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Gioco e Sert, Bellio: ‘Fondi in arrivo valorizzino le competenze’

27 aprile 2015 - 08:10

Dalla legge Balduzzi a quella di Stabilità 2015. E in attesa del decreto legislativo che darà attuazione all’articolo 14 sul gioco della legge delega al governo in materia fiscale. È lo scenario in cui si muovono i Sert italiani, i Servizi del Servizio Sanitario Nazionale che da anni si occupano di dipendenze e che sono ora investiti del compito di occuparsi anche di gioco.

Scritto da Anna Maria Rengo
Gioco e Sert, Bellio: ‘Fondi in arrivo valorizzino le competenze’

A tracciare un bilancio e a delineare gli scenari futuri per Gioco News, che al tema ha dedicato anche uno speciale pubblicato sul numero di marzo della rivista, è Graziano Bellio, direttore del dipartimento per le dipendenze dell’Azienda Ulss n. 8 - Castelfranco Veneto (Tv) e past-president di Alea - associazione per lo studio del gioco d’azzardo e dei comportamenti a rischio.

Che bilancio si può trarre degli anni in cui il Sert si è occupato anche di gioco? Le forze e le risorse erano sufficienti come formazione e quantità?

“Lavorare con i giocatori d’azzardo è una esperienza che arricchisce molto sul piano culturale e professionale. La natura delle dipendenze comportamentali sta aiutando gli operatori dei SerT ad acquisire un pensiero più complesso, meno deterministico rispetto ai fattori che conducono al disturbo di dipendenza. La presenza di una fetta importante di giocatori eccessivi che non presentano significativi fattori di rischio e vulnerabilità consente inoltre di dare il giusto peso ai fattori ambientali e strutturali connessi ai giochi.

In ogni caso va detto che i Sert hanno affrontato le problematiche correlate all’azzardo con una indubbia abnegazione. I servizi sono da anni sotto pressione per l’aggravarsi delle condizioni e dei carichi di lavoro cui gli operatori sono sottoposti. Il Sert si occupa non solo di tossicodipendenza, ma anche di dipendenze da alcol e tabacco; alcuni servizi hanno iniziato a occuparsi di altre dipendenze comportamentali oltre al gioco d’azzardo patologico. Il lavoro viene svolto non solo sul piano clinico, ma anche sul piano della prevenzione e della riabilitazione, in linea con la mission dei servizi stabilita dalla normativa sulle tossico-alcoldipendenze. L’utenza dei giocatori è molto cresciuta rispetto a dieci-quindici anni fa. Si può discutere sullo ‘zero virgola’ in più o in meno nei dati di prevalenza del gioco patologico, ma il dato di fatto è che in diversi Servizi i giocatori rappresentano ormai la seconda o terza tipologia di utenza per numerosità, a volte più dei cocainomani.

Nei confronti dei giocatori patologici e delle loro famiglie i servizi hanno fatto una scelta etica e hanno deciso di studiare, formarsi, sviluppare nuovi programmi terapeutici e superare mille difficoltà per andare incontro a questo nuovo bisogno di salute”.

Cos’è cambiato per il Sert da quando è stata introdotta la legge Balduzzi?

“Sul piano pratico il lavoro del mio servizio non è cambiato molto, forse perché l’ambulatorio era già ben avviato da parecchi anni. Le locandine informative previste dal decreto hanno consentito ad alcuni giocatori e familiari di trovare facilmente un punto di riferimento per la cura, ma sul piano numerico i soggetti che hanno chiesto un trattamento non sono aumentati significativamente con la legge Balduzzi, almeno nel territorio di mia competenza. In altri casi il decreto potrebbe aver giocato un ruolo più importante. Il trend in crescita dell’utenza è per lo più legato alla offerta di ascolto e trattamento. È stato più volte verificato che gli ambulatori di recente attivazione mostrano una crescita rapida del numero di nuovi utenti. Purtroppo l’assenza di un osservatorio epidemiologico in grado di monitorare il fenomeno dell’accesso ai giochi, da un lato, e dei problemi conseguenti dall’altro rende assai arduo poter correlare i fenomeni tra loro.

In ogni caso va detto che il decreto Balduzzi ha riconosciuto formalmente, finalmente anche sul piano normativo, l’esistenza del disturbo da gioco d’azzardo: ciò ha consentito agli operatori dei servizi di lavorare con maggiore tranquillità e di vedersi riconoscere lo sforzo fatto”.

Vi occupavate anche prima di gioco e che cosa cambierà con le nuove normative?

“La questione fondamentale è rappresentata in primo luogo dalla formulazione del livello essenziale di assistenza (Lea), ovvero quali prestazioni a favore dei giocatori e delle loro famiglie saranno previste come obbligo vincolante per le aziende sanitarie, e poi dalla presenza di eventuali risorse dedicate. Infatti dover assistere molti utenti in più con le medesime risorse per i servizi significa dividere in più parti una torta già insufficiente. Va considerato infatti che la auspicabile equiparazione, ai fini delle prestazioni da erogare, del giocatore patologico al tossico-alcoldipendente comporterebbe la possibilità di accesso a forme di trattamento ad alto costo, come ad esempio i trattamenti residenziali e semiresidenziali. Sarà indispensabile che da parte dei servizi vengano definiti adeguati protocolli e criteri di priorità, senza contare che i programmi residenziali e semiresidenziali dovranno essere adeguati alle nuove necessità”.

In termini numerici, l’accesso ai servizi è aumentato e se sì perché?

“Il numero di giocatori e famiglie che si rivolgono ai servizi per un trattamento è certamente aumentato nel corso degli anni, sia a livello nazionale che nei singoli territori. Il dato oggettivo è che prima del 2000 nessun giocatore si era mai rivolto ai servizi dipendenze. L’argomento veniva ignorato dagli operatori ed era assente dai convegni scientifici. Inizialmente l’emersione dei problemi azzardo-correlati è andata di pari passo con l’incremento della disponibilità di giochi e con la progressiva offerta di prestazioni da parte dei servizi. Tuttavia oggi non si può dare per scontato che la dinamica di aumento dell’utenza in un servizio sia da collegarsi necessariamente ad un incremento nella comunità locale di soggetti con problemi. Temo purtroppo che il grosso del danno sia stato già arrecato. Oggi probabilmente siamo in una fase di stabilizzazione e consolidamento dei fenomeni patologici. Sappiamo che il numero di soggetti con una dipendenza dall’azzardo presenti nella comunità locale è molto maggiore rispetto a quanti richiedono effettivamente un aiuto, per cui i fattori che determinano l’aumento di utenza nei servizi va ricercata principalmente nella riduzione o rimozione degli ostacoli all’accesso. Innanzi tutto un servizio che eroga prestazioni a favore dei giocatori e dei loro familiari deve esistere nel territorio e inoltre deve essere conosciuto, pubblicizzato: si tratta di un servizio innovativo, spesso ignorato anche da moltissimi operatori della salute, da medici di medicina generale e da colleghi di altri servizi. Il servizio dovrebbe mettersi in rete con altre realtà del territorio (altri servizi sanitari, i Comuni, cooperative e associazioni di volontariato, ecc.) che possono fungere sia da ricettori e invianti, sia da risorse per i programmi terapeutici”.

Che cosa ne pensa delle disposizioni contenute nel Dlgs che darà attuazione all’articolo 14 della legge delega e che, come anticipato dal sottosegretario Baretta, prevedono ‘l’Istituzione di un fondo che si affianca alle risorse già stabilite con la legge di stabilità di 50 milioni dedicati alla prevenzione della ludopatia. Proponiamo che questo nuovo fondo, che stimiamo possa arrivare a 200 milioni, sia gestito con gli enti locali per piani territoriali (non per singolo comune) le cui modalità vanno definite’”?

“I passati esempi di finanziamento di progetti a favore di tossico-alcoldipendenti hanno mostrato luci ed ombre. Il rischio è l’ennesimo ‘attacco alla diligenza’ in cui potrebbero essere valorizzati più la visibilità che le competenze. Si auspica che alla fine non siano penalizzati i servizi pubblici, le realtà del privato sociale e dell’associazionismo che da anni sono in prima linea nelle azioni di contrasto al gioco patologico. Le risorse sono preziose e vanno utilizzate non solo per obiettivi utili, ma anche con metodologie adeguate a raggiungerli”.

Il ministro Lorenzin ha dichiarato a Gioco News: “La proposta di aggiornamento dei Lea prevede che il trattamento della dipendenza da gioco d’azzardo patologico venga eseguito nei servizi territoriali per le dipendenze (Sert) già presenti in tutto il territorio nazionale e già finanziati con le ordinarie risorse a destinazione indistinta. Pertanto, non sarà necessario istituire nuovi servizi ad hoc, ma sarà sufficiente potenziare i servizi esistenti e provvedere alla formazione specifica del personale. Lo stanziamento di 50 milioni di euro sarà prevalentemente destinato a questo scopo”. A suo modo di vedere servirebbero dei servizi ad hoc?".

“Il ministro Lorenzin ha ragione: il disturbo da gioco d’azzardo è una forma di dipendenza comportamentale e come tale va trattata nei dipartimenti per le dipendenze da parte di operatori che abbiano acquisito tecniche di valutazione e intervento specialistici e che possano contare sulla rete di servizi del privato sociale già consolidata. Le parole chiave della sua dichiarazione sono ‘potenziare’, ‘formazione’ e ‘prevalentemente destinato’. Va detto che i 50 milioni di euro, 49 per l’esattezza se togliamo il milione di euro che sarà utilizzato per la modificazione del software degli apparecchi elettronici, potrebbero essere sufficienti solo se con essi sarà finanziato solamente il rafforzamento dei servizi. A mio avviso si devono differenziare i finanziamenti destinati al potenziamento strutturale dei SerT da quelli con i quali implementare i progetti, le consulenze legali, il supporto economico alle famiglie in difficoltà. Bisogna che la riparazione dei danni venga finanziata dal sistema del gioco, primariamente da chi incassa i guadagni, ovvero lo Stato e l’industria, senza peraltro escludere una componente derivata dai giocatori stessi, attraverso una riduzione del monte premi.

La formazione del personale è fondamentale e va affidata a soggetti esperti. Va detto subito che purtroppo a livello accademico ben pochi centri hanno sviluppato una qualche competenza rispetto alle dipendenze comportamentali. Temo che anche nel campo della formazione si assisterà a una corsa per accaparrarsi finanziamenti da parte di soggetti con ben poca esperienza che, nella migliore delle ipotesi, saranno costretti a ‘subappaltare’ le azioni formative. E infine non vorrei che fosse dimenticato che c’è una enorme necessità di finanziare la ricerca”.

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