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Più fiducia dalle imprese, ma non dal gioco pubblico

28 settembre 2015 - 11:15

I dati Istat parlano di maggiore fiducia da parte delle imprese italiane. Ma non certo da quelle del gioco pubblico.

Scritto da Alessio Crisantemi
Più fiducia dalle imprese, ma non dal gioco pubblico

E' di oggi la good news proveniente dall'Istat di una ritrovata fiducia da parte delle imprese italiane proveniente da tutti i settori che compongono l'economia nazionale: dal manifatturiero, all'edilizia, dai servizi di mercato al commercio al dettaglio. Un quadro decisamente roseo – e prontamente cavalcato dalla maggioranza Pd, che rilancia subito su Twitter il dato Istat con tanto di hashtag #italiariparte – anche se, ancora una volta, non tiene conto del comparto del gioco pubblico. Nonostante questo rappresenti – che ci piaccia o no – una delle prime cinque economie del paese. E una filiera composta da oltre 6000 imprese, tra aziende di produzione e punti vendita, e circa 140 mila addetti. Bisognerebbe chiederlo a loro cosa ne pensano sul futuro e sulla ripresa economica. O, meglio, cosa pensano delle politiche economiche messe in atto dal governo e sula fiducia che ripongono rispetto ai cambiamenti futuri.
Il gioco, ancora una volta, risulta immune dai “segnali di vitalità” dell'economia italiana rappresentati dall'Istat, e non potrebbe essere altrimenti. Con le aziende che lo rappresentano sempre più figlie di un Dio minore. Basti pensare alla situazione di totale incertezza (e autentico delirio) in cui si è finiti a causa di una manovra maldestra come la Legge di Stabilità per il 2015, che ha introdotto un balzello di 500 milioni di euro nei confronti della filiera degli apparecchi da intrattenimento senza specificare i criteri di ripartizione tra operatori, generando il caos. E portando allo sbando un comparto che, dopo tante vicissitudini, sembrava aver trovato una sorta di equilibrio interno. Che ora è venuto nuovamente a mancare, svanendo insieme a ogni possibile prospettiva per quelle imprese che, ormai, faticano anche solo a immaginare lo scenario dei prossimi mesi.
Dopo oltre un anno di lavori preparatori  portati avanti dall'esecutivo per la stesura di una riforma generale del comparto, chiamata a riscrivere per intero le regole di produzione, distribuzione e tassazione del mercato, alla vigilia della pausa estiva, il premier ha deciso di abbandonare completamente il piano di riordino, spiegando che i tempi non erano ancora maturi. Lasciando le aziende nel più totale scompiglio e senza alcuna prospettiva, dopo che l'annuncio della riforma aveva messo in stand by ogni produzione, in attesa dell'annunciato cambiamento. E ora è tutto da rifare. Di nuovo. In un clima di totale sconforto che ben si discosta dai segnali ottimistici diffusi dall'Istat, per il quale l'industria del gioco sembra proprio non esistere. E forse è proprio questa la notizia peggiore. Ma c'è di peggio. Per gli addetti ai lavori, oltre al danno arriva anche la beffa, dovendo leggere sui quotidiani che il governo starebbe per compiere l'ennesimo regalo alla presunta “lobby del gioco” evitando alcuni rincari negli aggi ai concessionari. Dimenticando completamente la situazione provocata dalla precedente Legge di Stabilità e ignorando, evidentemente, il fatto che il governo, con la prossima manovra, deve rimediare ai danni causati dalla precedente. In un pericolosissimo cul-de-sac che vede l'informazione attaccare il governo sui giochi, il quale risponde evitando manovre correttive sul settore per non dare adito a ulteriori polemiche, con il risultato che i problemi strutturali non vengono risolti, anzi peggiorano, rendendo così necessari ulteriori interventi. La tassa sui 500 milioni ne è la prova più evidente. Il governo, un anno fa, non ha voluto ascoltare le richieste del settore e ha scelto di ignorare le raccomandazioni provenienti dal regolatore del mercato che contenevano misure alternative per recuperare nuovi proventi dai giochi,  optando per una soluzione d'impulso che ha portato alla nuova imposizione sulle slot. Peccato però che non solo il governo non riuscirà a incassare quella cifra dalla filiera, pur avendola messa a bilancio per l'anno corrente, ma dovrà anche fare i conti – letteralmente – con una diminuzione delle entrate che scaturiscono dalla situazione di crisi in cui ha messo il settore, generando una contrazione dei fatturati. Oltre ad aver mancato clamorosamente anche gli altri obiettivi economici che si era prefissato nel settore, come quelli provenienti dal bando di gara per il Lotto o dalla sanatoria sui Centri di trasmissione dati. Eppure, nonostante questo, siamo ancora oggi di fronte alla solita situazione che vede il governo avviare la stesura dell'ennesima manovra economica mirata a colpire anche i giochi, con chi grida giù adesso allo scandalo per un presunto aiuto all'industria. Ma speriamo che questa volta la pessima esperienza dello scorso anno porti consiglio. E possibilmente, anche qualche soluzione concreta e, soprattutto, realmente attuabile.

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