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Imparare dagli errori per una riforma vera

23 novembre 2015 - 12:29

 I dubbi sollevati dal Tar sulla Legge di Stabilità per il 2015 e il magro risultato sui 500 milioni per il 2015, impongono riflessioni. Per una vera riforma che vada oltre gli annunci.

Scritto da Alessio Crisantemi
Imparare dagli errori per una riforma vera

Riformare, riorganizzare, razionalizzare. Tre infiniti che suonano quasi come imperativi, per il settore del gioco pubblico. O, meglio, per il governo, che è l'unico soggetto, a questo punto, chiamato ad esprimersi rispetto alla materia, dopo le sollecitazioni multiple che provengono non soltanto dal Parlamento (il quale, è bene ricordarlo, aveva già invitato l'Esecutivo a un intervento, predisponendo la Legge Delega, mai attuata) ma anche dagli Enti locali, dalle parti sociali e dalla stessa industria. Un impegno che la squadra guidata dal premier Matteo Renzi si era assunta fin dal principio di questa legislatura, non riuscendo tuttavia ad andare mai oltre l'annuncio di una riforma.

E una promessa che torna a rimbalzare sui media in questi giorni, come dimostra anche l'ultima intervista uscita sulla stampa al sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, che insiste sulla necessità di intervenire con una “armonizzazione” (altro termine assai in voga negli annunci governativi che riguardano i giochi) del gioco, pensando soprattutto alle esigenze dei territori. Parole sante, per carità, e lo scriviamo da tempo. Peccato però che ancora oggi, a distanza di mesi, siano rimaste ancora tali. Ma il tempo per invertire la rotta è quasi scaduto. Se il governo non prenderà in mano adesso le redini del gioco intavolando una riforma vera, concreta e definitiva del settore, da qui a poco non ci sarà più nulla da salvare. E chi sostiene che la scomparsa del gioco pubblico si dovrebbe considerare un traguardo, non tiene conto delle conseguenze nefaste di questo possibile scenario: perché l'assenza di un'offerta di gioco di Stato non significa smettere di giocare, ma al contrario,vuol dire soltanto interrompere i flussi sul circuito legale, rimettendo il settore (e, di conseguenza, il denaro oltre alla sicurezza dei cittadini) in mano alla criminalità.
La soluzione dovrà essere trovata in queste settimane, entro l'anno corrente, e la Legge di Stabilità per il 2016 sarà il vero banco di prova. Dalla stesura definitiva della manovra si potrà capire, una volta per tutte, quali saranno le reali intenzioni dell'Esecutivo. Sì, perché se il testo dovesse rimanere inalterato, come approdato in Parlamento, almeno nell'articolo che riguarda i giochi, vorrebbe dire la fine del settore. Specialmente per il segmento degli apparecchi da intrattenimento, il più colpiti – ancora una volta - a livello di tassazione, e in maniera decisamente al di sopra delle disponibilità della filiera. Ma oltre alle questioni fiscali, tra i nodi da sciogliere più importanti per il comparto (e per il Paese), c'è quello degli enti locali, con le varie Leggi regionali 'anti-gioco' entrate in vigore negli ultimi anni o in procinto di essere adottate che annunciano la scomparsa dei giochi dal territorio nel giro di un paio di anni. Una situazione che vanificherebbe anche le imminenti gare pubbliche per il rilascio delle nuove concessioni del betting e altri giochi.
Per questo è necessario intervenire: adesso, oggi, subito. Assumendosi le responsabilità rifuggite negli anni precedenti e recuperando agli errori commessi nel tempo. La pronuncia del Tar del Lazio sulla precedente manovra finanziaria e sulla cosiddetta 'tassa sui 500 milioni' impone una seria riflessione. Al di là del verdetto a cui giungerà la Consulta, e con i sui tempi, è evidente come il Legislatore, intervenendo con quell'imposizione aggiuntiva in maniera parziale, incompleta e niente affatto esaustiva (come si evince nei dubbi di “ragionevolezza” sollevati dal tribunale rispetto ai carenti criteri di ripartizione della tassa) abbia evitato di studiare il settore nelle sue dinamiche e di arrivare a una formulazione sostenibile del nuovo balzello, limitandosi a imporre una cifra da versare tout court. Le cui conseguenze sono ben note agli operatori fin dal primo momento, ed evidenti oggi anche in termini di bilancio, con un buco di quasi 200 milioni sul bilancio dello Stato che si aggiunge alle altre cifre mancate che erano state stimate sia per la “sanatoria” dei centri di scommesse regolari che per la gara del Lotto.
Il governo non può quindi più sottrarsi dalla riforma del gioco pubblico, che deve essere attuata. Una volta per tutte. A partire dalla Legge di Stabilità, che potrebbe introdurre l'avvento del tanto atteso 'Codice dei giochi', o di qualunque altro testo di Legge che sia in grado di mettere in sicurezza il sistema e dare certezze al paese.

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