skin

Un nuovo ‘gioco lecito’: Taraddei (As.Tro) ‘Tutto a portata di mano’

24 giugno 2014 - 16:26

“Mettiamo da parte per un istante le aggressioni di stampo ‘politico’ avanzate verso il sistema gioco lecito, ovvero gli attacchi che non fondano il rispettivo merito sulle mancate evoluzioni del sistema gioco legale, ma che hanno costituito solo ragione di schermaglia politica tra partiti o tra sostenitori di partiti.

Scritto da Redazione
Un nuovo ‘gioco lecito’: Taraddei (As.Tro) ‘Tutto a portata di mano’

Mettiamo anche da parte chi ha bisogno del tema del gioco per parlare di ‘etica’ in un Paese dove, evidentemente, non si ravvisa nessun altro ambito a più consolidato bisogno di tale approfondimento. Le ‘censure’ che all’attuale sistema di gioco legale si rivolgono sotto forma di critica e di ‘allontanamento’ dai centri delle città sono fondamentalmente tre, e la limitatezza di detto numero dovrebbe già far pensare ad una tendenziale ‘risolvibilità’ di esse, qualora affrontate con serietà, scientificità, concretezza. Descriviamole in modo ‘semplice’ come farebbe l’uomo della strada informato (alias condizionato) dai media”. Lo afferma Silvia Taraddei direttore generale As.tro. “La prima. Al gioco si perde e quindi ci si rovina. La seconda. I ‘rovinati sono già tanti e si rischia una epidemia’. La terza. ‘Quelli del gioco’ pagano poche tasse mentre tutto il Paese è strozzato dalla crisi. Invertiamo l’ordine delle risposte: dall’ultima ricerca condotta dal più acerrimo nemico del gioco (sia lecito che illecito, ma soprattutto quello lecito, in quanto è ad esso solo che si può rimproverare di esistere alla luce del sole), si evincerebbe che l’industria del gioco autorizzato sarebbe ‘stremata’ da debiti contratti per comprare forme di gioco che poi ‘non rendono abbastanza’. Le attività che realizzano tanto ‘volume’ ma che non ‘rendono’ sono quelle affossate dalla pressione fiscale, e quindi pare che sul tema la risoluzione del problema non spetti alle Istituzioni ma a quei media che nell’informare i cittadini hanno sempre confuso la spesa /resa di gioco con il volume generale di raccolta. I malati certi di Gap sono 7.000, ma un altro migliaio di persone, prese in carico da strutture del terzo settore per problemi legati al gioco, potrebbero verosimilmente esserlo. I malati ‘potenziali’ di Gap sono i restanti 52 milioni di abitanti, tutti rigorosamente aggredibili anche dalle più svariate forme di dipendenza che la contemporaneità rende elemento esistenziale ineludibile della società. Sicuramente i dati economici del settore ‘autorizzato’ smentiscono la capacità ‘epidemiologica’ del gioco lecito, mentre quelli del gioco illegale (23 miliardi di euro nel solo 2013), possono effettivamente comprovare la generazione di qualche ‘rovinoso’ effetto socio-sanitario. Che al gioco si perda (a livello di sistema) è un dato fisiologico derivante dal fatto che si tratta di una attività economica da cui l’Erario deve trarre una risorsa sicura e indipendente dalla fortuna, unitamente alla remunerazione per gli operatori. Il fatto che si perda tanto o poco, troppo in troppo poco tempo, ecc. ecc. dipende esclusivamente dalle ‘specifiche tecniche’ di un singolo prodotto e del suo sistema tecnico-distributivo. Sino ad oggi tali ‘specifiche’ sono state concepite in ‘funzione’ di un importo di quota erariale che si doveva assicurare preventivamente alle casse dello Stato. Se da domani ‘mutasse’ il parametro principale di riferimento (per esempio adottandone uno strutturato sul principio della ‘massima perdita generabile’), le specifiche ‘tecniche’ dovrebbero ‘adeguarsi’. Sparirebbe la ‘censura’ relativa alla equivalenza tra gioco e ‘rovina’, in favore di altre tipologie di equivalenza: quella che associa al gioco irresponsabilmente eccesivo un giudizio di disvalore civico e giuridico nei confronti dell’utente che viola ammonimenti e istruzioni, quella che abbina al gioco di sorte ‘condotto normalmente’ (ovvero senza ripercussioni patologiche ) la più assoluta della indifferenza e irrilevanza. Il gioco legale è assoggettato da ‘specifiche tecniche istituzionalmente generate e verificate’, mentre quello irregolare è libero di gestirsi come meglio ritiene opportuno. Non c’è operatore del settore legale che non sia disposto ad investire risorse e a rinunciare a quote di marginalità a fronte di una sistematica revisione delle ‘specifiche’ dei prodotti che meglio garantisca le esigenze socio-sanitarie e la tutela del (solo) gioco autorizzato. Per raggiungere tale obiettivo serve solo ‘una politica’ che lo elevi a istruzione operativa vincolante, e che sappia cosa chiedere al gioco lecito: ‘evoluzione o scomparsa’”.

 

Articoli correlati