skin

La deregulation nel settore più regolato del paese

01 settembre 2014 - 10:35

Tra i tanti paradossi che si ravvisano nel settore del gioco pubblico italiano, quello più assurdo e senza dubbio più attuale, è lo status di apparente deregulation in un comparto che, al contrario, risulta uno dei più rigidamente controllati del paese. E non si tratta di una mera opinione, ma di un'evidenza, emersa peraltro in numerosi dibattiti pubblici, dove tale paradosso era stato già esplorato, ma a quanto pare non scongiurato. Basti pensare alla disciplina applicata ai concessionari che gestiscono i vari prodotti di gioco (e, in particolare, per i tredici che operano nel settore degli apparecchi) nei confronti dei quali vigono dei requisiti, da mantenere per tutta la durata del rapporto di partnership con lo Stato, ben più rigidi e restrittivi rispetto a tutti quelli previsti nelle altre gare di concessioni pubbliche.

Scritto da Alessio Crisantemi
La deregulation nel settore più regolato del paese

Eppure, nonostante questo, si sente ancora gridare allo scandalo, da parte di una fitta schiera di detrattori del gioco pubblico, che denuncia una carenza/assenza di regole nei confronti di questo settore. Ma se fosse soltanto questo, ci sarebbe poco di cui preoccuparsi. Visto che, di tesi bizzarre, quando non addirittura infondate, se ne sentono varie rispetto a questa materia. Il problema vero, tuttavia, è che la teoria di una presunta (e teoricamente insostenibile) deregulation del settore, sembra trovare riscontro effettivo con la realtà, laddove continua a registrarsi un proliferare di leggi o regolamenti locali che impongono le più disparate restrizioni al mercato, limitando la libertà di impresa agli addetti ai lavori. Spesso anche in contrasto a quanto disposto dalle leggi statali. Come avviene in queste ore con il ricorso agli incentivi nei confronti di quei locali pubblici che decidono di non ospitare prodotti di gioco promessi da varie amministrazioni, sia pure in evidente contrasto ai principi costituzionali. Tutto questo, peggio ancora, nel più totale silenzio del governo (o dello Stato, più in generale, visto che tale atteggiamento non è da attribuire esclusivamente all'attuale esecutivo, essendo comune agli ultimi quattro governi che hanno guidato il paese nell'ultimo triennio), che si è sempre guardato bene dall'impugnare le varie leggi regionali che hanno proposto restrizioni sui territori – forse per evitare le speculazioni mediatiche e le immancabili strumentalizzazioni ogni volta che si tenta di “difendere” il comparto (anche se ciò significherebbe soltanto tutelare l'economia nazionale) – limitandosi alla mera difesa d'ufficio nei singoli tribunali, qualora un operatore decidesse di impugnare quella stessa legge al Tar. Ed è così che la guerra al gioco pubblico avviata da qualche singolo comune o primo cittadino è divenuta ben presto una lotta senza quartiere per un numero sempre crescente di Enti locali. Arrivando a conquistare le prime pagine di tutti i giornali.
Non che il gioco non abbia bisogno una revisione dell'attuale impianto normativo e regolamentare, sia chiaro. Come pure è evidente che, oggigiorno, esiste un problema di carattere sociale, con conseguenza spesso anche in ambito sanitario, di cui lo Stato deve necessariamente farsi carico. Il punto, tuttavia, è che ad affrontare queste problematiche è – e deve essere – lo Stato a livello centrale. Coinvolgendo, semmai (cosa del tutto auspicabile per la sostenibilità delle norme), gli enti territoriali e le parti sociali, ma prendendo decisioni e provvedimenti concreti e definitivi che valgano per l'intero territorio nazionale (e, possibilmente, anche in quelli a statuto speciale).
Per questo è assolutamente necessario arrivare quanto prima all'attuazione delle Legge delega che proprio su questi punti pone l'accento, affrontando la materia dei giochi, aprendo alla concertazione con tutte le parti in causa e promettendo un intervento non solo in grado di mettere a punto aspetti fiscali e contabili, ma anche, e sopratutto, quelli di carattere sociale e sanitario, puntando alla prevenzione e cura delle dipendenze. E, ancora, cosa tutt'altro che banale, eseguendo una riorganizzazione delle norme vigenti – magari attraverso un Testo Unico dedicato – con cui circoscrivere l'attuale giungla normativa che caratterizza il comparto in un codice più snello ed efficace, in grado di amministrare il settore per i prossimi anni. Superando in questo modo il paradosso relativo alla too much (de)regulation – eccessiva (de)regolamentazione – e consegnando ai cittadini e alle imprese un settore (e un paese) migliore. Almeno, fino a prova (o norma) contraria.

 

Articoli correlati