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Ippica, la riforma perduta

31 luglio 2017 - 07:27

Lontana la riforma dell'ippica prevista dall'articolo 15 del Collegato Agricolo, il settore riparte dallo stanziamento del Mipaaf di parte del Preu sugli apparecchi da gioco.

Scritto da Sara Michelucci
Ippica, la riforma perduta

L'ippica italiana continua a essere al palo. La mancanza di certezze condita da una diminuzione delle risorse non aiuta di certo un settore che ancora non riesce a scrollarsi di dosso gli errori del passato.

La tanto agognata riforma, contenuta in quell'articolo 15 del Collegato Agricolo da tanti visto come lo strumento per ridare slancio al comparto, è ancora lontana e, forse, non andrà mai a buon fine.

Un mancato ottimismo che nasce, soprattutto, dopo la circolazione della bozza di decreto attuativo che il Mipaaf ha inviato al Mef.

Un testo molto criticato dagli operatori, per “l'incapacità di ridare autonomia e libertà di azione alle imprese del comparto”, dicono alcuni, mentre altri sostengono che non c'è chiarezza sulle risorse finanziarie con cui dovrebbe essere sostenuta l'ippica e criticano soprattutto il taglio del 20 percento all'anno degli attuali finanziamenti per arrivare a zero finanziamenti al quinto anno.
 
Per non parlare poi della situazione di alcuni ippodromi italiani, costretti a chiudere o lasciati in stato di abbandono. Un pezzo di storia che se ne va con loro e che, di certo, non dà una bella immagine del nostro Paese all'estero.
 
Ma nonostante tutto, c'è chi continua a credere che un rilancio sia possibile, investendo su un settore per molti ormai in declino, ma che invece promette ancora di dare dei risultati se giustamente valorizzato.
 
La nota positiva per il settore è lo stanziamento da parte del Mipaaf di una percentuale del Preu degli apparecchi da intrattenimento (poco più di 6 milioni di euro) per l’aumento della dotazione media per giornata di corse, per le giornate ancora da disputarsi nel periodo 1° agosto – 31 dicembre 2017. Una misura che, se non sarà accompagnata da una seria e ragionata azioni di riforma del comparto, rischia di essere un ulteriore palliativo.
 
 

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