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Tar Lazio: "Illegittima cancellazione da elenco operatori per rinvio a giudizio"

07 marzo 2014 - 11:28

Il rinvio a giudizio non è un motivo sufficiente per essere cancellati dall'elenco degli operatori che svolgono attività funzionali alla raccolta del gioco. A stabilirlo i giudici della seconda sezione del Tar Lazio, che hanno accolto il ricorso presentato da un esercente contro l'ufficio Aams della Campania.

Scritto da Fm

 

"Il procedimento penale cui si è fatto cenno – ricordano i giudici amministrativi -  è stato definito in data 19 giugno 2013 con sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato emessa dalla Corte di Appello di Salerno.Con la citata sentenza la Sezione ha quindi già dichiarato la illegittimità in parte qua dell’avversato decreto direttoriale, nella parte in cui, all’art. 5, appunto dispone, quale ulteriore requisito, il cui difetto importa cancellazione dall’elenco, l’insussistenza nei cinque anni di provvedimenti di rinvio a giudizio per i reati ivi previsti, conseguentemente disponendone l’annullamento in parte qua".

 

SCORRETTO EQUIPARARE RINVIO E CONDANNA - Il tribunale poi punta l'attenzione sulla scorretta equiparazione, come condizione per essere iscritti nell'elenco Aams, della mancanza di provvedimenti di rinvio a giudizio con quella (sempre negli ultimi cinque anni) di “condanne con sentenza passata in giudicato od applicazioni della pena su richiesta ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale per i medesimi reati ovvero ancora al pari di sentenze definitive di condanna emesse dal giudice tributario in materia di PREU”. Emerge con chiarezza la illegittimità della disposta parificazione, al rilevante ed incisivo fine della cancellazione dell’iscritto dall’elenco, del provvedimento di rinvio a giudizio con la sentenza di condanna passata in giudicato, uguali essendo i reati che vengono in considerazione"

 

RINVIO A GIUDIZIO NON SIGNIFICA COLPEVOLEZZA - Secondo i giudici, "l’illogicità risiede appunto nel ricondurre a due presupposti così profondamente diversi, dei quali solo il secondo possiede il necessario grado di certezza in ordine all’acclaramento della commissione del reato, la stessa incisiva conseguenza sanzionatoria. Laddove il provvedimento di rinvio a giudizio, come dimostra proprio la vicenda che ha interessato l’odierno ricorrente, non conduce necessariamente all’accertamento della condotta colpevole dell’imputato".

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