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Governo miope sui giochi, ma non perda la memoria

30 gennaio 2017 - 09:24

Ci siamo. La ‘Questione Territoriale’ potrebbe conoscere una svolta e, addirittura, arrivare a una soluzione.  

Scritto da Alessio Crisantemi
Governo miope sui giochi, ma non perda la memoria

La ‘volta buona’ potrebbe essere rappresentata dalla prossima riunione della Conferenza Unificata – in programma giovedì 2 febbraio – che, come annunciato durante il fine settimana dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori, vedrà la presentazione di un documento, ancora in versione preliminare, ma a quanto pare già concordato tra governo e Anci. Mettendo così d’accordo, almeno sulla carta, l’Esecutivo con una parte degli enti locali, ovvero i comuni. Anche se, va detto, fino ad oggi il vero e proprio scoglio sul quale si è più volte incagliata la nave delle riforme, è sempre stato rappresentato dalle regioni. Va però detto che anche tra i primi cittadini c’era un fronte contrario al gioco pubblico che ha visto tra i maggiori esponenti proprio lo stesso Gori, che sembra essere ormai divenuto il portavoce del fronte ‘anti-gioco’. Adesso però, ascoltando le parole del sindaco di Bergamo, il dibattito sembra essere sceso a un livello più approfondito (e appropriato, diciamolo pure), con la necessità sì di “mettere dei paletti al gioco”, espressa da Gori, ma senza “cancellare il gioco legale, che è molto meglio del gioco clandestino e illegale, ma di arginare il flusso del gioco e di mettere un margine”. Non che l’ex fidatissimo di Renzi abbia cambiato idea rispetto alla materia, ricordando, anzi, come esistano “vari contenziosi”, rispetto ai quali gli enti locali “si difenderanno”, per far valere le proprie ragioni.

 

E in effetti, anche il piano di riorganizzazione predisposto dall’Anci insieme al governo appare tutt’altro che favorevole all’industria. Anzi. Nella bozza si parla addirittura di “una drastica riduzione dei punti gioco, che stimiamo possa arrivare a un 50 percento", accompagnata da un totale sostituzione delle attuali slot con una futura generazione di apparecchi con connessione “da remoto” che promette maggiore sicurezza e, soprattutto, maggiori garanzie per gli enti locali.

 

Ecco quindi che una possibile via d’uscita dall’impasse che si protrae ormai da oltre un anno e una potenziale soluzione all’annosa Questione Territoriale, potrebbe arrivare proprio dalle famigerate ‘Awp da remoto’. Quella nuova generazione di slot di cui la Legge di Stabilità per il 2016 ha stabilito l’introduzione a partire dal 2018 e della quale si sa ancora molto poco. Ma che potrebbe giocare un ruolo cruciale nel destino della filiera. Un tema, non a caso, proposto e approfondito da Gioco News in un articolo dedicato nel prossimo numero di febbraio della rivista (tra breve in distribuzione). Nonostante le numerose perplessità e le varie polemiche (oltre ai possibili rischi) che stanno accompagnando l’avvento delle nuove slot all’interno del settore, in effetti, la nuova tecnologia – seppure ancora da definire nei dettagli, a cura del regolatore – potrebbe rispondere ai desiderata degli enti locali, che oltre alle distanze a cui sottoporre i locali con apparecchi da intrattenimento (divenuto ormai un autentico cavallo di battaglia, molto ideologico e poco pragmatico, tenendo conto degli effetti irrilevanti, se non addirittura peggiorativi, in termini di prevenzione e tutela dell’ordine pubblico), sembrano essersi concentrati sulla disciplina degli orari di esercizio. Un terreno che non intendono mollare e sul quale pretendono risposte concrete da parte del governo. Ebbene, pensando a una nuova tecnologia di cui dotare gli apparecchi da intrattenimento (o, più che altro, le reti che li collegano all’amministrazione finanziaria) che includa un dialogo “attivo”, in ambiente remoto, tra un sistema di controllo centrale e i punti vendita, sulle singole macchine, si potrebbe introdurre anche la capacità di spegnere le slot a distanza (o comunque, di verificare lo spegnimento in tempo reale). Per un possibile risparmio dello Stato e degli stessi enti locali anche dal punto di vista dei controlli nei locali. Tuttavia, per raggiungere un risultato di questo tipo, serve comunque un accordo politico, chiaro e definitivo, tra gli interlocutori seduti al tavolo della Conferenza Unificata. Stabilendo, in primis, un “orario nazionale” di esercizio delle slot, che dovrà essere adeguato alla reali necessità del mercato e, si badi bene, non tanto e non solo a quelle dell’industria – o della ‘lobby del gioco’, come direbbero alcuni – e alle abitudini dei consumatori, per evitare il dilagare di offerte di gioco illecite e alternative a quella di Stato, per coprire il buco lasciato negli orari di spegnimento. Inoltre, qualunque sia la fascia oraria ‘di Stato’ eventualmente stabilita dalla Conferenza, sarà necessario prevedere delle differenziazione in base alle diverse tipologie di locali di gioco, perché è evidente che se per alcuni bar potrebbe aver senso spegnere le slot in orari serali, la stessa soluzione sarebbe completamente senza senso in quei locali, come i bingo o come altre tipologie di sale con vlt, che si rivolgono al pubblico notoriamente (e in alcuni casi, addirittura esclusivamente) in orari serali.
Per questo, al di là di qualunque soluzione tecnica o amministrativa, è necessaria dapprima una convergenza 'politica' tra i vari soggetti coinvolti nel processo di riforma del gioco. Ma non è escluso che adesso, dopo il cambio di guardia a Palazzo Chigi e dopo il pericolo sventato dagli enti locali lo scorso dicembre, usciti indenni dal Referendum costituzionale che certo non aiutava, all’epoca, alcun tipo di confronto, i tempi non siano davvero maturi per arrivare a una soluzione definitiva e magari anche duratura. Purché, qualunque essa sia, si riveli utile a proiettare il settore in uno scenario di sostenibilità, garantendo adeguate tutele alla cittadinanza e chi ne governa gli interessi, ma al tempo stesso, anche quelli delle imprese che hanno investito in un bene di Stato e che da troppo tempo si trovano in bilico, e a rischio scomparsa. Visto che anche quegli imprenditori, sono cittadini dello stesso paese e dello stesso livello. Almeno fino a prova contraria.
L’unica raccomandazione, è che lo Stato, in tutte le sue declinazioni (Enti locali compresi, dunque), non perda quella memoria storica necessaria per legiferare in maniera adeguata rispetto a un settore così altamente complesso e delicato, proprio per via dei risvolti pubblici e sociali. Ricordando quindi i principi che ispirarono la regolamentazione del comparto e i punti fermi attorno ai quali erano state introdotte le varie forme di gioco. Oltre alla competitività e capillarità dell’offerta legale, che deve essere in grado di strappare giocatori al mercato illecito evitando anche le possibili ricadute, non deve passare in secondo piano neppure la differenziazione tra i due segmenti di apparecchi da intrattenimento che il legislatore aveva introdotto con particolare fermezza e che si manifestano sia nei canali di distribuzione che nelle caratteristiche tecniche e nei parametri di giocata e vincita. Dimenticare uno solo di questi aspetti, sarebbe deleterio, se non addirittura fatale.

 

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