Un incastro che
era subito apparso difficile da realizzare, a meno di un ulteriore intervento successivo da parte dell’Esecutivo che fosse mirato a ridare slancio al settore in modo diverso: per esempio, attraverso l’introduzione della tassazione sul margine, la quale, forse, avrebbe potuto riequilibrare gli ammanchi di cassa con cui si trovano a dover fare i conti gli operatori del settore dopo l’ultimo aumento della tassazione, riuscendo al tempo stesso a dare altre garanzie allo Stato. Ma anche questo scenario non sembra più essere percorribile, dopo l’esclusione del tema dal tavolo dei lavori sulla prossima manovra: come pure,
notizia di queste ore, non sembra più percorribile neppure l’intero processo di Riordino del comparto impostato dal governo, confermando quindi i timori di qualche mese fa. A mostrare serie perplessità sull’intesa, non sono soltanto gli stessi enti locali - che pur avendo firmato l’accordo, hanno poi deciso di disattenderlo, come avvenuto in Piemonte e come annuncia di fare anche l’Emilia - ma anche, non a caso, i tecnici della Ragioneria di Stato, preoccupati proprio delle ingenti mancanze di fondi che questo piano comporterebbe.
Uno scenario sicuramente prevedibile, tenendo conto di tutti i vari aspetti sopra descritti, con il governo che si è dimostrato, in questo, il primo vero giocatore d’azzardo. Provando a chiudere una partita che si andava procrastinando da troppo tempo, senza però riuscire a vincerla. Probabilmente l’Esecutivo contava di poter intervenire a supporto di questo processo di riordino con altri ritocchi successivi, magari potendo contare anche su segnali di fiducia e di ripresa dei conti pubblici eventualmente sopraggiunti nel frattempo, che però non sono arrivati. Nonostante i timidi segnali di ripartenza trasformati in “straordinari progressi” nell’immediato dibattito politico, ma fortemente ridimensionati in Europa. Di certo il governo puntava forte - e ancora una volta - sulla
moral suasion: cercando cioè di suonare la sveglia a regioni e comuni indicando un percorso virtuoso da percorrere insieme, orientato alla riorganizzazione del settore, intervenendo spontaneamente sulle proprie leggi e provvedimenti locali. Come del resto è indicato piuttosto chiaramente nell’accordo siglato in Conferenza lo scorso 7 settembre, che era stato accettato - più o meno di buon grado - da tutti i rappresentanti delle istituzioni territoriali. Un accordo che - al di là della pubblicazione o meno del decreto attuativo - doveva avere comunque valore concreto, se non altro a livello di indirizzo. Ma evidentemente, le perplessità ricordate in premessa, erano le stesse nutrite da Regioni e Comuni che forse non hanno mai creduto a un vero riordino e a quell’azzardo governativo che sapeva troppo di bluff.
Il risultato, ancora una volta, è la totale incertezza (e a farne le spese, sempre e solo gli operatori), che diventa però ancor più preoccupante in vista della fine dell’anno e dei
lavori sulla manovra di bilancio ormai agli sgoccioli, che potevano rappresentare l’ultima possibilità di intervento per rimettere in sesto il settore e avviare davvero la riorganizzazione del settore. Anche se il testo di base della legge - oggi in fase di approvazione in Parlamento e sul quale sembra inevitabile il ricorso alla fiducia, come è ormai tradizione nel nostro paese - contiene una specifica misura dedicata ancora una volta al riordino che potrebbe risolvere o comunque arginare, seppure soltanto a regime, la situazione. Nel frattempo però il sottosegretario Pier Paolo Baretta ha annunciato di voler riportare la discussione in Conferenza Unificata, per provare a superare i conflitti che hanno continuato a manifestarsi attorno al tema sui territori e che hanno portato alla
situazione di estrema criticità del Piemonte, che rimane comunque da risolvere. E con urgenza.
Tutta questa storia (squisitamente italiana), contiene pero un’evidente morale e una chiara indicazione: serve una soluzione politica e una presa di posizione forte da parte del governo che non può più continuare ad abdicare, se non in favore del caos e in prospettiva di una vera e propria deregulation che in molti hanno invocato, e a torto, in questi ultimi anni, descrivendo il settore come se fosse totalmente fuori controllo: ma che potrebbe rappresentare il futuro prossimo del comparto senza una soluzione finale a questa interminabile Questione Territoriale.