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Non è mai troppo tardi per un riordino

04 luglio 2022 - 13:54

Tra concessioni in scadenza, questione territoriale e contenziosi, diventa sempre più urgente la riforma del gioco: ma non è detta ancora l’ultima.

Scritto da Alessio Crisantemi
Non è mai troppo tardi per un riordino

Diciamolo pure: il riordino del gioco pubblico non può essere una priorità del governo. Non in questo momento, così complesso e delicato, condizionato dal conflitto in Ucraina e dalle sue molteplici conseguenze, che si vanno ad assommare a quelle provocate dalla pandemia, la quale non sembra ancora voler abbandonare l’Italia. Eppure, l’altra grande priorità nazionale che sta riempiendo da qualche mese l’agenda dell’intero esecutivo, ovvero quella del Pnrr e della sua attuazione progressiva per la corretta destinazione dei fondi europei, dovrebbe imporre la trattazione di tutti i settori e l’esecuzione di tutte quelle riforme che possano tradursi in posti di lavoro e contribuire alla stabilità economica del paese.

E il gioco pubblico, quale comparto ad alto tasso tecnologico e tra i primi in termini di impiego di personale altamente qualificato, non dovrebbe passare inosservato, tenendo conto del contributo che lo stesso Pnrr vorrebbe destinare alle aziende dell’hi-tech. In questo senso, dunque, la riforma del gioco - senza la quale il comparto non è in grado neppure di operare con continuità e ancor meno di investire in nuovi sviluppi - pur non essendo comunque prioritaria, diventa però necessaria e forse pure inevitabile, per uno Stato che intenda lavorare a un vero rilancio dell’economia e puntare a una piena sostenibilità. Due obiettivi, questi, che rappresentano alcuni dei driver principali del Piano nazionale di ripresa e resilienza. E che dovrebbero quindi influenzare l’attività governativa, su tutti i fronti.

Ma il gioco, evidentemente, fa sempre eccezione. Ancora oggi. Al punto che anche quella legge di delega sul gioco che avrebbe dovuto dare il “la” al riordino e che sembrava cosa già fatta, non è mai approdata in Consiglio dei Ministro, e sembra ormai essere sparita dai radar del governo. Eppure, non è ancora detta l’ultima. Nonostante i tempi inizino a diventare particolarmente critici, con il count-down verso la scadenza della legislatura già partito da tempo, si potrebbe sempre assistere a un (gradito) colpo di scena. Come spiega il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, in un’intervista rilasciata alla rivista Gioco News e pubblicata sul numero di luglio e agosto, se entro l’estate il Consiglio dei Ministri licenziasse il testo allora ci sarebbero ancora “buone chances” di veder concluso anche l’iter parlamentare in questa legislatura.

Un buon auspicio, non c’è dubbio. E una parziale rassicurazione per chi, nel settore, si era già rassegnato a non veder mai compiuto alcun passo verso la riforma generale del comparto, come già accaduto con i precedenti governi. Ma è pur sempre una mera speranza, e un’ulteriore (mezza) promessa. Delle quali gli addetti ai lavori non sanno più cosa farsene, dopo che tutti i nodi che si sono continuati ad attorcigliare in questi anni stanno venendo al pettine. Con l’antica “Questione territoriale” che sta esplodendo su vari territori altamente critici, come nel Lazio, dove stanno per scadere i termini per l’esercizio dei giochi di Stato: e con le tante altre questioni, vecchie e nuove, che stanno minando le varie attività economiche del paese. Si guardi ad esempio al caso del comparto Amusement, che sta assumendo connotati a dir poco grotteschi, dopo i giochi di accuse e scuse tra industria, istituzioni e parlamento, o a quello delle banche, che continua a compromettere la vita quotidiana di tante piccole e media imprese del settore.

Insomma, di tempo ne è passato fin troppo dall’annuncio del riordino e dalla prima stesura di legge delega, e le situazioni sul campo sono oggi fin troppo compromesse: ma se governo e parlamento decideranno ora di intervenire sulla materia, i tempi lo consentirebbero. Perché non è mai troppo tardi per fare della buona politica, anche se nel nostro paese sembra si stia perdendo davvero l’abitudine.

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