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Pucci (As.Tro) risponde all’editoriale di Chicco Testa, ed evidenzia i dati sul Gap

16 settembre 2014 - 10:33

Il presidente dell’associazione degli operatori del gioco lecito, As.tro, Massimiliano Pucci, ha risposto all’editoriale del giornalista Chicco Testa, ed evidenzia i dati sul Gap. “Fa sempre piacere leggere una riflessione laica e razionale sul gioco lecito (si badi, solo lecito), proveniente da un cittadino, prima ancora che da un professionista dell’informazione”, afferma Pucci.

Scritto da Redazione
Pucci (As.Tro) risponde all’editoriale di Chicco Testa, ed evidenzia i dati sul Gap

L’editoriale di Testa sul proprio forum, l’italiadeino.it, è “esemplare – secondo il presidente As.tro - nell’individuare alcune distorsioni che accompagnano la campagna anti-gioco lecito, allestita con pregiudizi e approssimazioni che all'autore avranno probabilmente ‘ricordato’ i pre-concetti (abolizionisti e non) caratterizzanti l’energia nucleare. Solo per citarne uno, infatti, si sottolinea come i ‘milioni’ di malati di Gap posti alla base di tutto il palinsesto della campagna di demonizzazione del gioco, siano stati recentemente ‘contati’ sull’ordine delle 6.800 unità, in riferimento all’anno 2013 (Relazione 2014 al Parlamento dell’Osservatorio sulle Tossicodipendenze). Analoga ‘discordanza’ si può evincere dal dato relativo al ‘fatturato’ dell’industria del gioco legale, ostinatamente rappresentato nei termini della raccolta lorda (centinaia di miliardi), in luogo della raccolta al netto delle vincite (17,2 miliardi di euro). Ritengo di evidenziare, proprio al cospetto di una disamina così lucida (il libero arbitrio non è lo strumento del diavolo ma l’essenza dell’homus novus), le peculiarità del sistema gioco lecito, lungi dall’essere perfetto o dal sentirsi tale. Anche un solo malato è un problema. L’industria del gioco lecito non pretende oggi, e non ha mai preteso in passato, di ‘fare o imporre’ modelli o stili di vita, né ritiene secondarie o ‘meramente propagandistiche’ le preoccupazioni che circondano la ‘vita’ del gioco lecito nel Paese e nella popolazione. Ci si è sempre opposti alla demonizzazione (questo si). La componente Confindustriale del gioco lecito, in quanto preoccupata da un ‘modello’ che non garantisce più sviluppo ed evoluzione, e che lascia alla ‘pancia’ delle emozioni la gestione delle problematiche socio-sanitarie che il gioco fisiologicamente genera, come impatto sui Territori, lavora oramai da anni per una ‘revisione’ della mission e della funzione del gioco legale. L’industria del gioco lecito non ha mai pensato di ‘negare’ o considerare minimale ‘effetto collaterale’ il disagio sociale, il Gap, la tensione delle Amministrazioni Locali non coinvolte nel processo di riparto dei proventi del gioco legale. Ci è opposti con ogni mezzo alla propaganda no-slot, laddove questa pretendeva di raccontare agli Italiani che un milione di persone avevano già contratto la malattia del gioco patologico e che altri tre milioni ‘la rischiavano con serietà’. Ci si è opposti al malizioso utilizzo della asserita ‘invincibilità’ del vizio del gioco come ragione dei mali del Paese e come alibi per coloro che commettevano reati, lamentando il fatto che ‘un insediamento di gioco’ non può essere equiparato ad uno scarico inquinante che si costringe all’assunzione obbligata di veleni. Mai, però, si è mostrata insensibilità nei confronti di chi (fosse anche uno solo) abbia contratto malessere o disperazione a causa di una irresponsabile fruizione dei servizi di gioco lecito. Quando il Legislatore ha capito di non poter rimandare la presa in carico delle citate ‘tensioni’ (decreto Balduzzi), si sono individuate forme di intervento, sulle quali l’industria di settore ha dato un esempio di rapidità di adeguamento encomiabile. Pubblicità – informazione responsabile nei punti vendita e sui prodotti offerti al pubblico – coinvolgimento dei servizi sanitari nell’ambito della formazione personale – attivazione dei numeri verdi per l’utenza, controlli serrati all’interno delle aree sensibili delle città a tutela del divieto di gioco ai minori, sono temi sui quali il settore ha sempre implementato la sensibilità dei Governi. Sono le leggi regionali e i regolamenti locali che, proprio ‘in barba’ al decreto Balduzzi, hanno pensato di reagire al cospetto della campagna di demonizzazione sul gioco lecito attuando distanziometri che di fatto, quanto non addirittura espressamente (come nel Caso della Liguria, della Puglia, della Toscana, della Lombardia), cacciano il prodotto legale per spianare la strada a quello illegale, la cui forza finanziaria oramai supera quella dell’industria autorizzata. Per questa ragione si rinnova la condivisione per l’articolo e per le posizioni in esso illustrate, rinnovando l’invito a voler considerare ‘sana’ una industria che chiede di poter lavorare con prodotti sempre più dotati di cautele per la loro fruizione responsabile. Quanto alla posizioni ‘a sfondo esclusivamente morale o etico’, che condannano il gioco in quanto tale, senza distinguere tra autorizzato e illegale, non fanno parte del confronto di ‘merito’. Se persino una partita alla slot o una scommessa sulla partita di calcio della propria squadra assume, in certi contesti, quella rilevanza sino ad ora riservata solo alla ‘morte e alla nascita’, è chiaro che il ‘verdetto’ va lasciato alla società, al suo bisogno di essere ‘illuminista e liberale’, oppure governata dai precetti di una dottrina”.

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