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L'Italia e il paradosso del gaming: critiche in patria e modello all'estero

17 ottobre 2016 - 09:51

Mentre continuano le polemiche sulla regolamentazione (e promozione) del gioco pubblico nel nostro paese, il modello italiano continua a fare scuola all'estero.

Scritto da Alessio Crisantemi
L'Italia e il paradosso del gaming: critiche in patria e modello all'estero

Nessuno è profeta in patria, si sa. Guardando al caso del gioco pubblico, però, la situazione appare comunque decisamente paradossale. Al punto che oggi, mentre nel nostro paese si consuma una polemica in qualche modo storica rispetto all'esistenza del comparto, con più voci che ancora intonano cori di matrice proibizionista, all'esterno veniamo ancora considerati come un punto di riferimento proprio per la regolamentazione di questo particolarissimo settore, essendo riusciti a sviluppare uno dei mercati più ampi e competitivi del mondo, garantendo ingenti entrate nelle casse dello Stato e, al tempo stesso, un sistema di regole e di tutele per i consumatori. Riuscendo quindi a mantenere un equilibrio sostanziale tra i diversi interessi pubblici che ogni Stato è chiamato a salvaguardare.

In realtà tale equilibrio appare oggi più precario che mai, tenendo conto della situazione in cui ci troviamo oggi nella Penisola, con due bandi di gara (e forse tre) che attendono il raggiungimento di un accordo con gli enti locali per poter essere emanati, quando il mercato sarebbe incentrato su una riserva di Stato che nulla dovrebbe rimettere al giudizio delle Regioni. Almeno sulla carta. Invece, tant'è. Per un ulteriore paradosso nel paradosso, che vede il nostro modello iniziare a scricchiolare.
Eppure l'Italia può ancora fare scuola nel mondo del gaming, ne siamo convinti. Non a caso il 'nostro' modello di regolamentazione è ritenuto ancora oggi un riferimento per gli altri paesi. Anzi: soprattutto oggi. Sì, perché i più recenti sviluppi in termini di emersione (da ricordare come nel 2015 il fatturato del gioco online italiano sia cresciuto del 10 percento grazie allo spostamento di giocatori dalle 'punto com' al circuito lecito) rappresentano proprio il risultato di un approccio che si è rivelato valido e vincente. E sta continuando a mostrarsi tale, tenendo conto che le rilevazioni relative ai primi nove mesi dell'anno corrente evidenziano una ulteriore crescita (sempre in termini di migrazione) nel comparto online. Ma anche nel fisico, dove la raccolta sembra crescere ancora, in qualche caso, ma non per via di una fascia di giocatori ancora più estesa – come una lettura superficiale o strumentale dei dati potrebbe far emergere – quanto piuttosto grazie al recupero del sommerso che anche qui, in un modo o nell'altro, si è riusciti a realizzare, per esempio attraverso la cosiddetta 'sanatoria sui Ctd' che ha portato alla regolarizzazione di oltre duemila punti vendita di scommesse che prima raccoglievano giocate portando denari in mercati 'neri' o esteri, e che ora contribuiscono invece alla raccolta statale.
Non è un caso, quindi, se in questi giorni il 'caso italiano' tornerà ad essere al centro del dibattito internazionale, proponendo il nostro modello di regolamentazione all'interno di una specifica sessione ospitata dal ciclo di Conferenze internazionali sul gaming dell'EiG – Excellence in Gaming, in programma a Berlino. Una tavola rotonda tra i regolatori dei principali mercati europei mirata a individuare le best practices nei vari paesi dell'Unione, in modo da favorire la cooperazione internazionale e lo scambio di informazioni per un processo di armonizzazione delle regole, almeno nel nostro continente. E l'Italia, ancora una volta, rappresenta il caso più atteso a cui si affida l'apertura dei lavori, con l'intervento della responsabile dell'Ufficio online dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Daria Petralìa. Come del resto già avvenuto in occasione del seminario 'The Italian Briefing' andato in scena all'Ice di Londra, a febbraio scorso, quando il nostro paese veniva proposto proprio come esempio di successo per via della propria regolamentazione. Sarà bene che tali risultati siano studiati e approfonditi anche all'interno della Penisola, provando ad arrivare a una legislazione coerente in modo tale che l'Italia possa essere un esempio per le politiche di gioco in generale, e non solo rispetto al mercato online. Visto che, nonostante il notevole sviluppo del nostro mercato, soprattutto per quanto riguarda il gioco fisico, esiste un eccesso di incertezza che rischia di compromettere le capacità di investimento di tanti player. E i risultati raggiunti fino ad oggi in termini di messa in sicurezza del sistema.
Anche se, a dirla tutta, guardando il resto d'Europa, sembra quasi di poter dire che tutto il mondo è paese, osservando come ci siano temi comuni e di interesse generale per quanto riguarda la regolamentazione del gioco. E' il caso, per esempio, della pubblicità, che si sta affrontando in questo periodo in vari paesi: e anche una regolamentazione avanzata come quella del Regno Unito potrebbe introdurre nuove restrizioni. Altra materia che verrà affrontata, non a caso, a Berlino, insieme a quella della liquidità internazionale sul gioco online, che interessa un po' tutti i paesi europei. Guardando all'estero, tuttavia, nonostante le polemiche siano sempre e comunque diffuse, in tutte le realtà, quando si affronta la materia giochi, si può osservare come le perplessità siano più generali e orientate al ruolo dello Stato e del regolatore, e con una maggiore considerazione delle imprese e della loro responsabilità sociale. Curioso, tra l'altro, come nel nostro paese venga puntato il dito quasi esclusivamente contro le slot nei bar, per via del rischio di 'addiction' che su questo tipo di giochi sarebbe prevalente, mentre nel resto del continente non ci siano resistenze di questo tipo. Semmai, in paesi come il liberalissimo Regno Unito, le slot non risultano un problema, mentre l'opinione pubblica e i media si scagliano invece contro le Fobt, analoghe alle nostre Vlt (e anche molto meno diffuse rispetto ad esse), e anche queste installate soltanto in locali 'dedicati'. Al di là dei casi specifici, tuttavia, quello che sarebbe più opportuno osservare, in linea generale, è come mai grand parte dei paesi, anche i più conservatori, abbiano sentito o sentano l'esigenza di regolamentare il mercato del gioco e non per via delle (sole) esigenze di cassa (almeno non sempre), ma perché risulta essere l'unico strumento in grado di arginare la diffusione dell'offerta illegale. Visto che la domanda di gioco esiste e non si può combattere con logiche repressive (tipo la censura cinese della rete), ma con soluzioni moderne e democratiche. Ma che devono essere adeguate, soprattutto in termini di tutela e di sostenibilità generale. Ed è proprio questa la sfida di oggi, per il gioco. Specialmente nel nostro paese, dove in questo senso, c'è ancora da lavorare. Ma con la speranza che i lavori della Conferenza unificata servano a cambiare radicalmente la situazione.

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