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Awp, al lavoro sulla terza generazione ma tante le incognite

13 agosto 2016 - 08:43

Il comparto del gioco pubblico è al lavoro con la terza generazione di slot che è però ancora un'incognita.

Scritto da Ac
Awp, al lavoro sulla terza generazione ma tante le incognite

Il settore del gioco pubblico non è più lo stesso. Tutto è cambiato dallo scorso primo gennaio, con l'entrata in vigore della legge di Stabilità 2016 che ha proposto grandi mutazioni, con il blocco dei nulla osta per gli apparecchi da intrattenimento – che ha fissato il numero massimo di slot da poter installare nei locali nei successivi due anni, riduzione del numero di punti vendita per le scommesse, l'ulteriore riduzione del parco di apparecchi da intrattenimento di almeno il 30 percento, a partire dal 2017 e, soprattutto, l'annuncio di una nuova generazione di slot da avviare dal prossimo anno. Le cosiddette 'Awp da remoto' o 'Awp3', come vengono definite dagli addetti ai lavori. Quando non indicate sotto il nome di 'mini-Vlt'. Un proliferare di epiteti che lascia già intendere la confusione che si registra attorno al nuovo prodotto, che rappresenta ancora oggi un'autentica incognita. Ma al tempo stesso, un rischio troppo grande per passare inosservata a una parte della filiera.

Ad oggi l'Awp da remoto (basandoci sulla definizione governativa) è allo studio, previa verifica del modello che possa risultare compatibile con la normativa e l'infrastruttura nazionale delle comunicazioni. Con la (forse momentanea) affermazione, tuttavia, di alcuni principi importanti per le categorie: come la “continuità di ruoli industriali della filiera”, che sembra voler essere garantito dal governo, attraverso il mantenimento del nulla osta (non sostituito da un diritto concessorio come temevano alcuni) e la conferma dei parametri di gioco delle attuali Awp, come l'introduzione della sola moneta, il costo partita di 1 euro al massimo, il pay out al 70 percento, e il ciclo chiuso.
Alcuni accorgimenti che andrebbero in direzione degli addetti ai lavori, che sentono la necessità di mantenere separati i due circuiti di distribuzione di gioco (quello 'light' e generalista dei pubblici esercizi e quello dedicato delle sale Vlt), oltre a quella di non penalizzare l’impresa che crea indotto e occupazione salvaguardando le proprie attività. Ma soprattutto, la possibilità concreta di creare un modello di gioco che risulti davvero sostenibile, specialmente per gli enti locali, che rappresentano ora il principale scoglio da affrontare. E anche per questo, probabilmente, si registra una spinta forte verso la formazione degli operatori, che sta registrando un forte aumento nella partecipazione della filiera. Per tutelare il futuro della filiera, l'associazione As.Tro intende il mantenimento “dei ruoli” del gestore e del produttore, cioè la garanzia che “nuova azienda di produzione possa essere produttrice della Awp futura e il nuovo gestore” possa essere acquirente della stessa, con il medesimo regime giuridico ed imprenditoriale oggi conosciuto”, come spiega il responsabile del Tavolo tecnico, Giovanni Agliata. “Sin dal primo giorno – aggiunge - il problema è stato quello di comprendere se la dizione governativa: 'consentire il gioco solo da ambiente remoto' volesse richiamare il modello delle vlt, oppure indicare solo un modello tecnologico che intendesse abrogare la scheda di gioco residente”. Ovvero, il dilemma era quello di capire se il Legislatore volesse cambiare il modello industriale del segmento Awp, clonando quello delle Vlt, oppure perseguire finalità di mera sicurezza del sistema”.
Ma la risposta è già contenuta nella stessa legge di Stabilità, laddove vengono mantenuti tutti i parametri già vigenti della Awp, che pur nella annunciata “evoluzione della sicurezza”, rende scarsamente verosimile l'ipotesi di un sistema-Vlt. Tenendo conto della necessità di realizzarlo con l’infrastruttura italiana di rete di oltre 80mila punti vendita, nei tempi decisamente brevi indicati dal Legislatore e che sia in grado di mantenere le performance erariali delle Awp, di cui si preoccupa certamente il governo. Guardando quindi con minore paura il futuro, per gli addetti ai lavori si tratta però di veder mantenuti i principi di salvaguardia prima citati, che si possono declinare nella nuova visione del sistema nel ruolo del produttore come impresa che “porta in certificazione-omologazione” tutta la infrastruttura, e di quello del gestore che acquista dal produttore gli strumenti di utilizzo della medesima, sia quelli che andranno nei bar, che quelli che dovranno restare nella sua azienda. Ma nonostante questo, si parla ancora di 'mini-Vlt' e di scomparsa di pezzi di filiera, con qualcuno che vorrebbe arrestare il cambiamento invece di provare a cavalcarlo. Astro – che ha aderito a una proposta di slot remota siglata dal Tavolo interassociativo di Confindustria - Sistema Gioco Italia, difende il modello sottoscritto definendolo “l’unico che tuteli quella parte di filiera che sposi l’idea di un gaming italiano industriale, composto da aziende di produzione in grado di realizzare una infrastruttura di gioco e aziende di gestione (concessionarie e non) in grado di ottimizzare il risparmio di costi che il remoto assicura”. Nonostante il passaggio non risulti affatto banale a nessuno. Come spiegato dallo stesso Agliata: “Non sono entusiasta di dover constatare la fine della scheda di gioco, che per lustri ha costituito un simbolo di questo lavoro, ma sicuramente non sono così folle da pensare che la tecnologia possa arrestarsi e che il Legislatore non abbia il diritto di provare una soluzione che rompa la continuità con modelli che hanno annoverato plurime criticità”.
Secondo il tecnico, il sistema Awp Remoto “fondato sulla tecnologia Server Supported Based è l’unico a poter garantire la prosecuzione degli attuali ruoli esercitati da produttori e gestori, e che la critica mossa al documento di Sgi non può essere descritta come profilo tecnologico a rilevanza industriale negativa”. Spostando l’allocazione del server, in effetti (che potrebbe essere posizionato presso Sogei, piuttosto che in casa degli enti di certificazione, o dagli stessi produttori), nulla cambia se non in termini di costi per il produttore. L’unica differenza “tecnico-infrastrutturale” che si riscontrerebbe rispetto alla sua allocazione nel concessionario è l’unicità 'fisica' del sistema di gioco per tutte le reti telematiche, invece di tredici server diversi per ciascun sistema omologato, cioè pari al numero dei concessionari. “Sostenere che “l’allocazione del server di gioco” presso il concessionario abbia un risvolto di tecnologia (e quindi industriale), traducibile in una similitudine con il sistema Vlt – aggiunge Agliata - è quindi totalmente errato”. Visto che i concessionari possono essere (e alcuni lo sono) produttori già oggi di apparecchi Awp, e quindi in futuro, di sistemi di gioco per le slot remote. Sotto il profilo “tecnico-infrastrutturale” questo modello garantirebbe quindi i ruoli industriali attuali, sia pure con con tutte le inevitabili mutazioni di scenario che derivano da un cambio di tecnologia. Oggi si cerca di acquistare il prodotto che lavora di più e le reti telematiche non pongono ostacoli al titolo di gioco di un produttore piuttosto che di un altro. L’importante è che funzioni, e il mercato lo fa la scelta del gestore. O, meglio ancora, quella dei giocatori.
Ora però il vero spauracchio è legato alle ultime vicende politiche e alle dichiarazioni del sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, che ha detto di pensare alla scomparsa delle slot da bar e tabacchi. Una 'soluzione' (si fa per dire) che secondo il presidente di Sapar, Raffaele Curcio, “significherebbe spianare la strada al mercato illegale e i territori che hanno a dotato norme troppe restrittive stanno già facendo i conti con il dilagare dell'offerta illecita e dei totem". Forse l'unico punto rispetto al quale tutti sembrano essere della stessa opinione. Almeno tra i gestori.

Quel bicchiere davvero troppo vuoto
Con l'introduzione del 'tetto' al numero di slot installabili nei locali pubblici italiani imposto dalla legge di stabilità per il 2016, i Monopoli di Stato hanno dovuto introdurre nuove regole per il rilascio dei nulla osta di esercizio degli apparecchi, dovendo contemplare, da un lato, la necessità di sostituire rapidamente le macchine con payout inferiore (visto che il contemporaneo aumento della tassazione imponeva la corsa alla sostituzione delle slot con vincita al 70 percento invece del precedente limite del 74 percento), e dall'altro quella di assecondare le richieste di nuove installazioni. Da qui è nato il cosiddetto 'serbatorio' virtuale dei nulla osta (altrimenti detto 'basket' di sistema in cui confluiscono i titoli autorizzatori che si rendono disponibili in seguito alla decadenza di quelli rilasciati in precedenza. E che le tredici società concessionarie devono spartirsi tra loro, a partire dalla seconda settimana di maggio. Un contenitore che viene alimentato di settimana in settimana, con le disponibilità ripartire in egual misura tra i vari concessionari. E come già profetizzavano alcuni, il sistema si è dimostrato (secondo alcuni concessionari) del tutto inadeguato rispetto alle necessità del mercato, tenendo conto che in circa due mesi le disponibilità totali non hanno superato le 12mila unità, quando gli addetti ai lavori si aspettavano almeno il triplo, tenendo conto che a fine 2015, con la corsa al nulla osta legata all'avvento della stabilità che imponeva un nuovo tetto, erano state omologate circa 40mila slot 'in più'. Peggio ancora, l'equa ripartizione tra società concessionarie, pur mostrandosi spiccatamente democratica, si rivela però un grosso limite per alcuni, tenendo conto che ci sono concessionari che non utilizzano tutti i diritti messi a disposizione di volta in volta, mentre altri registrano una disponibilità vicina al 10 percento delle proprie esigenze. Per un evidente limite alla concorrenza tra concessionari. Ed è su questo principio che alcuni concessionari hanno chiesto un intervento dei Monopoli di Stato chiedendo di rivedere le regole. E in caso di perdurare di tale situazione, non è da escludere un ricorso all'Autorità garante del mercato rispetto a quelli che vengono ritenuti limiti ingiustificati alle imprese.

 

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