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Pucci (As.Tro): "Il gioco lecito italiano entra nella ‘realtà’ del Paese"

01 aprile 2014 - 16:27

“Le prime ripercussioni sullo stato di abbandono a cui il sistema gioco lecito è stato relegato, per la complessità ‘politica’ di dotarlo di un idoneo apparato di tutele, si stanno affacciando. La dinamicità con cui nel nostro settore si evolvono gli eventi, tuttavia, fa presagire l’inizio di una spirale vorticosa che a molti farà piacere (inutile negarlo), ma che in altro non si tradurrà se non nella messa in mobilità per centinaia (per ora, migliaia già dopo l’estate) di dipendenti – operai – tecnici specializzati”. Lo afferma il presidente As.Tro, Massimiliano Pucci.

Scritto da Redazione
Pucci (As.Tro): "Il gioco lecito italiano entra nella ‘realtà’ del Paese"

 

“Proprio nel momento in cui il gioco non autorizzato segna il sorpasso di fatturato su quello che le autorizzazioni le possiede (cautela terminologica per non cadere in quella assimilazione di illegalità foriera di ‘querele dall’estero’), iniziano a pervenire i primi ‘programmi di ridimensionamento’ – ‘razionalizzazione’ – ‘dismissioni di asset’ , tutte formule auliche per descrivere quel fenomeno di crisi che ha cause certe ed effetti ineludibili: cacciando il gioco lecito le aziende che lo pratica(va)no iniziano a chiudere, mentre proliferano punti di gioco ‘alieni’ per il circuito istituzionale (e variamente denominati e dotati di servizi ‘alternativi’)”.

Secondo Pucci “Dall’Alto Agide alla Campania, dalla Lombardia alla Puglia, dalla Liguria alla Toscana, il numero di sale scommesse autorizzate, di sale dedicate al gioco lecito licenziate dalla Questura, di società di gestione e produzione di apparecchi, che hanno iniziato un percorso di ‘contrazione’ si eleva sempre più. Del resto i dati sono presto detti: le slot perdono mediamente l’8-8,5% della raccolta ogni anno dal 2011, le Vlt aumentano il rispettivo volume di giocato solo per l’incremento degli esemplari ‘messi in esercizio’ (calando, quindi, la ‘specifica resa di prodotto’), mentre tutti gli altri giochi a stento contengono la flessione che li caratterizza da oramai quattro anni. Le cause di tale declino, come annunciato, sono chiare ed evidenti, e paradossalmente non interessano più a nessuno: che importanza ha oramai, infatti, indicare nelle disposizioni locali anti-slot, piuttosto che nell’impossibilità di punire effettivamente l’esercizio del gioco non autorizzato, ovvero nella pressione fiscale effettiva (da non confondersi con quella mediaticamente recepita) le cause di una dismissione industriale. Il gioco lecito in Italia è oramai etichettato come ‘non normale’ e quindi ‘non tutelabile’. Certo è che, per dirla tutta, è molto difficile chiedere proprio al gioco lecito quel requisito di ‘normalità’, di raro reperimento in ogni segmento della Nazione. L’ultimo esempio lo ha fornito il nostro ‘attivo’ Parlamento, che un secondo dopo l’approvazione della legge delega fiscale (che contempla il riordino normativo e distributivo di tutto il comparto gioco), vota in commissione un disegno di legge che introduce una ‘moratoria’ per cinque anni per il comparto. Normale! Ciò che ‘sfugge’ a tutti coloro che pensano sia ‘normale’ legiferare sul gioco secondo tale metodo, è che le aziende del settore, purtroppo, sono ‘normalissime’ entità imprenditoriali che non riescono a tenere il passo di tali oscillazioni, e che quindi, dovranno cessare ogni forma di condotta industriale in senso stretto (investimenti, ricerca, sviluppo, occupazione). A prescindere dal gioco, quindi, si cerchi di normalizzare il Paese, liberandolo da quelle dinamiche eccentriche che lo stanno condannando all’implosione, per impossibilità di rimuovere i propri ingranaggi difettosi. In un Paese normale anche il gioco ‘di Stato’ tornerà a essere normale almeno nella misura in cui ‘lo Stato’ saprà esserlo”.

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