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Leggi regionali anti-slot: quale futuro per i 200mila addetti del comparto gioco lecito?

28 aprile 2014 - 11:54

L’ultima legge regionale anti-slot a ricevere il benestare del Governo, sotto forma di mancata impugnativa della disciplina locale lesiva del monopolio pubblico in materia di gioco, è quella del Friuli Venezia Giulia, territorio “martoriato” dalla crisi dell’edilizia – dell’artigianato – e della piccola e media impresa in generale, con interi distretti ridotti a capannoni abbandonati. E' quanto afferma l'associazione As.tro.

Scritto da Gt
Leggi regionali anti-slot: quale futuro per i 200mila addetti del comparto gioco lecito?


Il consiglio regionale di tale territorio, però, "che già vanta un livello di insediamento di centri scommesse non autorizzate da far rabbrividire, ha ritenuto di lavorare giorno e notte per istituire un distanziometro tra luoghi sensibili e congegni leciti. Il lavoro che non c’è è la priorità (anche) mediatica che attualmente caratterizza l’Esecutivo. Non è questa la sede per commentare il c.d. “job act”, ma sicuramente si deve evidenziare anche la notevole difficoltà con cui tutti i comparti industriali italiani mantengono gli attuali livelli occupazionali (altrimenti non si piega la perdurante emorragia, ancora in corso, di 1000 posti di lavoro al giorno) : ciò fa sorgere il timore che a fronte di un programma per l’abbattimento della disoccupazione “di adesso”, non si contrasti la voragine imminente per “gli attuali addetti” che l’occupazione rischiano di perderla.  Il caso del comparto gioco lecito è un esempio eclatante di tutto ciò, soprattutto perché ci si ostina a non “studiarlo” dal punto di vista industriale e a non comprendere il ruolo di attrazione recessiva di carattere generale a cui si assisterà, a seguito della “aggressione” in atto al segmento degli apparecchi da gioco legale. Non servono master in economia per capire che se un prodotto (di gioco lecito) ha avuto un ruolo “trainante” per lo sviluppo del comparto, generando un segmento ad elevata performance erariale e di valore aggiunto (Preu, numero di aziende, numero di esercizi e tabaccherie raggiunte dal servizio, occupazione, livelli di investimenti), il crollo di tale “prodotto” genererà la caduta di tutto il residuo sistema gioco lecito. E che gli apparecchi abbiano avuto il “descritto ruolo trainante” crediamo sia assodato dal mero raffronto tra il “valore” del comparto registrato nel 2003 e quello ora vigente.
Il crollo del segmento apparecchi da gioco è come una frana già decretata di caduta con scientifica certezza dagli algoritmi geologici vigenti: Liguria, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Agide, Toscana, Puglia, Abruzzo, e presto anche Veneto e Umbria, sono già regioni anti-slot lecite, e rappresentano il 75% del Territorio in cui l’apparecchio “dello Stato” raccoglie gioco. In dette aree i congegni autorizzati non sono stati ancora tutti rimossi, ovviamente (ciò equivarrebbe alla caduta della frana), ma si stanno implementando ogni giorno le condizioni per che ciò avvenga.
In tali aree non sono consentite nuove installazioni di apparecchi, in quanto il distanziometro introdotto dalle Leggi Regionali, equivale alla “sensibilizzazione” di tutto il territorio (e già il blocco dello sviluppo è solitamente avvio di regressione automatica).
L’effetto “finale” poi si realizzerà attraverso il fisiologico ricambio delle gestioni degli esercizi, grazie al quale la progressiva liberazione di dette zone dal gioco legale e controllato costituirà consegna dei territori alle “offerte di prodotti” che legali e controllati non sono, e che già oggi, in Italia,“fatturano” più del circuito autorizzato (per l’esattezza 23 miliardi contro 17,8).
Se il 75% del suolo italiano si avvicina, pertanto, al punto di non ritorno, ovvero al momento in cui il solo congegno da gioco che sarà ivi reperibile si caratterizzerà per estrazione “non autorizzata – non controllata – non tassata”, è evidente che l’implosione dell’industria legale del gioco è già in fase di conto alla rovescia.
Con tutto il rispetto (relativo) con cui ci si può approcciare verso quell’etica che contrasta il diritto-dovere dello Stato di governare un prodotto che non può non essere di pubblico monopolio, la questione relativa alla “fine” che toccherà ai 200 mila addetti del comparto non potrà finire sotto silenzio", aggiunge l'associazione degli operatori del gioco lecito.
All’alba dell’imminente tornata elettorale "esiste un popolo di lavoratori che chiede al proprio Governo di sapere se il loro lavoro “onesto e trasparente” sarà ancora in essere, ben consapevoli che la (eventuale) risposta affermativa non costa neppure un centesimo alle casse erariale (anzi), e che l’eventuale risposta negativa nutrirà solo una etica predisposizione di animo di 93.000 persone (i firmatari delle c.d. legge abrogativa del gioco)", conclude.

 

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