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Slot e requisiti di solidità, Corte Costituzionale: "Nessuna questione di legittimità"

31 marzo 2015 - 14:18

Infondata la questione di legittimità costituzionale per i requisiti di solidità richiesti dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, alla luce della legge di Stabilità 2011, e riguardanti i concessionari delle slot machine. Lo stabilisce la Corte Costituzionale con una sentenza.

Scritto da Sm
Slot e requisiti di solidità, Corte Costituzionale: "Nessuna questione di legittimità"

 

I PRECEDENTI - ll Consiglio di Stato aveva accolto l’appello di B Plus Giocolegale ltd sulla legittimità dei requisiti finanziari e di solidità economica che l’Agenzia delle dogane e dei monopoli ha richiesto agli operatori, rimettendo con separata ordinanza alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’ articolo 1, co. 79, legge 13 dicembre 2010 n. 220.

 

IL RINVIO DEL CONSIGLIO DI STATO - Con ordinanza del 23 settembre 2013, il Consiglio di Stato aveva sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 79, della legge 13 dicembre 2010, n. 220 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2011), nonché dei commi 77 e 78 del medesimo art. 1, in quanto richiamati dal comma 79, in riferimento agli artt. 3, 41, primo comma, e 42, terzo comma, della Costituzione.

LE MOTIVAZIONI DEI GIUDICI – Secondo i giudici costituzionali “il valore del legittimo affidamento riposto nella sicurezza giuridica trova sì copertura costituzionale nell’art. 3 Cost., ma non già in termini assoluti e inderogabili. Per un verso, infatti, la posizione giuridica che dà luogo a un ragionevole affidamento nella permanenza nel tempo di un determinato assetto regolatorio deve risultare adeguatamente consolidata, sia per essersi protratta per un periodo sufficientemente lungo, sia per essere sorta in un contesto giuridico sostanziale atto a far sorgere nel destinatario una ragionevole fiducia nel suo mantenimento. Per altro verso, interessi pubblici sopravvenuti possono esigere interventi normativi diretti a incidere peggiorativamente anche su posizioni consolidate, con l’unico limite della proporzionalità dell’incisione rispetto agli obiettivi di interesse pubblico perseguiti. Con la conseguenza che «non è affatto interdetto al legislatore di emanare disposizioni le quali vengano a modificare in senso sfavorevole per i beneficiari la disciplina dei rapporti di durata, anche se l’oggetto di questi sia costituito da diritti soggettivi perfetti», unica condizione essendo «che tali disposizioni non trasmodino in un regolamento irrazionale, frustrando, con riguardo a situazioni sostanziali fondate sulle leggi precedenti, l’affidamento dei cittadini nella sicurezza giuridica, da intendersi quale elemento fondamentale dello Stato di diritto (sentenze n. 302 del 2010, n. 236 e n. 206 del 2009)».

A maggior ragione, secondo i giudici, “ciò vale per rapporti di concessione di servizio pubblico, come quelli investiti dalle norme censurate, nei quali, alle menzionate condizioni, la possibilità di un intervento pubblico modificativo delle condizioni originarie è da considerare in qualche modo connaturata al rapporto fin dal suo instaurarsi. E ancor più, si può aggiungere, ciò deve essere vero, allorché si verta in un ambito così delicato come quello dei giochi pubblici, nel quale i valori e gli interessi coinvolti appaiono meritevoli di speciale e continua attenzione da parte del legislatore.

Proprio in ragione dell’esigenza di garantire un livello di tutela dei consumatori particolarmente elevato e di padroneggiare i rischi connessi a questo settore, la giurisprudenza europea ha ritenuto legittime restrizioni all’attività (anche contrattuale) di organizzazione e gestione dei giochi pubblici affidati in concessione, purché ispirate da motivi imperativi di interesse generale, quali sono certamente quelli evocati dall’art. 1, comma 77, della legge n. 220 del 2010 (contrasto della diffusione del gioco irregolare o illegale in Italia; tutela della sicurezza, dell’ordine pubblico e dei consumatori, specie minori d’età; lotta contro le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore), e a condizione che esse siano proporzionate (sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, 30 giugno 2011, in causa C-212/08)”.

 

I CONCESSIONARI PREESISTENTI - Quanto alla specifica posizione dei concessionari «preesistenti» – aventi diritto alla prosecuzione del rapporto ai sensi dell’art. 21, comma 7, del d.l. n. 78 del 2009, e assoggettati anch’essi ai nuovi obblighi in base alle norme censurate – e al suo supposto carattere consolidato, i giudici non possono “non rilevare innanzitutto l’originaria instabilità del nuovo rapporto concessorio (o della prosecuzione del rapporto concessorio scaduto, secondo la prospettazione del rimettente), derivante, per un verso, dall’essere esso sorto nel contesto di quella che la legge definisce una «concreta sperimentazione» dei nuovi sistemi di gioco (art. 12, comma 1, lettera l), del d.l. n. 39 del 2009), e, per altro verso, dall’essere stati individuati, gli stessi concessionari, con una modalità di affidamento (l’assegnazione diretta per legge, sulla base di una loro semplice opzione, ancorché a fronte del pagamento di una somma di denaro), costituente una vistosa eccezione alla regola generale della concorrenzialità. Quest’ultima circostanza in particolare – anche al di là di ogni considerazione sulle ragioni eccezionali che possono aver determinato la scelta del legislatore – contribuisce ad accentuare il carattere pubblicistico del rapporto di concessione in questione e, con esso, la sua ancora maggiore attitudine a essere oggetto di interventi regolativi pubblici funzionali alla cura degli interessi per i quali le attività di raccolta e gestione dei giochi pubblici sono legittimamente riservate al monopolio statale.

Si consideri, inoltre, che la mancata estensione ai concessionari «preesistenti», che già avevano ottenuto in affidamento diretto la gestione dei nuovi apparecchi, dei requisiti e obblighi introdotti ex lege, avrebbe creato un irragionevole vantaggio competitivo di questi rispetto ai nuovi concessionari che a tali requisiti e obblighi sono ovviamente soggetti, con la conseguenza di un’ulteriore ingiustificata lesione del principio di concorrenza (sentenza n. 34 del 2015, in materia di incrementi tariffari concernenti l’attività di cava).

In definitiva, i pesi imposti dalle norme denunciate non solo sono connaturali al regime di concessione del gioco pubblico, che deve tutelare plurimi interessi generali, ma costituiscono anche, nel caso di specie, una misura minima di ripristino della par condicio dei gestori, del tutto giustificata dalla situazione di vantaggio del concessionario «preesistente» che, avendo aderito alla fase di sperimentazione e avvio a regime di sistemi di gioco costituiti dal controllo remoto del gioco attraverso videoterminali, non ha dovuto sottoporsi alla gara per il nuovo affidamento”.

 

 

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