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Manovra-bis: come affondare un comparto senza salvare il paese

24 aprile 2017 - 09:25

La “Manovra-bis” predisposta dal governo per evitare una procedura di infrazione per indebitamento rischia di uccidere un comparto ma senza salvare i conti.

Scritto da Alessio Crisantemi
Manovra-bis: come affondare un comparto senza salvare il paese

Troppi pesi e troppe misure. In questo modo si distrugge un intero comparto economico e si rischia di affondare il paese. Accade in Italia (e dove, sennò?), con l'approvazione della nuova (e ulteriore) manovra economica imposta da Bruxelles, che per scongiurare l'avvio di una procedura di infrazione per eccesso di indebitamento, finisce con l'affossare il settore del gioco pubblico attraverso un aumento della tassazione, stavolta non sostenibile. E senza neppure portare dei benefici alle casse del paese.

Riuscendo sì a scongiurare – per il momento - l'azione della Commissione Europea, ma senza risolvere i problemi strutturali che affliggono la nostra economia (come il livello spaventoso di evasione fiscale o la mancanza di occupazione), rimandando semplicemente a domani il problema comunitario. Rinviando a chissà quando il momento delle vere riforme, che risultino degne di tale nome. Ma c'è di peggio. Si, perché la nuova manovra, non risulta soltanto sterile dal punto di vista politico ed economico - non riuscendo, appunto, ad arginare alcun problema reale - ma promette addirittura di peggiorare la situazione nel prossimo e immediato futuro. Anche a causa del trattamento riservato al comparto del gioco pubblico. L'aumento della tassazione sugli apparecchi da intrattenimento, sia per le slot che per le vlt, con l'aggiunta del raddoppio della tassa sulle vincite, rappresenta una minaccia concreta, reale e stavolta insormontabile per il futuro di questo settore, che avrà ricadute pesanti sulla filiera e, di conseguenza, sull'intera economia. Se – come avvisano le associazioni di categoria – la manovra rischia di far sparire un'intera filiera industriale, a farne le spese non saranno soltanto le imprese che operano in questo settore, ma l'intero sistema-paese, con un incremento di quei problemi alla base dei nostri guai economici. Dall'incremento della disoccupazione – che già oggi registra livelli spaventosi in Italia – all'esplosione di una nuova (o, meglio, ritrovata) economia sommersa che scaturirebbe dal proliferare delle offerte di gioco illegale che andrebbero rapidamente a sostituire il gioco legale, non più conveniente per le imprese, ma neppure per i giocatori, visto che il governo continua a mettere le mani nelle tasche di entrambi i soggetti. E non vale neppure la tesi di chi plaude all'aumento della tassazione su questo settore considerando l'eventuale (e inevitabile) perdita di appeal dei giochi come un risultato positivo potendo liberare i cittadini dal Demone dell'azzardo. Non si può certo pensare, infatti, che gli italiani smetteranno di giocare, se il gioco lecito non dovesse più soddisfare i loro desideri di vincita. Anzi. Non bisogna mai dimenticare, quando si affronta il tema dei giochi, dell'esistenza di una rete parallela a quella del gioco di Stato rappresentata dall'offerta illecita che è sempre esistita (a livelli spaventosi, fino alla legalizzazione del settore) e che è continuata ad esistere, purtroppo, fino ad oggi, seppure ridotta in minima parte con la progressiva regolamentazione e bonifica attuata dal legislatore. E che oggi ritrova nuove possibilità sul territorio, con la diffusione che torna ad essere significativa in quelle zone dove gli Enti locali hanno dichiarato guerra al gioco lecito (si pensi alla proliferazione dei cosiddetti 'totem' per il gioco online nelle regioni che hanno limitato le slot che abbiamo più volte denunciato su queste pagine), promettendo di estendersi nuovamente in tutta la Penisola qualora l'offerta legale non risulterà più competitiva e attrattiva per i giocatori. Per un autentico suicidio all'italiana, operato dal Legislatore e orchestrato dall'Esecutivo, ignaro o incurante di tali effetti collaterali. O comunque lontano dal preoccuparsi del problema.
La cosa ancora più sconcertante e tale da rendere ancora più incomprensibile la decisione dell'Esecutivo presa nei confronti del settore, è il fatto che, anche volendo considerare uno scenario meno apocalittico di quello appena descritto, immaginando cioè che in un modo o nell'altro il comparto riesca comunque a rimanere in piedi, resta il fatto che in nessun caso potrà esserci un aumento della raccolta. E neppure un mantenimento dei livelli registrati fino al 2016, visto che i dati economici provenienti dal settore rivelano come già nel primo trimestre dell'anno corrente ci sia una diminuzione delle giocate e, quindi, delle entrate erariali. Ciò significa, pertanto, che il grande disagio che si verrebbe a creare con l'introduzione di queste misure imposte dalla manovra, risulterebbe del tutto inutile dal punto di vista della stabilità economica, non riuscendo a generare quelle nuove entrate che il governo ha promesso all'Europa. Vanificando così l'impegno di riuscire a “sterilizzare le clausole di salvaguardia” (e di evitare quindi l'aumento dell'Iva) promesso dal governo. Non a caso nella stessa “manovrina”, pur risultando dimezzato il prossimo aumento dell'Iva su beni di largo consumo, dal 3 all'1,5 percento, l'altra metà risulterebbe spalmata in ulteriori rincari nel 2019 (+0,5 percento) e nel 2020 (+1 percento). E sempre con l'aliquota ordinaria del 22 percento che crescerebbe comunque di tre punti come previsto dalle norme attuali, per poi aumentare comunque dello 0,4 percento l'anno successivo (mentre prima l'aumento previsto era dello 0,9 percento). Ebbene tale piano, che già così appare decisamente austero e tutt'altro che piacevole, non risulterà comunque praticabile se verranno a mancare quelle centinaia di milioni che il governo attende dai giochi. Per uno scenario a dir poco drammatico che si verrebbe a creare nei prossimi mesi e, forse, già a fine anno nella stesura della prossima Legge di Stabilità.
Tutta colpa dei diversi pesi che vengono applicati nelle tante misure vagliate dal nostro Esecutivo. Alla faccia della presunta “grande lobby dell'azzardo” che sembra dominare il nostro paese, leggendo le cronache quotidiane, salvo poi ritrovarci con il settore del gioco che risulta il più tassato in assoluto sia in termini di entità dell'imposizione fiscale che della ripetitività con cui vengono ritoccate le aliquote. Mentre continuano ad uscire indenni da ogni inasprimento altri settori della nostra economia, non necessariamente più “nobili” rispetto a quello del gioco, dal punto di vista del “vizio” e delle ricadute in ambito sociale o sanitario. Si pensi, per esempio, all'industria degli alcolici, dove un ritocco della tassazione di neppure un punto percentuale – dicono gli esperti - basterebbe a rimediare i denari necessari a gran parte della manovrina e probabilmente senza neppure scalfire la filiera. Eppure non viene neanche preso in considerazione. Come pure risulta scomparsa l'ipotesi di una tassa sulle bevande gassate che in virtù degli effetti negativi sulla salute pubblica provocati da questi prodotti è stata introdotta in molti paesi europei. Ma non in Italia. Dove l'unica forma di coerenza politica sembra essere quella applicata nei confronti del gioco pubblico: inasprendo le imposte, come piace a tutti.

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