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Elezioni 2018: la settimana del voto, la fine dei giochi

26 febbraio 2018 - 10:09

Il count-down verso le elezioni politiche 2018 è iniziato da tempo e come sempre accade il gioco rientra nei programmi elettorali: come punto (eternamente) da risolvere.

Scritto da Alessio Crisantemi
Elezioni 2018: la settimana del voto, la fine dei giochi

 

Ci siamo quasi. Pochi giorni ancora e gli italiani conosceranno il nuovo Esecutivo chiamato a guidare il paese nella prossima legislatura. Almeno in teoria. Sì, perché la pratica potrebbe recitare un copione decisamente diverso, con il risultato delle votazioni che potrebbe essere del tutto sterile dal punto di vista della formazione di una nuova compagine governativa, a causa della discutibilissima legge elettorale con cui ci apprestiamo ad andare a votare.
Stando agli ultimi sondaggi eseguiti sugli elettori, sembra proprio che l'unico ad avere la maggioranza necessaria per governare il Paese sarebbe un governo del Presidente. In particolare, secondo le proiezioni Ixè elaborate sui dati dell'ultimo sondaggio effettuato prima del silenzio elettorale, emergerebbe che un esecutivo indicato dal Capo dello Stato e composto da Pd, Forza Italia e Noi con l'Italia (più una truppa di "responsabili" proveniente dai vari partiti) avrebbe a disposizione 321 seggi. Con Liberi e Uguali, Lega, M5S e Fratelli d'Italia che rimarrebbero quindi all'opposizione. Ma nulla è certo, in realtà, come ad ogni tornata elettorale. E questa volta, forse, è anche più difficile del solito intercettare il reale scenario post-voto, in una situazione politica assolutamente senza precedenti. Con un consenso generale della politica ai minimi storici, un'astensione destinata a moltiplicarsi e un Movimento 5 Stelle che sembra essere l'unico in grado di accaparrare nuovi consensi e sul quale potrebbe quindi finire parte quelle centinaia di migliaia di voti ad oggi ancora incerti, e che solo la cabina elettorale potrà affidare.

Il comparto del gioco pubblico, come al solito, è alla finestra: nella spasmodica attesa di conoscere la nuova compagine governativa e con il forte auspicio di poter ripartire da zero, nei rapporti con le istituzioni, dopo gli esiti a dir poco disastrosi dell'ultima legislatura. Che nella promessa di un riordino generale del settore, hanno portato alla semi-disfatta dell'industria. Nonostante gli sforzi compiuti dal sottosegretario all'Economia, con delega di giochi, Pier Paolo Baretta e i buoni propositi di “nuova gestione” del comparto, ma con i risultati, soltanto parziali, che hanno determinato problemi anche ingenti alle imprese. Basti pensare a quelle del Piemonte, vittime dell'incapacità dell'Esecutivo di prendere una posizione e di un potenziale “eccesso di potere” da parte dell'amministrazione locale: anche questa, per giunta, guidata dal Pd: proprio come l'Esecutivo che ha governato fino ad oggi. Inevitabile, quindi, una parziale sfiducia degli addetti ai lavori nei confronti del Partito Democratico, e la cui riconferma lascerebbe presagire anche una continuità nella (non) gestione delle politiche di gioco. Tanto più che l'ex premier e segretario del Partito, Matteo Renzi, ha addirittura esaltato quanto fatto finora nei confronto del settore, promettendo “di coinvolgere da subito un tavolo di associazioni del settore e i responsabili delle Regioni — all'inizio della legislatura — per la verifica dell'attuazione concreta delle norme”. Per un disco decisamente già sentito dagli operatori e che si ripete ormai da troppo tempo, senza arrivare ad alcuna soluzione.
La situazione non appare tuttavia migliore, per l'industria, pensando a un possibile governo a 5 Stelle, tenendo conto della dichiarata avversione del Movimento rispetto a questo settore ed ai vari proclami anti-gioco annunciati dai vertici. A partire dal candidato premier Luigi Di Maio, che ha promesso l'aumento delle tasse sul settore (dimenticando, forse, che il livello di tassazione attuale è già al di sopra di qualunque standard internazionale e molto più alto rispetto a qualunque altra industria nazionale), supportato anche dal collega Alessandro Di Battista, il quale, oltre alla maggiore tassazione, sembra essere tentato anche da una possibile abolizione. Come sarebbe del resto favorevole il senatore uscente del Movimento, Giovanni Endrizzi, che propone “la cancellazione del regime concessorio”
Dalle fila di Forza Italia, la questione del gioco pubblico sembra essere affrontata con maggiore prudenza. Con il candidato Antonio Palmieri che dice di essere “consapevoli che proibire il gioco legale avrebbe il solo effetto di alimentare il gioco illegale in mano alla malavita”. E con gli addetti ai lavori che hanno ancora chiaro in mente quello che considerano un “buon esempio di politica” fornito dal governatore della Liguria, Giovanni Toti, che a differenza dei suoi colleghi amministratori regionali, ha pensato bene di far slittare la propria legge “anti-gioco” in avanti nel tempo, promettendo di studiare approfonditamente i contenuti e possibili risvolti, prima della sua adozione. Evitando la chiusura di molte attività economiche, come la legge ligure minacciava di fare (e come sta avvenendo, al contrario, in Piemonte e come potrebbe accadere a breve in Emilia). Anche qui, tuttavia, c'è pur sempre da fare i conti con una coalizione che ingloba anche Fratelli D'Italia - notoriamente contrario al gioco - e la Lega, che al di là delle dichiarazioni del leader Matteo Salvini (comunque tutt'altro che favorevole al settore), rimandano inevitabilmente alla legge della Lombardia voluta fortemente dal governatore "padano" Roberto Maroni.
Insomma, anche stavolta il gioco è entrato a far parte in maniera significativa della campagna elettorale. Nonostante, verrebbe da dire, la semi-indifferenza degli italiani rispetto alla materia. Come rivelato anche dal recente sondaggio curato da Nomisma: “Il Manifesto degli Italiani. Le priorità di intervento richieste alla politica” secondo il quale Il gioco d’azzardo rientra in misura minore tra le preoccupazioni e, conseguentemente, tra le sollecitazioni di intervento (solo il 2,3 percento si esprime in tal senso)". Spiegando chiaramente come, pur rimanendo tra i punti di interesse, non raccolgono indicazioni prioritarie rispetto ad esigenze molto più incombenti le richiesti di politiche di contrasto al reato di stalking (2,8 percento), al gioco illegale (2,5 percento) e al contrabbando di sigarette e alcolici (1,7 percento). Mentre riguardo alle esigenze riconducibili alla categoria Sanità "emerge tangibile la richiesta di un sistema sanitario più efficiente. Trovando soltanto sul fondo della graduatoria le “attività di sensibilizzazione sugli effetti del gioco d’azzardo patologico (2,7 percento)".
Segno evidente che la classe dirigente sembra aver perso la bussola rispetto alle reali esigenze della cittadinanza e delle imprese. Rivelandosi sempre più lontana, nonostante le diverse derive populiste, sempre più evidenti in qualunque schieramento, come emerge chiaramente da questa campagna elettorale. Del resto, la crescente sfiducia nei confronti della politica non è certo un caso. E nonostante le votazioni del 4 marzo non saranno direttamente risolutive, permetteranno comunque di tirare una riga e ripartire da zero, con la riformulazione delle Camere e la costituzione di un nuovo Parlamento, oltre a quella del governo. Dichiarando chiusi i giochi, una volta per tutte: ma solo quelli elettorali, vogliamo augurarci.
 

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