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CdS: 'Mancata raccolta di gioco e mancato controllo, giusta decadenza diritto d'esercizio'

09 aprile 2024 - 16:56

Il Consiglio di Stato conferma la decadenza dell'autorizzazione per un punto gioco a carico di un concessionario per aver violato il dovere di vigilanza sul gestore che svolgeva una parallela attività di raccolta irregolare per un bookmaker non autorizzato.

Scritto da Fm
Palazzo Spada © Giustizia amministrativa - Sito web

Palazzo Spada © Giustizia amministrativa - Sito web

“Dal complesso degli atti di causa appare provata la violazione, da parte dell’appellante, del dovere di vigilare sulla raccolta del gioco con modalità diverse da quelle autorizzate, nonché sul divieto di intermediazione nella raccolta del gioco a distanza, non addebitabili unicamente ai gestori dei locali, che risultavano comunque connessi ai sistemi telematici e potevano ricevere scommesse soltanto in quanto connessi con quei terminali. Sussiste l’obbligo, a carico della concessionaria, alla luce di quanto previsto nella convenzione accessoria alla concessione, di assicurare l’osservanza dei divieti anche da parte di tutti gli operatori della propria filiera, determinandosi in capo a questa la piena responsabilità del comportamento di tali soggetti, non configurabile come una responsabilità oggettiva o per fatto altrui, bensì, alla luce delle norme richiamate, come responsabilità connotata dal profilo della personalità discendente dai diretti obblighi di vigilanza e di controllo”.

 

Così, richiamando un principio noto e sacrosanto, il Consiglio di Stato respinge l'appello proposto da una concessionaria per la raccolta delle scommesse sportive online su eventi ippici e sportivi per la riforma di una sentenza del Tar Lazio che ha confermato la validità del provvedimento con cui l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha dichiarato decaduto il titolo autorizzatorio limitatamente a un punto di gioco sportivo per avere “consentito, in violazione degli specifici impegni assunti con la sottoscrizione della convenzione accessiva, che, all'interno di uno dei suoi punti di gioco, avvenisse la raccolta abusiva delle scommesse”.

 

Una decadenza giustificata, secondo il Tar Lazio, dalla condotta dell’appellante.

Il provvedimento di decadenza oggetto di impugnazione in primo grado, ricorda la sentenza del Consiglio di Stato, “si fondava su due motivazioni: 1. la presunta omessa vigilanza da parte dell’appellante sull’attività del gestore del punto scommesse presso il quale era ubicato il diritto (oggetto della decadenza); in tesi, la concessionaria non si sarebbe avveduta del fatto che il punto, in costanza dell’attività di raccolta del gioco regolare espletata per conto dell’appellante, svolgeva dal 2013 una parallela attività di raccolta irregolare per conto di una società all’epoca priva di concessione e avrebbe mancato altresì di notiziarne l’Agenzia delle dogane e dei monopoli, come previsto dall’art. 4, punto 6 lett. d) ed e) della convenzione; 2. la mancata raccolta di gioco con il diritto oggetto della decadenza presso il punto, protratta per oltre novanta giorni”.

 

I giudici di Palazzo Spada quindi rimarcano che nella filiera del gioco pubblico “la posizione dell'esercente assume rilievo sia nel momento genetico che nella fase esecutiva dell'attività di raccolta delle scommesse. Sotto il profilo genetico, l'autorizzazione all'attivazione della rete e all'esercizio dei punti di vendita dei giochi, rilasciata al concessionario, è subordinata al positivo riscontro (e mantenimento) del possesso di una serie di requisiti soggettivi ed oggettivi relativi sia all'esercente del punto di vendita che allo stesso esercizio commerciale, riscontro che viene effettuato ex ante dall'Adm mediante apposite 'verifiche amministrative' (come si evince tra l'altro dall'art. 4, comma 1, lett. a), del contratto di commercializzazione) oppure dal concessionario che opera nell'interesse del concedente nell'ambito di un rapporto pubblicistico.

Sotto il profilo funzionale, una volta autorizzato, il punto di vendita rimane soggetto ex post, nel corso del rapporto, al potere 'di verifica e di controllo', oltre che sanzionatorio (come prevede la convezione), dell'Adm in relazione al rispetto dei requisiti stabiliti per svolgere l'attività di raccolta delle scommesse, oltre alle indicazioni contenute nelle circolari e nelle disposizioni del concedente (art. 4, lett. a); art. 5 lett. c), j), l), p), u), z); art. 8, commi 3 e 4, del contratto di commercializzazione)”.

In particolare "il concessionario è tenuto a garantire la continuità del servizio presso il singolo punto di vendita di gioco sportivo. L'interruzione del servizio per un periodo di tempo superiore a 30 giorni, anche non continuativi nell'anno solare per i negozi di gioco sportivo, ovvero superiore a 90 giorni, anche non continuativi nell'anno solare per i punti di gioco sportivo, determina la decadenza del diritto".

Inoltre il Collegio osserva che “le concessioni in materia di giochi contengono, in applicazione della pertinente disciplina normativa, disposizioni analitiche e rigorose che trovano il loro fondamento, tra l’altro, proprio nella relativa facilità con la quale potrebbero essere messe in atto condotte elusive, particolarmente rilevanti in un settore cui per evidenti e note ragioni di pubblico interesse si attribuisce significativa valenza sia con riferimento agli interessi dell’Erario sia, più in generale, per ragioni attinenti la tutela della sicurezza pubblica e di prevenzione e contrasto al fenomeno della ludopatia.

Il Collegio rileva poi, sul piano generale, profili di contraddizione nelle argomentazioni difensive nella misura in cui da una parte queste negano che si siano realizzati illeciti, dall’altra escludono un dovere specifico di controllo sugli esercenti, nei termini ritenuti cogenti dalla sentenza impugnata. Tali profili di contraddittorietà come osservato da questa Sezione in occasione di analoghi contenziosi (Consiglio di Stato, Sezione VII, n. 7510/2022), appaiono significativi e rilevanti”.

 

 

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