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Il gioco degli incastri in una partita da 500 milioni

27 aprile 2015 - 10:30

Una corsa contro il tempo. E un count down che si va esaurendo senza conoscere ancora la soluzione in grado di disinnescare la “bomba a orologeria” posizionata all'interno della filiera del gioco pubblico dal governo, attraverso la Legge di Stabilità. Una cosa è certa: il governo ha messo a bilancio i 500 milioni di euro provenienti dal settore degli apparecchi da intrattenimento e non ha la minima intenzione di rinunciarvi. E se ha già concesso la dilazione dei pagamenti prevedendo una tranche iniziale di 200 milioni a fine aprile e una seconda a fine ottobre, esclude categoricamente l'ipotesi di veder sfumare l'obiettivo.

Scritto da Alessio Crisantemi
Il gioco degli incastri in una partita da 500 milioni

Specialmente rispetto alla prima quota, che i concessionari sono chiamati a versare questa settimana. Il messaggio, più volte espresso dal sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, è stato ribadito con forza in occasione dell'incontro di venerdì scorso tra i rappresentanti del Mef e i concessionari che gestiscono le reti degli apparecchi da gioco: respingendo a monte l'ipotesi di una qualunque proroga sul versamento della prima rata e invitando la filiera a trovare una soluzione. Non una proposta da condividere con il governo, ma un accordo interno tra categorie per fare in modo di far fronte all'esborso milionario. Proprio questo è il punto. Se il governo non intende cedere di un passo dalla propria posizione, preoccupato di far quadrare i conti di una manovra finanziaria che rappresenta un autentico azzardo di fronte agli occhi vigili di Bruxelles, gli operatori del gioco, dal canto loro, sono immobilizzati in una situazione di stallo generale, dove ogni mossa potrebbe rivelarsi letale. Per ognuno di loro. Con i concessionari schiacciati tra l'incudine e il martello di chi è chiamato a versare le cifre richieste dallo Stato senza averle incassate dai gestori (ad oggi solo una quota vicina al 50 percento della prima rata sarebbe entrata nelle casse delle tredici società che gestiscono le reti dei giochi), e i gestori di giochi - in gran parte dei casi – fermi in attesa di una proposta convincente (dallo Stato, se non dal concessionario di riferimento) sulla ridistribuzione di quei 500 milioni, con le dovute certezze di non vedere pregiudicato il futuro delle proprie aziende. E non si tratta neppure di una questione ideologica, ma di un'impasse dovuta a un duplice vuoto, politico e normativo. Occorre tenere conto, intanto, che la rinegoziazione tra operatori di filiera si deve considerare conclusa anche per semplici fatti concludenti: ciò significa che pure in assenza di un contratto specifico tra gestori e concessionari, versare semplicemente una cifra in base a un criterio di ripartizione degli incassi, significherebbe riconoscere in via definitiva quel criterio. Principio che impone prudenza da tutte le parti e in ogni categoria. Specie dopo che lo stesso governo ha già annunciato che l'unica certezza attorno alla legge delega di prossima emanazione sarà la riduzione del numero di slot machine sul territorio nazionale che renderebbe inevitabile anche la contrazione del numero di attori presenti sul mercato e non solo delle entrate per la filiera. Come poter biasimare, dunque, quegli operatori che, preoccupati del loro destino, non se la sentono di accettare la stipula di un contratto in bianco come quello proposto dall'Esecutivo? Non a caso le associazioni di categoria chiedono fin dal primo principio una soluzione governativa, o un provvedimento ministeriale, che stabilisse un criterio oggettivo e generale per la ripartizione di questo esborso, se proprio era dovuto. Ma il governo ha scelto di non scegliere, scaricando l'intera responsabilità (e la completa rinegoziazione) sulla filiera. Facendo slittare, peggio ancora, anche i termini di pubblicazione del decreto di riordino dei giochi previsto dalla legge delega, il quale avrebbe potuto rimettere a posti conti o, almeno, prometterne un riequilibrio, concedendo una nuova speranza al settore. Al punto che tra le tante anomalie e incertezzedel momento, c'è pure quella più strettamente operativa denunciata dagli addetti ai lavori, rispetto alla natura contabile di questo versamento imposto alla filiera, con le aziende che non sono ancora in grado di chiudere i propri bilanci di esercizio, di fronte a una “riduzione degli aggi” imposta dalla Legge, che non rappresenta una tassa ma per la quale è stato introdotto un codice di tributo. Per una situazione squisitamente italiana di cui il governo ha le principali responsabilità.
Intanto le lancette scorrono e il meccanismo detonatore rimane da disattivare. Dopo il fallimento della proposta elaborata da una parte della filiera (il lodo Acadi-Sapar, che prevedeva uno slittamento della prima rata rifacendosi sul prelievo erariale di slot e vlt) sul tavolo del governo rimane la soluzione elaborata da As.Tro, che sembra contenere un invito alla normalizzazione più che una proposta fiscale, invocando la necessità di “pianificare un sistema di adeguamento dei ricavi delle filiere di new slot e vlt” basato sull'andamento delle performance dei due segmenti che rispecchi le rispettive performance. Un criterio proporzionale e, quindi, sostenibile per definizione, secondo l'associazione dei gestori. Non a caso, la lettura analitica proposta dall'organismo ha trovato consenso tra gli operatori e potrebbe rappresentare l'unica soluzione auspicabile per la filiera dopo i rifiuti delle ultime ore.

In questo scenario, la settimana più critica nella storia del gioco pubblico italiano si apre con un vertice convocato nuovamente dal Ministero dell'Economia, che riunisce tutte le sigle dei gestori, alla ricerca, probabilmente, di arrivare un compromesso. Prima della nuova riunione con i concessionari e dello scoccare dell'ora X, prevista per giovedì 30 aprile.

 

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