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Il governo azzarda in cerca di equilibrio

20 aprile 2015 - 11:07

Il governo lo ha detto chiaramente. Nella riforma del gioco pubblico che intende attuare nei prossimi mesi dovranno convivere tre interessi di carattere generale: il contrasto all'evasione e all'illegalità, la tutela della salute pubblica e quella delle entrate erariali. Un equilibrio difficile da ricercare molto prima che mantenere - specialmente quando la coperta dello Stato diventa troppo corta per avvolgere tutte le esigenze del paese –, che si presenta come un'autentica sfida per l'esecutivo (e, forse, un vero azzardo), il quale, tuttavia, sembra intenzionato a portarla fino in fondo.

Scritto da Alessio Crisantemi
Il governo azzarda in cerca di equilibrio

Sia pure con i dovuti tempi e tutte le precauzioni del caso. Non stupisce, infatti, il rinvio della data di pubblicazione del decreto legislativo sui giochi collegato alla Delega, che non arriverà, a questo punto, prima delle elezioni regionali. Com'era facilmente prevedibile, tenendo conto delle misure in esso contenute che andranno a colpire direttamente gli enti locali e le loro competenze in fatto di gioco pubblico e regolamentazione. Ma al di là dei tempi, il sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, ha promesso una riforma completa e di ampio respiro, che sia in grado di garantire adeguate tutele a tutti i soggetti coinvolti. Industria compresa. Promettendo un futuro certo e sostenibile (con tanto di rivisitazione della tassazione secondo criteri più equi, come quello dell'imposta sul margine), in cambio di qualche sforzo in più richiesto agli addetti ai lavori: come quello del ricambio generale del parco di apparecchi da intrattenimento, che già si aggiunge all'esborso milionario imposto alla filiera dalla Legge di Stabilità. E proprio quest'ultimo rimane il punto dolente, rispetto al quale gli addetti ai lavori chiedono di intervenire. Nonostante l'estrema sintesi del sottosegretario in vista della scadenza del 30 aprile (il quale ha detto chiaramente di pagare la prima tranche di 200 milioni per poi discutere sul resto e sul futuro), la promessa di una trattativa non può bastare. Questo perché il problema è strutturale e non solo economico: oltre all'entità dell'importo da versare, il vero nodo è legato alla competenza di questo onere o, meglio, alla sua distribuzione. In assenza di chiarimenti sul 'chi' e 'come' pagare questi duecento milioni (e in questo senso non viene in soccorso neppure l'altra sintesi del Tar laziale, limitandosi a dire che tutti gli attori della filiera devono contribuire), nessuno vorrebbe affrontare salti nel buio che potrebbero costare assai più cari del dovuto, tenendo conto che la rinegoziazione tra due soggetti si può e si deve considerare compiuta anche per fatti concludenti (cioè dal momento che si versa una determinata cifra vuol dire che si è accettata la relativa offerta economica anche senza la sottoscrizione di un nuovo contratto).
Per questa ragione il settore rimane in subbuglio e a nulla (o quasi) sono valse le parole di Baretta e il suo invito alla responsabilità, chiedendo di evitare i ricorsi in Consiglio di Stato. Nonostante i concessionari abbiano desistito dall'interpellare i giudici di Palazzo Spada, alcuni gestori ed esercenti hanno optato per portare avanti la linea dura. Seppur limitandosi, in vari casi, a chiedere una interpretazione autentica sulle modalità di ridistribuzione della riduzione degli aggi invece di contestare in principio la norma, che sembra ormai più che consacrata. In effetti, va detto, nelle ultime settimane l'intera filiera si è detta disponibile a partecipare al 'sacrificio' richiesto al settore dalla Stabilità, purché ciò avvenga con criteri sostenibili e ben definiti, per evitare squilibri commerciali e situazioni di instabilità. Anche se i toni piuttosto accesi con cui l'avvocatura di Stato ha stigmatizzato la situazione davanti al Tar, non sembrano lasciar intravedere grosse possibilità di mediazione. Ma prima o poi si dovrà trovare un punto di incontro, se si vuole davvero raggiungere quell'equilibrio di cui parlava il sottosegretario Baretta. E arrivare a una vera stabilità.

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