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Il sì non basta più, riordinare l'Italia poi i giochi

05 dicembre 2016 - 09:43

Alla fine, il popolo torna sovrano. E il 'Ciaone' di matrice renziana stavolta è lo stesso premier a riceverlo, dagli elettori. Tutto da rifare sui giochi e, forse, anche per il paese.

Scritto da Alessio Crisantemi
Il sì non basta più, riordinare l'Italia poi i giochi

Il popolo ha deciso. La Costituzione non si tocca. Non così, almeno. Ma il risultato delle urne (clamoroso) assume un significato molto più ampio, specie dopo l'avventata personalizzazione del referendum che porta la firma dello stesso premier uscente. La promessa di cambiamento di Matteo Renzi non ha convinto gli italiani, e stavolta c'è poco da star sereni, con un paese sempre più diviso, deluso, affannato. Senza più leader, né certezze. E ancora alle prese con una crisi, da cui non riesce ancora ad uscire.
Non va meglio al settore del gioco, per il quale, in un certo senso, siamo alle solite. Proprio quando sembrava vicina la definizione di una riforma del comparto, o comunque un riordino, salta il tavolo e tutto è da rifare. Anche se, probabilmente, in molti tireranno un sospiro di sollievo, tenendo conto che il piano governativo avanzato negli ultimi mesi in Conferenza unificata aveva destato numerose perplessità e più di una critica.

Sta di fatto però che un riordino, qualunque esso sia, serve davvero e continua ad essere tanto più indispensabile. Per il settore, ma anche per il paese. Serve una riorganizzazione dell'offerta, a tutela dei cittadini e degli enti locali, ma serve anche la definizione di nuove regole per poter finalmente procedere con i bandi di gara per il rinnovo delle concessioni. Insomma, serve un intervento. La cosa peggiore, per tutti, sarebbe l'immobilità. E il temuto 'effetto gelo' che si rischia nelle prossime ore. Proprio quando sembravano concretizzarsi i lavori della Conferenza Unificata, a mancare, adesso, è l'interlocutore principale, cioè il governo. Facendo slittare ogni possibile trattativa.
La parola sul futuro del paese spetta naturalmente al Presidente della Repubblica, che esplorerà il tentativo di varare un governo di scopo che assicuri stabilità e affronti il nodo della legge elettorale. Se tra le ipotesi vagliate alla vigilia di referendum, in caso di vittoria del 'no', si ipotizzavano le dimissioni del premier seguite da un nuovo incarico affidato allo stesso Renzi dal Capo dello Stato, il risultato consegnato dalle urne è stato talmente netto e fragoroso, ben oltre ogni attesa, che rende impensabile un governo 'Renzi Bis'. Da qui il nodo da sciogliere per Sergio Mattarella, che non avrà certo un compito facile. La scelta potrebbe essere quella di incaricare un Esecutivo guidato da Pier Carlo Padoan, per puntare sulla continuità della politica economica, oppure un governo più 'istituzionale', magari guidato dall'attuale presidente del Senaro, Pietro Grasso, o dall'attuale Ministro, Graziano Delrio. Tutto, fuorché andare a votare, insomma.
Qualunque sia lo scenario, comunque, è evidente che il tavolo sui giochi è destinato ad essere accantonato. Se la mission di un governo di scopo è quella di completare i lavori avviati dal precedente esecutivo, è pur vero che le priorità del paese, in questa fase, sono varie e ben lontane dal riordino dei giochi. Intanto, però, c'è da chiudere l'iter della Legge di Bilancio, arrivando a un'approvazione definitiva della manovra che attende il verdetto dello stesso Senato, il cui futuro era stato messo in discussione proprio dal referendum costituzionale. Se il governo Renzi aveva già pronto un emendamento relativo al mercato dei giochi da presentare in Senato, una volta raggiunto un accordo con gli Enti locali, le dimissioni dell'inquilino di Palazzo Chigi rendono molto più incerto anche questo scenario, con l'ipotesi – peraltro già anticipata su queste pagine dal presidente della Commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia – di una chiusura dei lavori anticipata, per dare stabilità al paese e fiducia ai mercati internazionali, che potrebbe invitare il Senato ad approvare il testo attuale della Legge, come uscito dalla Camera. Il che vorrebbe dire, senza misure sui giochi. A meno di qualche piccolo correttivo (per esempio: la norma sul recupero dei 160 milioni della Stabilità 2015 o l'aggiustamento dei termini per l'avvento delle Awp remote, e poco più), ma comunque, senza l'attesa riforma.
Tutto da rifare, quindi, per il gioco pubblico e per il paese. E il vero riordino, adesso, è da compiere a Montecitorio, per poi affrontare, prima o poi, anche quello dei giochi. Magari in maniera seria e completa, oltre che definitiva. Con misure efficaci e decise da parte di quello che sarà il prossimo Esecutivo, senza “schermarsi dietro gli enti locali”, come evidenziato anche dal giornalista e scrittore Sergio Rizzo sulle pagine di Gioco News, ma attraverso una riforma degna di tale nome.

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