere o meno) di un comparto economico e produttivo governato dallo Stato. Segno evidente che il settore, dal canto suo, non ha fatto abbastanza finora per diffondere il proprio verbo (alla faccia della presunta, potentissima, 'lobby del gioco', altro noto cliché) e rappresentare la propria realtà industriale. Certo, va detto, che l'impresa è assai più difficile quando lo stesso Stato, attraverso le sue principali diramazioni, da un lato incentiva l'ampliamento del mercato e dall'altro lo rinnega sistematicamente, invece di ribadire i principi sui quali ha fondato tale settore (il recupero del sommerso, il contrasto all'illegalità e la messa in sicurezza per i consumatori). Come pure è opportuno ricordare che starebbe tra i doveri del giornalista quello di verificare le fonti e le attendibilità delle informazioni prima di gridare l'allarme generali, specie se a scapito di una determinata categoria. E' evidente pertanto che le responsabilità sono riscontrabili in tutte le direzioni, in un deficit (di informazioni, se non di competenze) generalizzato che è opportuno quanto prima arginare.
In questo scenario è apprezzabile – e potremo dire prezioso – lo sforzo compiuto dall'Ordine dei giornalisti che nel ciclo di Formazione professionale continua introdotto nell'anno corrente per gli iscritti all'Albo professionale, ha pensato bene di realizzare uno specifico corso di formazione rivolto al tema del gioco pubblico. Un momento di approfondimento, tra giornalisti e per i giornalisti – sul tema del gioco pubblico (dal titolo: “Giornalismo, gioco pubblico, leggi, monopoli e ludopatie”) che farà il suo esordio a Terni, sabato 14 giugno, attraverso l'Ordine dell'Umbria, per poi ripetersi a fine settembre a Perugia, nel capoluogo umbro sede di una delle regioni che sta attuando una legge mirata a limitare la diffusione del gioco pubblico sul territorio. Un momento di riflessione e di studio, per i giornalisti, sulle peculiarità di un settore così complesso, ma altrettanto importante per via dei risvolti sociali ed economici del nostro paese, a cui sono stati chiamati a intervenire i rappresentanti della filiera del gioco, oltre a politici e istituzionali. Per un primo passo verso quell'auspicata inversione di tendenza non tanto (e non solo) nei contenuti, quanto piuttosto nell'approccio al gioco pubblico. Che potrà essere, prima poi, visto e considerato come un settore economico e produttivo: che sia pure scomodo, complesso, e per alcune pure immorale. Ma tant'è. E come tale dovremo iniziare a trattarlo.

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