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As.Tro: "Rinegoziazione dei contratti, unica soluzione a problemi del comparto gioco"

03 marzo 2015 - 12:10

Quelle reti che dovessero decidere di mettere nero su bianco sui loro contratti che il gestore di oggi sarà anche il gestore di domani (con tutti i profili di coinvolgimento e di evoluzione tecnologica che ciò presuppone), che il “congegno gestito dal gestore sarà sempre di sua proprietà, che un bene altrui non può essere 'sequestrato' dalla rete per assenza di portabilità (ma destinato ad essere sempre un cespite di una azienda padrona di se stessa), dimostreranno di essere legislatori di mercato, anche in barba a quelle leggi che fanno facile ciò che è complesso (per poi lasciare ad altri la risoluzione dei problemi). Questa la soluzione ai conflitti generati da Legge di stabilità e legge Delega in materia di gioco per Lorenzo Verona del Comitato di Presidente dell'associazione Assotrattenimento.

Scritto da Redazione GiocoNews
As.Tro: "Rinegoziazione dei contratti, unica soluzione a problemi del comparto gioco"

 

 

"Molti gestori - prosegue Verona - sanno di doversi conquistare il futuro e sono pronti a farlo. Se gli sforzi si uniscono e le sinergie di confermano è molto più probabile che anche gli ostacoli siano superati. Se prevale l’idea di marginare a discapito, tutto il gioco lecito ha vita breve nel suo complesso, almeno nella variopinta realtà italiana, dove non è mai bastato il titolo autorizzatorio per affermarsi e confermarsi".

SERVONO AZIONI SUL LUNGO TERMINE - "Uno dei difetti consolidati del legislatore in materia di gioco pubblico - ricorda ancora Verona - è la carente lungimiranza, ovvero la capacità di prevedere – a medio e lungo termine – gli effetti di una disciplina normativa che, per tanto corretta o sbagliata possa essere interpretata, non può mai generare di per sé un universo auto-referenziale e costante nel tempo. Fino a quando (anche) il gioco pubblico sarà un prodotto destinato a confrontarsi con il mercato, con le fibrillazioni del sistema-Italia, con una utenza di consumatori 'sempre più responsabilizzata', con necessità enormi di raccolta per soddisfare previsioni erariali e semestrali di bilancio, con le politiche di 'tutela dei territori', con una necessità elevata di investimenti, con un tessuto 'antropologico' che vede ancora nella illegalità una risposta possibile all’inasprimento delle condizioni economiche per restare nel perimetro della virtuosità industriale, ogni velleità 'esclusivista' è destinata a pagare conti salatissimi, all’inizio, a non poter condividere con nessuno lo sforzo dell’evoluzione continua, a eterne strategie conservative che prima o poi diventano recessive rispetto agli scopi, a dover 'sperare' in una stabilità di condizioni che all’estero si da per scontata, mentre in Italia si sa già che non ci sarà mai".

 

NO AI SALTI NEL BUIO - "Dal 2004 ad oggi la storia ci ha insegnato che si è generata una categoria di gestori (magari non universale ma comunque significativa) che dell’attuale circuito di gioco lecito è a tutti gli effetti artefice industriale e finanziario. Basti solo pensare che l’attuale volume immobilizzato di moneta metallica posizionata negli hopper dei congegni Awp e nei change, supera l’importo della legge di stabilità; l’attuale volume immobilizzato di capitale destinato a garanzia sugli adempimenti della raccolta bissa tale valore, con un costo di attualizzazione di milioni all’anno; l’attuale attività di continuo procacciamento dei gestori equivale al 40-50% del valore complessivo dell’asset-Awp delle reti; l’attuale performance dei congegni Awp (nonostante le rigorose limitazioni tecnico-strutturali a cui sono sottoposte) è garantita da una eccellenza di aziende produttrici di gioco insediate in Italia (molte delle quali italianissime). Privarsi di tutto questo è un evidente salto nel buio che nessun 'gioco da remoto' può ambire a colmare senza nuovi e corposi (ma soprattutto rischiosi, in quanto non collocabili in contesti stabili) investimenti. L’intelligenza (ma si potrebbe anche dire il 'talento') degli operatori deve quindi supplire alla cronica carenza che la condizione italiana impone, generando e mantenendo quella stabilità di equilibri e condizioni che consentano la frammentazione di uno sforzo quotidiano di adattamento alla situazione italiana, che nessun segmento potrebbe sopportare da solo. Legge di stabilità e legge delega pensano (all’unisono) di poter fare a meno del gestore italiano e del produttore insediato in Italia, ritengono che basta accorciare la filiera per ricavare una ulteriore fetta di prelievo fiscale, ipotizzano di concepire l’evoluzione tecnologica come leva industriale a se stante, e di per sé idonea a incrementare marginalità e profitti", sottolinea l'associazione. 

 

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