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Basta giochi: iniziamo a dire la verità e a studiare

08 gennaio 2018 - 11:08

Smettiamola di giocare: non nel senso di vietare il gioco, ma invitando ad abbandonare le mistificazioni sui numeri, iniziando a dire la verità e a studiare i fenomeni.

Scritto da Alessio Crisantemi
Basta giochi: iniziamo a dire la verità e a studiare

E' arrivato il momento di dire la verità, sui giochi. E di iniziare a studiare, una volta per tutte, il fenomeno in tutta la sua complessità ed interezza, andando cioè ad includere tutti gli aspetti che lo riguardano, direttamente e indirettamente. Analizzando il comparto del gioco pubblico in maniera chiara (e seria) non soltanto in termini di raccolta, spesa e distribuzione (fino ad oggi neanche questo è stato mai fatto in maniera cristallina, all'esterno della filiera) ma anche dal punto di vista dei risvolti sociali, sanitari e perché no, pure occupazionali, in un paese ancora alla prese con una crisi economica dalla quale non riesce a districarsi definitivamente e dove contano – e non poco – i posti di lavoro persi o creati, mese dopo mese.

 

Dopo uno scontro istituzionale che si protrae ormai da anni e che sembra ancora oggi lontano da una soluzione concreta, e nonostante le varie difficoltà del momento, si possono comunque individuare dei risultati, seppure parziali, dai quali ripartire. Per fare chiarezza e provare ad affrontare la questione in maniera seria e definitiva e con tutta la concretezza che esse richiede. Se la “Questione territoriale” non sembra ancora essere prossima a una soluzione - in attesa di conoscere eventuali sviluppi dopo il passaggio ulteriore in Conferenza unificata di questa settimana e gli effetti della nuova previsione normativa dettata dalla Legge di Bilancio che imporrebbe agli enti locali di adeguarsi agli accordi del 7 settembre – il confronto portato avanti dal governo con gli enti territoriali in questi ultimi due anni ha portato comunque all'emersione del fenomeno sotto vari aspetti e ad alcune novità, destinate a fare chiarezza sul settore. Come per esempio la pubblicazione dei dati relativi alla spesa delle famiglie nel gioco legale da parte dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che, a partire da quest'anno, vengono pubblicati con cadenza periodica prestabilita (nelle scorse ore sono stati rilasciati quelli con riferimento al 2016 e al primo semestre 2017), in maniera disaggregata per Comune e per tipologia di gioco, e per tutti i giochi (apparecchi, bingo, giochi numerici a totalizzatore, giochi a base ippica, giochi a base sportiva, lotterie, lotto e scommesse virtuali da agenzia), ad esclusione di quelli online, per i quali ovviamente non si possono fornire ripartizioni territoriali. Un'operazione di trasparenza che va incontro alle richieste avanzate dagli enti locali e dalla società civile durante la fase dialettica e interlocutoria degli ultimi mesi, ma che impone anche una definitiva chiarezza da parte dei media (locali e nazionali) e delle stesse istituzioni locali che ora, dati ufficiali alla mano, dovranno fare riferimento a tali numeri ufficiali, e non più alle stime presunte o approssimative si cui abbiamo sentito parlare in tutto questo tempo. Non è un caso che l'ultima pubblicazione dei dati da parte dell'Agenzia è stata accompagnata da una nota con la quale l'organismo invitava alla corretta rappresentazione dei dati, in seguito a una serie di “notizie di agenzia imprecise” soprattutto relative alla raccolta e spesa sugli apparecchi. Evidenziando come la spesa “(data dalla differenza tra raccolta – 96 miliardi – e vincite - 77 miliardi)” differisca dalla “raccolta rapportata alla popolazione”, specificando così il dato che “deve essere preso correttamente a riferimento per individuare  la spesa effettiva dei singoli  comuni rispetto alla popolazione adulta”. Da questi dati si evince che la spesa media della popolazione adulta dei singoli comuni è di circa 400 euro all’anno per persona, ovvero poco più di 1 euro al giorno. Che farà molto meno effetto, a livello mediatico (e politico), ma tant'è.
Intanto, accanto a questa “operazione chiarezza” tentata dall'Agenzia a livello nazionale, arrivano spunti interessanti anche dall'Europa, in materia di regolamentazione dei giochi a livello nazionale e, in particolare, in riferimento alla pubblicità e promozione dell'offerta: altro tema particolarmente “caldo” nel nostro paese, a livello politico e istituzionale, e attorno al quale si scatena da sempre il dibattito generale. A tornare sulla materia è stata nelle scorse ore il commissario Ue, Elzbieta Bieńkowska, rispondendo all'interrogazione dell'europarlamentare Jørn Dohrmann in materia di gioco e pubblicità, spiegando come: "Gli Stati membri sono liberi di regolamentare le loro attività di gioco d'azzardo fino a che sono in linea con le norme sul mercato interno stabilite dal trattato e interpretate dalla Corte di giustizia dell'Ue", non esistendo una normativa sul gioco d'azzardo dell'Ue specifica per il settore. "In linea con questo, gli stati membri possono pertanto definire individualmente il livello appropriato per limitare e controllare la pubblicità dei servizi di gioco d'azzardo al fine di raggiungere i loro obiettivi di politica pubblica di tutela dei consumatori e prevenzione della dipendenza dal gioco e del gioco d'azzardo problematico”.

Facendo esplicito riferimento a quanto già dichiarato dall'Europa in una specifica Raccomandazione, risalente addirittura al 2014, che riteniamo opportuno ricordare, per via dei principi fondamentali che essa contiene, che vengono tuttavia dimenticati (o forse, più semplicemente ignorati) nei vari dibattiti relativi alla materia. La Commissione Europea, nella sua “raccomandazione sui principi per la protezione dei consumatori e dei giocatori online e per la prevenzione dei minori dal gioco d'azzardo via web”, ha invitato gli stati membri ad adottare determinate misure in materia di pubblicità dei servizi di gioco d'azzardo online, ad esempio assicurando che essa contenga informazioni sull'identità del fornitore di servizi di gioco e, nel caso, garantendo che la pubblicità sul gioco d'azzardo contenga almeno informazioni sui rischi e che non colpisca i giocatori vulnerabili. Specificando tuttavia che: “In assenza di armonizzazione a livello di Unione europea, in via di principio gli Stati membri sono liberi di definire gli obiettivi delle rispettive politiche sui giochi di sorte e di fissare il livello di tutela che intendono offrire allo scopo di proteggere la salute dei consumatori. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha fornito orientamenti generali sull'interpretazione delle libertà fondamentali del mercato interno nel settore del gioco d'azzardo (online), tenendo conto della specificità delle attività di gioco. Pur potendo restringere o limitare l'offerta transnazionale di servizi di gioco d'azzardo online sulla base degli obiettivi di interesse generale che cercano di proteggere, gli Stati membri sono tuttavia tenuti a dimostrare l'opportunità e la necessità delle misure restrittive. Essi hanno infatti il dovere di dimostrare che gli obiettivi di interesse generale sono perseguiti in modo coerente e sistematico”. Non solo. La Corte di giustizia dell'Unione europea ha anche stabilito norme di base per le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo e, in particolare, su quelli forniti in condizioni di monopolio. “La pubblicità effettuata dal titolare di un monopolio pubblico deve essere contenuta e strettamente limitata a quanto necessario al fine di canalizzare i consumatori verso le reti di gioco controllate. Tale pubblicità non può avere lo scopo di incoraggiare la naturale propensione al gioco dei consumatori stimolando la loro partecipazione attiva al medesimo, ad esempio banalizzando il gioco o aumentandone l'attrattività attraverso messaggi pubblicitari accattivanti che facciano balenare la prospettiva di vincite ragguardevoli. In particolare, dovrebbe essere operata una distinzione tra le strategie del titolare di un monopolio unicamente intese ad informare potenziali clienti circa l'esistenza di prodotti e a garantire un accesso regolare ai giochi d'azzardo in circuiti controllati, e le strategie che invitano e sollecitano una partecipazione attiva a tali giochi”.
Evidenziando espressamente i rischi relativi ai “gruppi vulnerabili come i minori siano attratti dal gioco d'azzardo”. Ma con una importante precisazione: ovvero che, “Nel contempo, le comunicazioni commerciali sui servizi di gioco d'azzardo online possono svolgere un ruolo importante nell'orientare i consumatori verso offerte permesse e controllate, ad esempio fornendo l'identità dell'operatore e dando informazioni corrette sul gioco d'azzardo, compresi i rischi delle problematiche ad esso legate, nonché messaggi di avvertimento”.
Spiegando quindi che sarebbe non solo un errore, ma un rischio concreto, l'ipotesi – più volte ventilata, in Italia e non solo – di vietare la pubblicità dei giochi tout-court. Anche questo concetto, pertanto, viene riproposto in maniera chiara, concreta e pubblica. Proprio come i dati di raccolta e spesa. A questo punto, quindi, non ci sono più scuse, né alibi. La verità è sotto gli occhi di tutti ed è giunto il momento di utilizzarla, nell'affrontare ogni dibattito sui giochi e provare a governare seriamente il fenomeno. A livello centrale e locale: e con l'auspicio che tale distinzione inizi anche a diventare superflua, d'ora in avanti.

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