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Tra populismo, burocrazia e iper-regolazione: così lo Stato uccide l'intrattenimento

27 giugno 2022 - 08:26

Il settore del “puro” intrattenimento è finito al centro di ogni attenzione dopo il (presunto) attacco al calcio balilla: ma la politica in campagna elettorale inveisce contro sé stessa.

Scritto da Alessio Crisantemi
Tra populismo, burocrazia e iper-regolazione: così lo Stato uccide l'intrattenimento

Ci voleva uno scandalo, anche solo presunto, per sollevare un'ondata di “indignazione popolare” nei confronti dello Stato che “uccide” il gioco di puro intrattenimento. E' accaduto in questi giorni, lo abbiamo visto tutti, dopo che la denuncia di alcuni operatori contro le norme che rischiano di far sparire certe forme di gioco senza vincita in denaro (e senza alcun tipo di controindicazione), come il calcio balilla, i flipper, il ping pong o le freccette, è finita sulle prime pagine di tutti i giornali, radio e tv. Anche se, a dirla tutta, più che una sollevazione popolare, è stata per lo più una presa di posizione politica, seguita da una campagna mediatica, da cui è scaturita anche la rivalsa popolare. Al punto che i vari gruppi politici si sono rimpallati tra loro in una sorta di gara per mettere il cappello sopra a quello che poteva apparire come un loro “risultato”, dopo che il regolatore è intervenuto per concedere tempi più ampi per il mantenimento in esercizio di questo tipo di giochi. Con l'obiettivo, evidentemente, di prendere tempo, in vista di un annunciato intervento legislativo che possa risolvere la situazione relativa alle omologazioni degli apparecchi da gioco senza vincita in denaro. In realtà, come sanno bene i nostri lettori, avendo qui seguito fin da principio tutte le vicende del comparto Amusement italiano, la situazione è tutt'altro che nuova, come pure la presunta soluzione dello slittamento dei termini, visto che il regolatore era già intervenuto concedendo la proroga prima che la materia finisse sotto i radar della politica. Quindi diventa difficile, se non insensato, anche solo attribuire quel risultato a qualunque gruppo parlamentare. Come ha ben spiegato il direttore generale dell'Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, Marcello Minenna, sottolineando come la situazione fosse già sotto esame da parte della stessa Agenzia, la quale era già al lavoro per la ricerca di una (vera) soluzione. Sì perché, nonostante spetti proprio all'ente regolatore istituire le norme tecniche relative all'omologazione dei giochi da autorizzare all'esercizio nei locali pubblici, la realtà dei fatti è che, stante il nostro ordinamento nazionale, l'Agenzia non può certo legiferare in maniera autonoma e indipendente ma può e deve soltanto rifarsi a quelle che sono le indicazioni del legislatore nazionale. E in questo caso, il testo di legge dedicato al gioco senza vincita in denaro ricevuto dal Parlamento (e ormai diverso tempo fa, non oggi), prevedeva espressamente l'omologazione di tutte le tipologie di giochi. Ivi compresa, dunque, quella di macchine palesemente innocue e puramente legittime come i calcetti, i flipper o le carambole di cui sopra. Tutti quei giochi cioè che sembra assurdo dover sottoporre a chissà quali controlli per verificare se possano nascondere meccanismi segreti o giochi di azzardo, non avendo neppure, nella maggior parte dei casi, neppure dell'elettronica di base. Un paradosso evidente, non c'è dubbio, ma che non è affatto nuovo e sicuramente neppure sconosciuto ai Monopoli di Stato, i quali avevano già suggerito allo stesso Legislatore una soluzione per uscire da questa situazione di impasse che rischiava davvero di vedere sparire quell'offerta di gioco senza contro indicazioni che lo Stato, al contrario, dovrebbe incentivare, invece di ostacolare, rappresentando l'unica possibile alternativa al gioco a vincita. Ma tant'è. E solo adesso la politica di accorge di questa assurdità, invocando a gran voce una soluzione.

Peccato però che quegli stessi parlamentari che oggi alzano i toni in difesa di un'offerta di gioco da salvaguardare, sono proprio gli stessi che quelle norme le avevano approvate, senza preoccuparsi in nessun modo degli effetti che avrebbero provocato nell'industria e, quindi, sull'ordine pubblico. E anche quando lo stesso regolatore o i rappresentanti dell'industria chiedevano degli interventi normativi per arginare una possibile deriva, venivano difficilmente ascoltati. Basti pensare che un primo intervento legislativo che era stato realizzato in Parlamento per arginare la situazione di crisi del comparto Amusement risale addirittura al 2012, per mano dell'allora sottosegretario all'economia, con delega ai giochi, Alberto Giorgetti. Salvo poi non trovare nessuna attuazione, fino ad arrivare alla situazione estrema (e davvero assurda) di oggi. Ma in tutti questi anni la politica non si era mai accorta della situazione. Solo adesso (guarda caso) in un clima già di prima campagna elettorale, il tema diventa di attenzione nazionale: sulla scia del caso delle sale lan che aveva già posto sotto i riflettori un'altra forma di intrattenimento, sollevando anche qui un'indignazione popolare. Anche se i due settori erano quasi in conflitto tra loro: e continuano, anzi, ad esserlo, visto che le vere soluzioni non sono ancora state individuate, in nessuno dei due casi, ma abbiamo soltanto assisitito a un susseguirsi di proroghe per il mantenimento generale dello status quo, su tutti i fronti. Anche se la situazione attuale continua ad essere quella non ottimale che ha causato la crisi e le varie incertezze alle origini di ogni problema.

Quale potrebbe essere dunque la soluzione di tutti i problemi del gioco di puro intrattenimento? La soluzione è semplice, almeno per quanto riguarda lo strumento, in quanto coincide con la stessa ricetta già proposta per il gioco a vincita: ovvero, quella del riordino generale del comparto, che dovrebbe consistere né più né meno in una riforma generale dell'intero comparto del gioco pubblico. Il quale, appunto, comprende entrambe le forme di intrattenimento (a vincita, e non). Solo attraverso un vero riordino si potranno mettere a punto le tante e davvero troppe storture che compromettono l'intero sistema, individuando nuove regole di distribuzione dei giochi, andando quindi a risolvere anche (e soprattutto) i vari conflitti in essere sui territori. La strada, peraltro, era già stata delineata dal governo, che aveva proposto una riforma completa attraverso il ricorso allo strumento della legge delega. Peccato però che quell'iniziativa sia ancora bloccata a Palazzo Chigi, da mesi, in attesa di uno spazio utile in Consiglio dei Ministri. E intanto il tempo passa, il settore soccombe, e la legislatura volge al termine: mentre tutto intorno la campagna elettorale impazza.

(Foto di Martin Gauger da Pixabay) 

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