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As.Tro: 'Nel gioco lecito o accetti il sistema o ne esci'

09 febbraio 2016 - 15:25

L'associazione degli operatori del gioco lecito, As.tro, analizza la situazione del gioco legale e ricorda il sistema delle regole.

Scritto da Redazione
As.Tro: 'Nel gioco lecito o accetti il sistema o ne esci'

"Quale altro settore può vantare le caratteristiche giuridiche del gioco lecito? Nessuno, ma lo strumento della concessione e quindi del contratto-convenzione, lo rende assimilabile a tutti quei comparti in cui lo Stato ha, per legge o previsione costituzionale, la proprietà di certi beni o di certe prerogative. Essere 'di proprietà' dello Stato non significa accettare un contesto di regole 'eccentriche', ma comunque impone una scelta a tutti gli operatori economici che hanno deciso di dedicarsi alla gestione di detto bene pubblico o prerogativa statale". Lo sottolinea l'associazione As.tro.

"La scelta è quella di accettare lo stato come entità decisoria, collaborare con le istituzioni preposte a rappresentare lo stato nel settore, adattando le ambizioni imprenditoriali ai fini che detta 'il proprietario'. Nel gioco lecito, per amor di verità, tutto ciò è complicato, in quanto è raro censire coerenti linee programmatiche dettate dalla 'proprietà'. Nelle strade a pedaggio la concessione mira a esternalizzare un servizio cercando di tutelarne la fruizione da parte dei cittadini. Nel gioco pubblico, invece, la finalità è triplice, e per nulla omogena: alla crescente aspettativa erariale si contrappone la volontà di ridurre la distribuzione del gioco legale, mantenendo nel contempo la 'idoneità antagonista' del mercato legale nei confronti delle offerte irregolari, che in prima battuta dovrebbero proprio essere aggredite sul piano della contrapposizione commerciale lecito-illecito. Tanta complessità meriterebbe adeguato impegno, che in tutta evidenza, invece, si traduce in scelte legislative controverse. Fino a che punto, tuttavia, ci si può spingere nell’esprimere un dissenso verso scelte non condivise? Sicuramente l’operatore economico, in quanto tale, ha un 'ombrello di tutele giuridiche”, che lo difendono dalla 'eccentricità' assoluta delle leggi, e che tutelano gli affidamenti legittimamente riposti su condizioni industriali (e di mercato) create da pregressi perimetri normativi, ma la grande 'scelta di fondo' resta una: restare dentro al sistema oppure uscirne. Chi resta dentro al sistema può non condividere certe scelte statali, può adire vie legali per tutelare interessi lesi (a suo dire illegittimamente), ma sicuramente non può pensare di ribaltare la gerarchia tra padrone (Stato) e servitore (tutti gli altri). A conti fatti, l’adeguamento è sempre preferibile al rifiuto della gerarchia, in quanto ogni reazione non può mai – per definizione – spingersi fino in fondo, pena l’uscita dal sistema.

Ecco quindi che i discorsi, anche interessanti, che emergono da alcune realtà di settore, in cui si delineano nuovi diritti e nuove tutele, si scontrano contro la cruda essenza del gioco lecito, che – per definizione – non è un’unione aperta a forme alternative a quelle già contemplate. Nulla vieta (e ci mancherebbe) di lavorare sul piano della sensibilizzazione legislativa per creare condizioni razionali nell’ambito delle leggi, proponendo percorsi riformativi corretti nel merito e nel metodo, ma soprattutto idonei a traguardare un potenziale raggiungimento di tutti gli obiettivi statali. Nulla vieta (e ci mancherebbe) di tutelare categorie di imprenditori esposti (più di altri) ai pregiudizi delle oscillazioni legislative. Il perimetro del sistema, tuttavia, resta sempre lo stesso.
Oggi il gestore vive la frustrazione di aver confidato in un riconoscimento della sua unione di fatto tra il mercato e la sua azienda, e patisce il tradimento di promesse (anche pubblicamente formulate) volte alla salvaguardia circostanziata di questa ambizione. Se vuole adattarsi, il gestore dovrà quindi necessariamente 'sposarsi', ovvero proporsi di entrare in uno 'schema riconosciuto' (oppure rassegnarsi a forme di non tutelato concubinato, che presto o tardi lo condanneranno all’abbandono postumo alla seduzione). Ma chi se lo sposa, oggi, un gestore? C’è gestore e gestore, non tutti sono uguali, ed è per coloro che hanno i requisiti per tale traguardo che bisogna battersi affinché i diritti siano mantenuti (e anche il matrimonio non diventi la tomba di una azienda a beneficio di un’altra)".
 

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