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Crescono le tasse e cresce l'evasione: così si vanificano le manovre

07 agosto 2017 - 08:40

Gli studi di Confcommercio rivelano un aumento di oltre il 5 percento dell'evasione nel nostro paese: un avvertimento prezioso pensando alle aliquote dei giochi.

Scritto da Alessio Crisantemi
Crescono le tasse e cresce l'evasione: così si vanificano le manovre

L’evasione fiscale è in continua crescita. È questo il “warning” lanciato da Confcommercio, che nel rapporto diffuso nei giorni scorsi dedicato al sommerso in Italia, stima che “tra il 2011 e il 2014 il tasso di evasione è aumentato del 5,3 percento, passando dal 13,8 percento del valore aggiunto al 14,5 percento”. Numeri spaventosi, esorbitanti. Ma, purtroppo, anche tipicamente italiani. Per fortuna però il rapporto non si limita soltanto alla “lettura” dei dati, conducendo un'analisi più approfondita, ponendo delle domande e indicando delle risposte. Provando a spiegare, per esempio, da cosa dipende l’evasione fiscale. Secondo la ricerca, le voci fondamentali sono tre: l’indice di deterrenza (cioè i controlli sui potenziali evasori e nei settori dove il sommerso è molto diffuso); l’indice del senso civico economico (legato alla percezione che ha il cittadino sull’efficienza o meno dei servizi pubblici) e la spinta a evadere, causata dall’enorme peso fiscale che opprime gli italiani. Anche quelli più onesti. Sì, perché come sottolineato da Mariano Bella, direttore dell’Ufficio studi della Confcommercio, che ha curato l’indagine, “l’evasione non è un problema genetico”.

Al contrario, a giocare un ruolo decisivo sono i cosiddetti “incentivi a evadere”, innescati dal peso fiscale notevole. E in un paese in cui la pressione del Fisco è già decisamente elevata - siamo oltre il 43 percento, tra le più alte in Europa e nel mondo, come sottolineato anche il viceministro dell’Economia, Luigi Casero, in una recente audizione parlamentare – è da ritenere inevitabile la tentazione di evadere.
Si tratta di dati e riflessioni particolarmente importanti sui quali il Legislatore dovrebbe riflettere. E con urgenza. Magari anche quando si trova a legiferare su un settore delicato dell'economia nazionale come quello del gioco pubblico, dove il mercato sommerso rappresenta ancora oggi una realtà ma, sopratutto, descrive la genesi del comparto e il punto di partenza del processo di regolamentazione e di progressiva professionalizzazione della filiera. Il motivo per cui l'Italia decise di intervenire con la legalizzazione del mercato del gioco è noto a tutti (e per chi non lo fosse, è facilmente individuabile negli archivi pubblici parlamentari, essendo stata condotta una speciale indagine, nel 2003): ovvero, la necessità di mettere in sicurezza un fenomeno assai diffuso sul territorio e completamente fuori controllo, anche (e soprattutto) in termini fiscali. Facendo così migrare nel tempo i miliardi spesi dagli italiani in giochi illeciti (e, quindi, destinati all'economia sommersa) verso quelli di Stato, generando nuove entrate. Da quel momento in poi, oltre al progressivo aumento della raccolta, si è andata dunque costituendo una vera e propria filiera industriale, con la “conversione” di tanti soggetti privati e imprenditoriali che prima operavano in un mercato grigio (e a tratti completamente nero) in vere e proprie imprese, a cui si sono via via affiancate nuove realtà aziendali.
È quindi evidente che nel mercato del gioco, il rischio di creare nuova evasione (o di generare delle ricadute) è oggi assai più alto rispetto alle altre attività commerciali, tenendo conto dell'elevato rincaro dell'imposizione dettata dalla recente manovra fiscale che ha inasprito ulteriormente il prelievo erariale degli apparecchi da intrattenimento (la fetta più consistente dell'intero mercato del gioco), già decisamente elevato poiché innalzato più volte negli ultimi cinque anni. Superando ora – secondo gli esperti – i limiti imposti dalla teoria economia e descritti dalla “curva di Laffer”, la quale mostra come il gettito di un’imposta cresca al progredire dell’aliquota fino a un punto di mas­simo, oltre il quale inizia a calare. Spiegando cioè che, in alcune condizioni, un aumento delle aliquote fiscali può produrre una riduzione del gettito. Per un duplice rischio, dunque. Che un paese come il nostro, dove l'economia risulta essere particolarmente disastrata, non può certo permettersi di correre. Invece, è proprio quello che sta accadendo. In termini di gettito erariale, gli effetti negativi paventati dalla curva di Laffer, si stanno già materializzando, come rivelano i dati della raccolta del primo semestre. Mentre dal punto di vista del ritorno dell'offerta illegale, lo sapremo probabilmente molto presto, e già oggi non mancano le segnalazioni provenienti degli addetti ai lavori. Per una serie di avvertimenti di cui il legislatore dovrà tenere conto. Del resto, anche la stessa Confcommercio ha stimato (ma senza occuparsi di gioco) che, se la pressione fiscale nel nostro paese si riducesse del 10 percento, l’evasione calerebbe in media del 6 percento. E se ciò vale a livello generale, figuriamoci quanto potrebbe valere in un mercato come quello dei giochi e nel segmento degli apparecchi, oggi il più (tar)tassato in assoluto. Anche se per salvaguardare i conti è forse già troppo tardi, evitiamo almeno di far tornare l'illegalità un fenomeno normale, e non solo diffuso.

 

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