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Dall'uscita dall'Euro all'uscita dai giochi, al nuovo governo

21 maggio 2018 - 09:46

Se la campagna elettorale di Lega e 5Stelle è stata accomunata dalla visione anti-Europa - poi rivisitata - la strategia di governo è all'unisono sui giochi: salvo ripensamenti.

Scritto da Alessio Crisantemi
Dall'uscita dall'Euro all'uscita dai giochi, al nuovo governo

La campagna mediatica pre (e post) elettorale del Movimento 5 Stelle e delle Lega è stata caratterizzata da una serie di cambiamenti e da qualche radicale dietro front, per una linea politica piuttosto altalenante e mal definita. Ma comunque coerente, seppure a suo modo. Basti pensare al “mai con Salvini” di Luigi Di Maio di appena un mese fa, o all'intesa sulla prosecuzione dei lavori sulla Torino-Lione dopo che il fronte NoTav era stato il campo di battaglia più agguerrito dei 5Stelle in campagna elettorale e fin dagli arbori del Movimento. Ma la politica, si sa, è l'arte della mediazione: e per arrivare alla definizione di un governo, senza una maggioranza assoluta, bisogna scendere a compressi. Ma se c'è una cosa di fronte alla quale i pentastellati non hanno mai dimostrato incertezze o perplessità è la battaglia contro il gioco d'azzardo. Trovando, in questo campo, un'intesa pressoché totale anche con la Lega. O almeno, così appare. Potendo addirittura dedicare un paragrafo del proprio documento di governo espressamente dedicato alla materia, senza tanti imbarazzi. E fin dalla prima versione, vista l'unione di intenti. Nonostante le variazioni progressive, di bozza in bozza, del contenuto di quello stesso paragrafo, assai controverso, ma sempre coerente con la linea “anti-gioco” delle due forze politiche: passando da una prima, confusa stesura (in cui il divieto assoluto di slot si contrapponeva a una limitazione delle istallazioni nel giro di poche righe), ad una più vaga formulazione (“necessaria una migliore regolamentazione del fenomeno”, si legge nel contratto definitivo) in cui si parla in maniera più prudente di una “strategia per l'uscita” dagli apparecchi da intrattenimento. Com'era prevedibile e, forse, inevitabile.

Del resto, come scriviamo già da tempo, l'uscita di scena delle slot ex lege non rappresenta di certo un piano facile da realizzare. E non tanto per via di quei cinque miliardi o giù di lì che il governo dovrebbe andare a cercare altrove, in tempi tutt'altro che floridi per le casse nazionali: ma anche – e soprattutto – per quei valori costituzionali che si andrebbero ad intaccare con un repentino cambio di paradigma come quello promesso dai leader populisti divenuti responsabili. Dal diritto di impresa al diritto al lavoro, pensando all'enorme problema di occupazione che si verrebbe a creare con una soluzione di questo tipo e, prima ancora, guardando semplicemente al fatto che lo Stato ha rilasciato delle concessioni della durata di nove anni che difficilmente si potrebbero interrompere prima della scadenza. Per questo abbiamo sempre ritenuto impensabile, malgrado i ripetuti annunci, anche solo ipotizzare un futuro prossimo “senza gioco” o soltanto senza slot, all'indomani dell'insediamento del nuovo governo. Più credibile, semmai, l'ipotesi di definire una exit strategy per l'uscita dal gioco, sull'obiettivo temporale della scadenza delle (principali) concessioni, prevista per il 2022. Sempre ammesso che anche questo scenario sia realizzabile. Non è un caso, tuttavia, che l'ultima stesura del contratto di governo vada proprio in questa direzione. Dopo le prime scritture piuttosto confuse del testo, evidentemente, qualcuno si sarà preoccupato di evidenziare le incoerenze e le possibili anomalie, optando per una formulazione sicuramente più vaga, ma apparentemente più ragionevole.
Ma al di là degli equivoci e dei retroscena politici, è interessante osservare quel poco di concreto che si può evincere dal documento di governo, per provare e delineare le future politiche sui giochi di questo eventuale Esecutivo giallo-verde. Pur non potendo individuare, per i giochi come per qualunque altra materia, quale sia l'ordine di priorità dell'ancora sedicente nuovo governo, avendo optato per una stesura di punti in ordine alfabetico, ciò che ricava dal testo è che il gioco pubblico è da ritenere una tematica che rientra tra gli obiettivi di “sicurezza e legalità” che la nuova squadra di si prefigge. Promettendo “una serie di misure per contrastare il fenomeno della dipendenza che crea forti danni sia socio sanitari che all’economia sana, reale e produttiva”. E fin qui, nulla da eccepire, anzi. Qualche dubbio, semmai, emerge nella definizione dei contenuti – seppure sommari – indicati per il raggiungimento di tali obiettivi. A partire dal “divieto assoluto di pubblicità e sponsorizzazioni”, rispetto al quale – come evidenziato già dalla Commissione Europea nella sua più volte citata raccomandazione del 2014 che rappresenta ancora oggi il punto di riferimento per i paesi dell'Unione – invita in maniera inequivocabile a non considerare l'ipotesi di vietare completamente la pubblicità nel settore (pur suggerendo interventi di vario genere per limitare incentivazione al gioco e rischi di dipendenza), spiegando come tale soluzione renderebbe indistinguibile l'offerta legale da quella illecita, ancora oggi molto frequente in Europa e nel mondo. Ciò significa, pertanto, che una scelta di questo tipo andrebbe sicuramente contro gli scopi di maggiore sicurezza che intende invece promuovere e raggiungere il nuovo governo. Senza poi contare, per giunta, che la scomparsa delle slot dal territorio nazionale comporterebbe una seria esposizione al rischio di ricaduta nel mercato illegale che andrebbe in direzione ancora più opposta non soltanto in termini di sicurezza, ma anche in ottica di legalità: l'altro obiettivo che dà il titolo al paragrafo di interesse del contratto di governo. Nulla da obiettare, invece, sugli obiettivi di prevenzione sia delle dipendenze che dell'evasione ed infiltrazioni criminali indicate nel programma, purché davvero realizzabili e in maniera più incisiva rispetto alle prescrizioni attuali (perché di certo ciò che è stato fatto fino ad oggi può risultare non adeguato, ma non significa che non esistano norme o azioni preventive).
Tutto questo per dire che il gioco pubblico (o d'azzardo, come preferisce ormai definirlo la nuova maggioranza politica) rappresenta una materia tutt'altro che semplice da trattare e governare, rispetto alla quale non bastano i buoni propositi né le convinzioni perbeniste o post-ideologiche, perché studiando a fondo la materia, ci si rende presto conto che la realtà è ben diversa dalle impressioni: con una propensione al gioco da parte degli italiani che è più difficile da moderare rispetto all'abitudine, rispetto alla quale si può invece intervenire. E ben vengano le proposte in questo senso, visto che l'obiettivo non può essere certo quello di lasciare completamente inalterato lo scenario attuale, evidentemente non sostenibile, per nessuno.

A proposito di sicurezza e legalità, ma anche (e soprattutto) di concretezza, sarebbe poi giunto il momento di guardare la materia anche da un altro punto di vista, più keynesiamo che liberale, relativo al virtuosismo dell'esistenza di un'offerta di gioco legale (purché sostenibile, di nuovo) in termini di contrasto all'evasione fiscale: altra pratica molto diffusa nel nostro paese, forse anche più del gioco pubblico. In un paese dove l'economia sommersa è talmente diffusa come in Italia, non c'è modo migliore del gioco per riportare in circolazione nel sistema economico nazionale dei capitali “neri”: ed è proprio questo il motivo per cui l'esistenza di un sistema di gioco legale era stato ritenuto “utile” anche da menti autorevoli come quella di Luigi Enaudi, che a suo tempo parlava di
auto tassazione dei cittadini, o tassazione spontanea (poi ribattezzata in tassazione degli stolti). Ma comunque efficace per riportare in circolo denari sconosciuti al Fisco. Fermo restando, quindi, –  e giova forse ripeterlo – che il solo fine non giustifica i mezzi, in questo caso, perché la materia fiscale non può prescindere dalla sostenibilità sociale o sanitaria – è altrettanto vero che due pilastri come sicurezza e legalità non possono ammettere demagogia. Per questa ragione, se il programma di governo si propone davvero questi ambiziosi obiettivi, che interessano e sfiorano anche le politiche sul gioco, l'Esecutivo avrà l'onere, insieme al dovere, di affrontare anche questa materia in maniera seria, approfondita e scevra da pregiudizi o ideologie, che mai aiutano il raggiungimento di qualsivoglia obiettivo. In questo caso la posta in gioco – per rimanere in tema – è troppo alta da non poter permettere passi falsi. Al nascente Esecutivo, dunque, l'onore e l'onere di provare a governare il paese, e i vari fenomeni che lo caratterizzano: giochi compresi. E se la nuova maggioranza riuscirà a trovare un equilibrio e una forma di sostenibilità per l'offerta di Stato, sarà già un risultato straordinario e senza precedenti, per il quale potersi distinguere.

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