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La marcia su Torino e lo sguardo dal resto d'Italia

19 febbraio 2018 - 10:07

A Torino va in scena la nuova protesta degli operatori del gioco e degli esercenti: sotto lo sguardo attento del resto d'Italia.

Scritto da Alessio Crisantemi
La marcia su Torino e lo sguardo dal resto d'Italia

Sono passati ormai cento anni da quando l'America introduceva un rovinoso regime proibizionista, i cui risultati, a dir poco disastrosi, sono già stati consegnati alla storia. E analizzati, nel corso dei decenni. Ma non a fondo, evidentemente. Non nel nostro paese, almeno, visto che le stesse idee abolizioniste vengono ancora oggi perseguite e ricercate dalle amministrazioni di alcuni territori: anche se solo ed esclusivamente per quanto riguarda il gioco pubblico. E non gli altri comparti ritenuti “a rischio”, come quello degli alcolici, contro il quale si scagliava la politica statunitense. Accade, in particolare, in Piemonte, dove la legge locale introdotta ormai qualche anno fa, come noto, sta mettendo al bando le slot machine, a partire dallo scorso settembre del 2017. Ma che sta delineando percorsi analoghi in altri territori, come l'Emilia Romagna, la Puglia e così via. Alla faccia del libero arbitrio e dell'autodeterminazione, in una nuova forma di restrizione delle libertà individuali, che si scontra contro l'offerta di gioco. E' quello che potremmo oggi definire “proibizionismo 2.0”: senza bisogno di divieti espliciti e senza neppure l'introduzione di una legge nazionale. Tutto avviene in forma indiretta, subalterna: attraverso misure di carattere locale, normative sulle distanze o sugli orari, fino a ridurre il campo di azione di un'azienda di gioco a una soglia vicina allo zero. Ed il gioco è fatto. Col risultato, però, che le imprese del settore si ritrovano a chiudere i battenti e, con esse, anche quei pubblici esercizi che nel tempo sono riusciti a sbarcare il lunario attraverso l'offerta di gioco. Non è un caso che oggi a manifestare in Piemonte non sono soltanto gli operatori del gioco (gestori, produttori e, al limite, i concessionari), ma anche e soprattutto gli esercenti e i tabaccai: tra i più colpiti da queste misure restrittive, che si ritrovano a dover mandare a casa dei lavoratori.

Così è nato l'incontro del 19 febbraiodi Torino, promosso dalla Federazione italiana dei Tabaccati e dal sindacato dei totoricevitori, a cui ha aderito anche l'associazione degli operatori del gioco As.Tro, ponendo ancora una volta a confronto la politica e le istituzioni con l'industria, analizzando gli effetti della legge locale in termini occupazionali. Concludendosi con una manifestazione di fronte al Palazzo della Regione "per dire no a una legge iniqua che va certamente contro gli interessi delle rivendite ma, soprattutto, contro gli interessi economici dell’intera Regione", come spiegato dagli organizzatori.
La “resistenza” degli operatori piemontesi, però, non trova argomenti soltanto nelle ricadute economiche e occupazionali, ma riguarda anche gli stessi obiettivi di ordine pubblico e tutela della salute che la Regione intendeva perseguire attraverso l'adozione di tali norme. Se c'è una lezione che il proibizionismo americano ha consegnato alla storia, è senz'altro quella della sterilità di un approccio eccessivamente restrittivo di fronte a mercati caratterizzati da una forte domanda e un'offerta diffusa sul territorio, in termini di salute, e della pericolosità in termini di sicurezza per via dell'inevitabile ricaduta nell'illegalità di produttori e distributori di quel “bene”.
Negli anni Duemila e nel paese Italia, tuttavia, l'industria del gioco (nonostante presenti ancora oggi alcune storture, diciamolo pure) ha però dimostrato un'evidente maturità, proponendo da tempo soluzioni e misure alternative alla politica e alle istituzioni locali, allo scopo di non celebrare lo status quo e perseguire una linea ultra-liberista, ma al contrario, ricercando soluzioni condivise che potessero rivelarsi sostenibili, per le aziende, i territori e la cittadinanza. Dimostrandosi pronta ad alcuni sacrifici, in cambio di qualche certezza e di una tanto agognata stabilità: ma di certo non favorevole alla chiusura totale delle proprie attività, assistendo, per giunta, al trionfo dell'illegalità, che non aspetta altro che la scomparsa del sistema del gioco legale per tornare a dominare i quartieri. Ed è proprio questo il messaggio che il comparto del gioco pubblico prova ancora una volta a ribadire, da Torino. Ma con gli occhi e i riflettori puntati dal resto d'Italia.

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