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Consiglio di Stato: 'Legittimo regolamento no slot di Anacapri'

09 dicembre 2015 - 11:34

Il Consiglio di Stato respinge il ricorso presentato da alcuni esercenti contro il regolamento del Comune di Anacapri, sottoposto persino a referendum

Scritto da Fm
Consiglio di Stato: 'Legittimo regolamento no slot di Anacapri'

 


Era attesa da giugno ed è stata appena pubblicata la sentenza del Consiglio di Stato in merito alla legittimità del regolamento varato nell'ottobre del 2014 dal Comune di Anacapri e sottoposto persino a un referendum popolare. I giudici hanno scelto di dar ragione alla politica, respingendo il ricorso presentato da alcuni esercenti.


IL RCORSO - Nel ricorso - si legge nel resoconto dell'adunanza - sono dedotti otto gruppi di motivi, tutti affidati alla denuncia di articolati vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto molteplici profili. In sintesi, con il primo gruppo di motivi si dubita della legittimità del fine perseguito dall'amministrazione, se in particolare questo debba consistere nella tutela della salute pubblica dei cittadini o se viceversa esso abbia natura urbanistica ovvero se piuttosto persegua finalità di tutela del decoro pubblico, della quiete pubblica e/o della cosiddetta sicurezza urbana. Con il secondo gruppo di motivi si ritiene violata la libertà d'impresa, da riconoscersi anche alle attività di gioco, senza dare adeguato conto dei superiori interessi che ne consentirebbe la deroga. Con il terzo gruppo di motivi si denuncia difetto di motivazione e di istruttoria sotto vari profili, non ritenendosi chiarito in definitiva il motivo per cui il pericolo della ludopatia dovrebbe ritenersi 'localizzato' nel territorio comunale di Anacapri.

 
E, in particolare, nelle sue spiagge, ristoranti e bar, in misura diversa e più elevata rispetto alle restanti parti del territorio nazionale, regionale o provinciale. Con il quarto gruppo di motivi si denuncia l'illegittimo assoggettamento delle operazioni inerenti l’apertura, trasferimento, ampliamento e
successione nella titolarità degli esercizi in questione, ad autorizzazioni non previste ed ulteriori rispetto a quelle rilasciate dall'Agenzia dello Dogane e dei Monopoli. Tra tali aggravati adempimenti i ricorrenti segnalano il rinnovo quinquennale dell'autorizzazione, in violazione dei principi di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalità dell'attività amministrativa, come discendenti dall'art. 97 della Costituzione. Con il quinto motivo si lamenta l'illegittimità sotto molteplici profili del divieto di attività pubblicitaria in relazione all'apertura ed esercizio delle sale da gioco in asserita violazione del decreto-legge 158 del 2012 (cosiddetto decreto Balduzzi). Col sesto e settimo motivo si sviluppano ulteriormente le doglianze nei confronti delle disposizioni regolamentari impugnate con le quali
viene reso più difficoltoso il rilascio di autorizzazioni ed il subentro in quelle esistenti, relativamente alle attività in questione, senza un apprezzabile risultato sulla loro regolazione. Con l'ottavo motivo si denuncia la illegittimità della regolazione dell'orario dell'esercizio delle sale da gioco, come disposto nel regolamento impugnato”.

IL VERDETTO DEI GIUDICI - Dopo aver passato in rassegna le varie normative europee, nazionale e regionali sul tema, il collegio ricorda che "le sale giochi e gli esercizi dotati di apparecchiature da gioco, in quanto locali ove si svolge l’attività attualmente consentita dalla legge, sono qualificabili, seguendo l'elencazione contenuta nell'art. 50, comma 7, d.lgs. n. 267 del 2000, come 'pubblici esercizi', dimodoché per dette sale il Sindaco può esercitare il proprio potere regolatorio, anche quando si tratti dell’esercizio del gioco d’azzardo, quando le relative determinazioni siano funzionali ad esigenze di tutela della salute e della quiete pubblica. È appena il caso di ricordare che questo stesso Consiglio di Stato, nella decisione della Quinta Sezione 30 giugno 2014, n. 3271, ha ritenuto che «L'art. 3 del D.L. n. 138/2011, convertito nella legge n. 148/2011, sempre in tema di abrogazione delle restrizioni all'accesso e all'esercizio delle professioni e delle attività economiche, ha poi disposto che 'l'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge', affermando un fondamentale principio, derogabile soltanto in caso di accertata lesione di interessi pubblici tassativamente individuati (sicurezza, libertà, dignità umana, utilità sociale, salute)".
 
 

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