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Forte dei Marmi, Consiglio di Stato conferma chiusura sala Vlt: "Apertura vietata in centro storico"

17 aprile 2014 - 10:42

È legittimo il divieto di apertura di agenzie di scommesse, sale bingo, ambienti dedicati all’installazione degli apparecchi Vlt all’interno del centro storico. Con queste motivazioni, il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso presentato dal titolare di una sala giochi contro il Comune di Forte dei Marmi, per la riforma di una sentenza del Tar Toscana concernente la cessazione dell'attività per il mancato rispetto di una delibera comunale del 2013 in materia, supportata anche da una legge regionale del 2005.

Scritto da Fm
Forte dei Marmi, Consiglio di Stato conferma chiusura sala Vlt: "Apertura vietata in centro storico"

 

 LA VICENDA – Il Comune di Forte dei Marmi aveva disposto la cessazione dell’attività di sala Vlt in base all’autorizzazione rilasciata dal Questore di Lucca nel maggio 2013, " in quanto tale autorizzazione e l’inizio di quell’attività erano successivi alla delibera consiliare n. 25 del 30 aprile 2013". Il Tar Toscana, nel novembre 2013, aveva respinto il ricorso proposto dal titolare  avverso la predetta ordinanza dirigenziale, ritenendo infondati i quattro motivi di censura sollevati.
Da qui il ricorso per richiedere la riforma di tale sentenza, riproponendo sostanzialmente le censure sollevate in primo grado, diversamente articolate per meglio criticare le conclusioni – a suo avviso erronee - cui erano pervenuti i giudici di prime cure.

 

I MOTIVI DEL RICORRENTE – Per l’appellante, il provvedimento impugnato in primo grado sarebbe stato illeggittimo per tre motivi:  "l’autorizzazione questorile rilasciata il 6 maggio 2013 era immediatamente ed incondizionatamente efficace e cronologicamente precedente alla delibera del consiglio comunale n. 25 che, sebbene adottata il 30 aprile 2013, era divenuta efficace solo il 10 maggio 2013, allorquando era stata pubblicata; la predetta autorizzazione questorile non riguardava l’esercizio di una nuova attività, ma un mero incremento dell’attività di gioco che già si svolgeva, previa regolare licenza, negli stessi locali fin dal 2007, il che escludeva l’applicabilità nel caso di specie della invocata delibera consiliare n. 25 del 30 aprile 2013 che aveva vietato l’insediamento di nuove sale pubbliche eccedenti quelle già autorizzate;  i primi giudici sarebbero incorsi in gravi errori di giudizio, sia perché l’attività esercitata nei locali predetti non potrebbe essere definita commerciale, sia perché le limitazioni stabilite nella originaria delibera consiliare n. 28 del 23 aprile 1999 sarebbero state riconosciute (giusta nota del 10 giugno 2013) incongrue e violative del principio della concorrenza dalla stessa Autorità garante del mercato e della concorrenza, sia infine perché la delibera consiliare n. 28 del 23 aprile 1999 recava una disciplina provvisoria del commercio per la tutela di aree di particolare valore ambientale nell’attesa dell’emanazione da parte della regione delle disposizioni di attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, disciplina che sarebbe venuta meno con l’entrata in vigore (dal 21 luglio 2009) del regolamento di attuazione della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28".  Inoltre, per il ricorrente, "l’impugnato provvedimento comunale (ordinanza n. 378 del 16 settembre 2013) avrebbe invaso le competenze proprie dell’amministrazione statale ed in particolare del Questore, privando di efficacia l’autorizzazione da questi rilasciata il 6 maggio 2013".

IL VERDETTO DEI GIUDICI -  Per i giudici del Consiglio di Stato "la sentenza impugnata non merita le critiche che le sono state appuntate e va confermata: non può dubitarsi della piena ed immediata efficacia della delibera consiliare n. 25 del 30 aprile 2013, stante la contestale specifica immediata eseguibilità deliberata dallo stesso consiglio comunale, ai sensi dell’articolo 134, comma 4, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, a nulla rilevando per contro che essa sia stata pubblicata solo il 10 maggio 2013: anche a voler ammettere che quella delibera possa essere annoverata nella categoria dei provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati, come sostiene l’appellante, va rilevato che proprio l’art. 21 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, prevede che detti provvedimenti, qualora non abbiano carattere sanzionatorio (come nel caso in esame), possano contenere una motivata clausola di immediata efficacia". Occorre poi rilevare, si legge ancora nella sentenza, "che tra le previsioni sull’interesse pubblico contenute nell’autorizzazione questorile rilasciata il 6 maggio 2013 è dato leggere che 'La presente licenza acquista efficacia esclusivamente in presenza dell’autorizzazione all’istallazione rilasciata dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato ed il relativo esito andrà tempestivamente comunicato a questa Divisione Polizia Amministrativa Sociale'; dalla documentazione in atti risulta che l’autorizzazione all’installazione è intervenuta il 23 maggio 2013, con pari decorrenza, giusta certificazione AAMS – Agenzia regionale delle Dogane e dei Monopoli della Toscana – Ufficio di Lucca". L’attività autorizzata con il provvedimento questorile del 6 maggio 2013 è diversa e nuova rispetto a quella della precedente autorizzazione di cui  la ditta era titolare (risalente al settembre 2007): del resto di tale diversità era pienamente consapevole la stessa società oggi appellante che, come emerge dalla documentazione in atti, ha restituito (sia pur in data 20 maggio 2013) la licenza n. 552 del 26 settembre 2007 per '…cambio attività da l’art. 86, all’art. 88 del Tulps'.Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, non è dato riscontrare la pretesa legittima preesistenza dell’efficacia del titolo autorizzatorio all’esercizio dell’attività di sala gioco attraverso videoterminali Vlt, ex art. 110, comma 6, lett. b). Tulps. nei locali suddetti rispetto al divieto contenuto nella delibera consiliare n. 25 del 30 aprile 2013, con conseguente correttezza della sentenza impugnata che ha ritenuto che il provvedimento impugnato in primo grado sia stato emesso in puntuale applicazione della ricordata delibera consiliare. Va segnalato per completezza che esula dalla presente controversia ogni questione concernente l’eventuale ritardo con cui sarebbe stato rilasciato il provvedimento questorile, essendo sufficiente rilevare che in ogni caso la sua efficacia era subordinata al rilascio della autorizzazione da parte dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato". Invero, afferma ancora il Consiglio di Stato, "i giudici di prime cure hanno espressamente dichiarato tardiva l’impugnazione della delibera consiliare n. 25 del 30 aprile 2013 e tale statuizione non è stata oggetto di gravame: ciò impedisce di per sé l’esame delle suggestive questioni prospettate dall’appellante sia in ordine alla fonte del potere concretamente esercitato con detto provvedimento, sia in ordine alla legittimità del contestato divieto di apertura di ambienti dedicati all’installazione di apparecchi Vlt.  In ogni caso è comunque inammissibile il motivo di gravame nella parte in cui ha dedotto il preteso vizio di violazione della concorrenza da cui sarebbe inficiata in via derivata la delibera impugnata (in quanto integrazione della delibera n. 28 del 23 aprile 1999, questa direttamente viziata sotto il profilo dedotto secondo quanto rilevato dalla stessa Autorità garante per la concorrenza e per il mercato), trattandosi di un motivo nuovo, ai sensi dell’art. 104 c.p.a., che non trova riscontro nelle censure sollevate in primo grado. Quanto al merito, poi, la Sezione osserva che, correttamente rilevato dai primi giudici, anche a prescindere dal richiamo operato alla precedente delibera consiliare n. 28 del 23 aprile 1999, il contestato divieto di apertura di agenzie di scommesse, sale bingo, ambienti dedicati all’installazione degli apparecchi VLT all’interno del centro storico, in cui insiste la via Matteotti, trova sicura fonte nel primo comma dell’art. 98 della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28 (Codice del commercio. Testo unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distributori di carburante), a mente del quale 'Al fine di valorizzare e tutelare le aree di particolare interesse del proprio territorio, i comuni possono sottoporre l’attività commerciale a particolari limitazioni e prescrizioni, anche individuando attività o merceologie incompatibili con le esigenze di tutela o con la natura delle aree'. Né può opporsi che tale norma non sarebbe applicabile al caso di specie, non essendo l’attività di sala giochi di natura commerciale, atteso che, per un verso, come dedotto convincentemente dall’amministrazione comunale la legge regionale assume un concetto di commercio in senso lato (ricomprendendovi anche attività che tradizionalmente non sono tali o addirittura pubblici esercizi e pubblici servizi, quali le attività di somministrazione di alimenti e bevande e la distribuzione di carburante), mentre, per altro verso, non può ragionevolmente negarsi che nelle sale giochi dedicate, da autorizzare ex art. 88 T.U.L.P.S., qual è quella per cui è causa, si realizza una commercializzazione del gioco mediante l’esercizio di apparecchi ex art. 110, comma 6, T.U.L.P.S. (cioè new slot e VLT).
Non può sottacersi infine che, sebbene la delibera consiliare n. 28 del 23 aprile 1999, detti una disciplina provvisoria di alcune tematiche in materia di commercio nell’attesa dell’emanazione delle disposizioni regionali previste dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, da ciò non deriva alcun automatico effetto abrogativo della stessa a causa dell’entrata in vigore della normativa regionale e del suo regolamento di attuazione, come deduce l’appellante, tanto più che non risulta, neppure a livello indiziario, che le scelte dell’amministrazione comunale contenute nella originaria delibera del 1999 (e quelle costituenti successive integrazioni, quale il divieto di apertura di sale giochi dedicate a slot machine e VLT nella zona del centro storico, della delibera n. 25 del 30 aprile 2013) siano incompatibili con la normativa primaria e regolamentare regionale in materia di commercio; ciò senza contare, sotto altro concorrente profilo, che trova in tal modo ulteriore conferma il richiamo operato dai primi giudici all’art. 98 della legge regionale n. 28 del 2005, quale fonte del potere esercitato con la delibera n.25 del 30 aprile 2013. Non può trovare favorevole considerazione neppure il terzo mezzo di gravame, con cui lamentando “Circa l’illegittimità del terzo capo della sentenza appellata riferito al primo motivo di ricorso”, la società appellante ha sostenuto che l’impugnato provvedimento comunale (ordinanza n. 378 del 16 settembre 2013) avrebbe invaso le competenze proprie dell’amministrazione statale ed in particolare del Questore, privando di efficacia l’autorizzazione da questi rilasciata il 6 maggio 2013. Va infatti rilevato che l’impugnata ordinanza n. 378 del 16 settembre 2013 non interferisce in alcun modo con l’interesse pubblico (id est, la pubblica sicurezza) alla cui cura e tutela è finalizzata nel caso specifico l’autorizzazione questorile, essendo invece rivolto al rispetto delle scelte dell’amministrazione comunale in ordine alla valorizzazione di aree di particolare interesse, qual è il centro storico, scelte discrezionali e non macroscopicamente illogiche, irrazionali e irragionevole operate con la delibera consiliare n. 25 del 30 aprile 2013".

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