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Gioco, il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni

03 gennaio 2018 - 09:08

Il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni: il criterio costituzionale per risolvere la problematica sorta con il caso Piemonte.

Scritto da Avv. Andrea Strata
Gioco, il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni

 

Il testo della Legge di Bilancio 2018 (Legge 27.12.2017 n. 205) impone delle riflessioni sul valore giuridico da attribuire all’intesa raggiunta il 7 settembre 2017 in sede di Conferenza Unificata.
Come noto, l’Intesa tra Governo, Regioni ed Enti locali avrebbe dovuto essere recepita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze in un apposito decreto ministeriale, da emanarsi entro il 31 ottobre 2017; decreto che, per ragioni che esulano dal presente contributo, non è stato ancora emanato.
Così, allo stato attuale, l’Intesa (rectius, parte di essa) è stata sostanzialmente ratificata dalla Legge di Bilancio, che come è avvenuto negli ultimi anni, interviene per colmare le lacune del sistema con provvedimenti purtroppo poco chiari e non organici.
È proprio ciò che è avvenuto con il comma 1049 dell’ultima legge finanziaria; norma che, invece di fare chiarezza in merito alle criticità emerse tra Stato e Regioni anche successivamente all’intesa (vedi il caso Piemonte), continua a “gettare benzina sul fuoco”.
La disposizione normativa appena richiamata, infatti, prevede che “…le regioni adeguano le proprie leggi in materia di dislocazione dei punti vendita del gioco pubblico all’intesa sancita in sede di conferenza unificata in data 7 settembre 2017” (le evidenziature sono ad opera dell’autore).
Ebbene, in questa sede non si vuole porre l’attenzione sulla “superficialità” del legislatore laddove, da una parte non prescrive alle Regioni alcun termine per adeguare le proprie leggi al contenuto dell’intesa e, dall’altra, afferma impropriamente che le leggi regionali riguardano la “materia di dislocazione di punti vendita” (aspetto, invero, di pertinenza dei comuni, seppur alla luce dei principi contenuti nelle leggi regionali le quali, come noto, hanno statuito in tema di distanze dai c.d. luoghi sensibili, argomento conosciuto nel settore con il termine “distanziometro”).

Ciò che, invece, sembra interessante comprendere è come si possano conciliare concretamente due punti previsti dall’intesa che, se non coordinati tra loro, potrebbero essere fonte di un’ulteriore stagione di contenziosi.
Stiamo parlando delle seguenti prescrizioni rinvenibili dal testo dell’intesa:
- le Regioni e gli Enti locali, al fine di una maggiore efficacia nella prevenzione dei minori e nella lotta alla ludopatia, nonché nel contrasto al gioco illegale, dovranno adottare criteri che consentano una equilibrata distribuzione nel territorio dei punti vendita con attività di gioco prevalente;
- le disposizioni relative al contrasto delle patologie afferenti alla dipendenza da gioco d’azzardo emanate da ogni Regione o Provincia autonoma, se prevedono una tutela maggiore, continueranno comunque ad esplicare la loro efficacia.

Dunque, da una parte le normative regionali attualmente in vigore che prevedono una “forma di tutela maggiore” continueranno ad essere efficaci, mentre dall’altra le Regioni e gli Enti locali dovranno prevedere “una equilibrata distribuzione nel territorio” dei punti vendita di gioco.
Come si conciliano tra loro queste due istanze, laddove vi sono normative regionali che, al fine della tutela della popolazione, implicano, di fatto, l’allontanamento dei punti di gioco dal territorio tramite lo strumento del “distanziometro” senza quindi poter garantire un’equilibrata distribuzione?
Il decreto di recepimento dell’intesa (non ancora emanato) ovvero la Legge di Bilancio 2018 avrebbero potuto e dovuto chiarire questo dilemma, in modo da arginare il rischio concreto di ulteriori contrasti tra Stato centrale ed Enti locali, che vanificano gli sforzi fatti per raggiungere l’intesa.
Viceversa, la Legge di Bilancio 2018 si limita a statuire che le Regioni adegueranno le proprie leggi all’intesa, dimenticandosi però che proprio l’intesa faceva salvi i provvedimenti regionali attualmente in vigore contenenti forme di tutela maggiore per il contrasto delle patologie da gioco d’azzardo.
È evidente che il contrasto è insito nel testo dell’intesa e, laddove la politica non sia capace di porvi rimedio, occorre intervenire sul piano giudiziario.
Come spesso accade quando le questioni giuridiche non appaiono compiutamente definite, bisogna fare ricorso ai principi generali del nostro ordinamento, principi costituzionalmente garantiti.
La delicatezza del tema impone di prendere le mosse dal significato attribuito dal nostro legislatore alle “intese”. La Corte Costituzionale ha più volte evidenziato che le intese in sede di Conferenza Stato-Regioni rappresentano la via maestra per conciliare esigenze unitarie e governo autonomo del territorio.
La Consulta ha precisato che in ambiti caratterizzati da una pluralità di competenze (come nella materia del gioco), qualora non risulti possibile comporre il concorso di competenze statali e regionali mediante un criterio di prevalenza, è costituzionalmente legittimo l’intervento del legislatore statale, purché agisca nel rispetto del principio di leale collaborazione che vede in ogni caso permeare di sé i rapporti tra lo Stato e il sistema delle autonomie.
Il principio di leale collaborazione che si realizza mediante le intese impone alle parti che sottoscrivono un accordo ufficiale di tener fede all’impegno assunto. Un provvedimento contrario al principio costituzionale di leale collaborazione sarebbe illegittimo e sottoposto al vaglio della Corte Costituzionale.
Con l’intesa del 7 settembre il Governo, le Regioni e gli Enti locali, dopo oltre un anno di incontri sull’argomento, hanno condiviso un percorso: il Governo per la prima volta è intervenuto riducendo sensibilmente l’offerta di gioco. Dal canto loro, le Regioni e gli Enti locali dovranno comunque tener conto degli investimenti esistenti effettuati dagli operatori del settore e relativi agli attuali punti di vendita con attività di gioco prevalente. Inoltre, tali Enti potranno prevedere un’interruzione dell’attività di gioco che non sia superiore a 6 ore giornaliere complessive.
Come abbiamo visto, le Leggi Regionali sino ad oggi in vigore potranno comunque continuare ad esplicare la loro efficacia, prevedendo anche forme maggiori di tutela per la popolazione, purché, ovviamente, vengano rispettati i principi concordati con il Governo in ordine agli investimenti effettuati ed agli orari di interruzione del gioco (max 6 ore).
Diversamente, verrebbe meno la leale collaborazione tra Stato e Regioni e lo spirito collaborativo che richiede la nostra Carta Costituzionale.
Qualsiasi provvedimento - statale o regionale che sia - non conforme alla ratio dell’intesa raggiunta il 7 settembre 2017, potrà essere sottoposto al vaglio di legittimità costituzionale per violazione del principio di leale collaborazione.
Il mio Studio è stato già incaricato da alcuni operatori al fine di fare chiarezza e fornire il proprio parere circa la legittimità costituzionale di molteplici norme regionali, apparentemente non in linea con l’intesa raggiunta in Conferenza Unificata e, dunque, potenzialmente lesive del principio di leale collaborazione.
Nella speranza, comunque, che la pubblica amministrazione agisca con senso di responsabilità, senza sbandierare la “politica antigioco” in questo periodo di campagna elettorale, ma cercando quel necessario equilibrio che il settore richiede attesi i diversi interessi pubblici coinvolti.

 

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