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Tar Lazio revoca cancellazione dal Ries: 'Disposta in modo illegittimo'

03 luglio 2020 - 11:03

Il Tar Lazio accoglie ricorso di due operatori di gioco contro cancellazione dal Ries in quanto disposta dai Monopoli di Stato 'in modo illegittimo'.

Scritto da Fm
Tar Lazio revoca cancellazione dal Ries: 'Disposta in modo illegittimo'

L’amministrazione, in seguito ai controlli effettuati, ha disposto in modo illegittimo la cancellazione dell’iscrizione sulla base dell’erronea assenza in radice di un requisito (possesso della quietanza) non previsto per il buon esito del procedimento di rinnovo”.

A sancirlo è il Tar Lazio, nelle due sentenze con cui accoglie i ricorsi di altrettante società contro la cancellazione dall’elenco degli operatori degli apparecchi e terminali di intrattenimento disposta dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli a causa di irregolarità verificatesi in occasione del procedimento di rinnovo annuale dell’iscrizione.

I giudici quindi hanno annullato il provvedimento di cancellazione dall’elenco e quello di conferma della cancellazione, emanati “a seguito dell’autocertificazione del 'possesso' della quietanza di pagamento, sebbene sia poi emerso, in sede di controllo, che mentre il versamento è stato effettivamente realizzato nella data indicata nell’autocertificazione, la quietanza di pagamento risulta invece essere stata rilasciata in una data successiva a quella autocertificata”.
 
Il ricorrente, si legge nella sentenza, ha “chiesto ed ottenuto l’iscrizione nell’elenco in sede di rinnovo sulla base della ricorrenza dei presupposti previsti dall’art. 8, comma 4, del decreto direttoriale dell’Aams (ora Adm, Ndr) del 9 settembre 2011, n. 31857, adempiendo entro il termine previsto l’obbligazione tributaria. Tra questi requisiti non rientra, come detto, la prova dell’estinzione anticipata dell’obbligazione tributaria da attestare mediante il possesso della quietanza.
Ciò comporta che l’erronea indicazione dell’autocertificazione del 'possesso' della quietanza non si risolve in una dichiarazione falsa sul possesso di un requisito prescritto dal decreto. Non essendo infatti il possesso della quietanza (e quindi la prova dell’estinzione anticipata del rapporto tributario) un requisito richiesto per il buon esito del procedimento di rinnovo, la dichiarazione sulla sua sussistenza, al momento della domanda di rinnovo, non è idonea a fare conseguire al dichiarante alcun beneficio e quindi, specularmente, l’erronea dichiarazione del possesso della quietanza non fa perdere o decadere il dichiarante da un beneficio che ha conseguito sulla base di essa”, rimarca il Tar.
 
Va dunque disattesa la tesi difensiva dell’amministrazione secondo cui, anche in sede di rinnovo dell’iscrizione, l’interessato dovrebbe autocertificare il possesso della quietanza di pagamento del tributo. Tale assunto si risolve in un’inammissibile integrazione postuma di un requisito abilitante il mantenimento dell’iscrizione nell’elenco, di natura restrittiva, non previsto nel decreto direttoriale dell’Aams del 9 settembre 2011, n. 31857 e comunque si porrebbe in violazione di proporzionalità e di adeguatezza dell’azione amministrativa in considerazione dell’esiguità del versamento dovuto una tantum e della stessa ratio di tutela del ravvedimento operoso dell’interessato, avvenuto prima dell’accertamento della violazione, a cui oggi si conforma la disciplina di settore (art. 27, comma 6, del decreto legge 26 ottobre 2019, n. 124).
Né invero assume rilievo la disposizione dell’art. 75 d.p.r. n. 445 del 2000 sulla decadenza dai benefici secondo cui qualora a seguito dei controlli effettuati dall’amministrazione 'emerga la non veridicità del contenuto della dichiarazione, il dichiarante decade dai benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera'.
Come rilevato, la cancellazione è stata disposta a prescindere dalla non veridicità della dichiarazione rilasciata, la quale è soltanto conseguente alla ritenuta esistenza di una causa ostativa sostanziale (cfr., Corte costituzionale, 24 luglio 2019, n. 199) che si è accertato non ricorre nella specie”.
 

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