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Proposta indecente

24 novembre 2014 - 08:34

Per ora è soltanto un'indiscrezione, ma che fa riflettere, e molto, sulla situazione attuale del gioco pubblico. E sul rapporto (insano) che il settore continua a intrattenere, suo malgrado, con l'attuale governo. L'ipotesi della sanatoria sui centri di raccolta scommesse che operano senza regolare concessione - che questo quotidiano ha svelato essere tra gli obiettivi del Mef da inserire nella costituenda Legge di Stabilità - è un'autentica proposta indecente, molto chiara (e altrettanto concreta) dal punto di vista fiscale, ma del tutto incoerente da quello politico e istituzionale.

Scritto da Alessio Crisantemi
Proposta indecente

 

 

Che fa tirare un sospiro di sollievo a gran parte del comparto, scongiurando, probabilmente, l'aumento delle imposte sui giochi previsto dalla prima bozza della legge, ma destando, al tempo stesso, qualche perplessità per via della (apparente) semplicità con cui verrebbe accantonato un conflitto ormai annale combattuto dai concessionari italiani
(e dai Monopoli di Stato) in sede nazionale ed europea.

 

In effetti, quel maxi-condono ipotizzato nel Palazzo di Via XX Settembre nei confronti dei bookmaker esteri racchiude in sè una serie di significati e di riflessioni che vanno ben oltre al conto economico per lo Stato. Prima di tutto, se tale disposizione dovesse sostituire, come sembra, l'aumento del Preu sugli apparecchi da intrattenimento, ciò vorrebbe dire che i tecnici del governo hanno compreso - come del resto emerso chiaramente dagli atti parlamentari - che non ci sarebbero affatto i margini (e neppure i tempi) per una rivisitazione della tassazione, così come immaginata in prima battuta. Ma significherebbe pure che lo Stato ha preso (finalmente) reale coscienza del problema della rete parallela di scommesse - ormai stimata di dimensioni addirittura duplici rispetto a quella legale - prendendo però anche atto di non essere affatto in grado di contrastarla. E figurarsi, dunque, di sconfiggerla. Da qui l'idea di 'tollerarla', facendola emergere dallo stato di limbo semi-nero in cui si trova oggi, in vista dell'ormai prossimo bando di gara per le nuove concessioni previsto per il 2016. Monetizzando il più possibile da questo passaggio a dir poco epocale. E questo è l'unico principio che appare coerente con il percorso intrapreso dallo Stato negli ultimi decenni rispetto al gioco, basato proprio sull'emersione dei vari segmenti di mercato.

 

La nota stonata, tuttavia, è la modalità con cui tale rivoluzione viene somministrata al settore. In maniera cioè del tutto inattesa, e probabilmente estemporanea, per un approccio nuovamente emergenziale da parte del legislatore e ben lontano dalle ipotesi di concertazione con la filiera su cui la delega fiscale sembrava voler puntare (per un altro punto, in realtà, perfettamente coerente col passato). Un'altra occasione persa, dunque, per provare ad affrontare la materia del gioco pubblico con l'attenzione e la delicatezza che merita. E col rischio di ritrovarsi, peggio ancora, come in passato, con riforme incomplete e norme fallaci che non risolvono alcun problema, se non quello momentaneo del bilancio statale di fine anno.

 

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