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Stabilità 2017: governo a caccia di fondi, prime ipotesi sui giochi

26 settembre 2016 - 08:58

Il Mef al lavoro sulla stesura della Legge di stabilità per il 2017: primi studi su giochi e slot, ma stavolta è dura.

Scritto da Alessio Crisantemi
Stabilità 2017: governo a caccia di fondi, prime ipotesi sui giochi

Ci risiamo. Con la chiusura dell'anno che si avvicina e i lavori di stesura della prossima legge di Stabilità, si torna a parlare di giochi. E di nuovi fondi da reperire dal comparto. Secondo i primi dati trapelati dal Ministero dell'Economia, la manovra dovrebbe valere complessivamente in 10-12 miliardi di euro, con 500 milioni di entrate che dovrebbero arrivare proprio dai giochi e dalle frequenze. Stavolta però la coperta è davvero troppo corta ed è un autentico rebus, per i tecnici del Mef, riuscire ad individuare un piano di azione per attingere nuovamente fondi dal comparto, dopo la stangata della precedente manovra che ha già spremuto fino all'osso la filiera e con l'attuale situazione di incertezza che sta compromettendo l'andamento del settore.

LA SITUAZIONE DEI GIOCHI – Secondo quanto apprende Gioconews.it da fonti istituzionali, nonostante non siano ancora state elaborate delle stime precise sui giochi e sui possibili interventi, da una prima ricognizione sul settore si sarebbero individuati pochissimi margini di intervento. Con la batosta riservata al segmento degli apparecchi da intrattenimento lo scorso anno – attraverso l'aumento del prelievo di 4,5 punti percentuali per le slot e di mezzo punto per le Vlt – sembra impensabile poter intervenire nuovamente sul Preu, che da sempre appare la misura più semplice e immediata per l'Esecutivo per recuperare fondi. Come pure la precedente esperienza (decisamente negativa) della 'riduzione degli aggi' alla filiera, con il tragico sviluppo della tassa sui 500 milioni di euro della Stabilità 2015 sulla quale il governo si è visto costretto a fare dietro-front già l'anno successivo, rendono impercorribile l'ipotesi di un ulteriore rincaro.

Difficile pensare anche a un intervento sul settore del gaming online e delle scommesse, tenendo conto che i due settori sono ancora in balia degli eventi e in attesa di vedere bandite le gare pubbliche per il rinnovo delle concessioni che sarebbero dovute avvenire entro l'anno corrente e teoricamente durante l'estate. Con la maggiore incertezza per quanto riguarda il gioco fisico, dove il rinnovo delle concessioni è strettamente legato alla 'questione territoriale' che il governo deve prima risolvere con gli enti locali e presumibilmente in sede di Conferenza unificata. Inoltre, per gli stessi due settori, sarebbe comunque difficile pensare a un intervento dopo che la scorsa finanziaria aveva già completamente revisionato il sistema fiscale – con l'introduzione della tassazione sul margine – rendendo prematuro ogni ulteriore aggiornamento. Per il betting, poi, è ormai da escludere anche il ricorso a una terza fase della procedure di regolarizzazione fiscale per emersione dei centri trasmissione dati (la cosiddetta 'sanatoria sui Ctd'), dopo la bocciatura di questo tipo di intervento da parte della Commissione Antimafia. Esclusi questi segmenti, quindi, ogni altro ritocco sui giochi avrebbe un ruolo marginare rispetto al reperimento dei fondi. Interventi di restyling normativo sui giochi più 'antichi' per i quali non sono stati eseguiti aggiornamenti negli ultimi anni (come ad esempio il Totocalcio) anche nella migliore delle ipotesi di riuscita, non muoverebbero che poche centinaia di migliaia di euro.

LE IPOTESI AL VAGLIO DEL MEF - Per questo la partita sui giochi, stavolta, è tutt'altro che semplice. E si preannuncia, anzi, un vero e proprio rompicapo. Se in ambiente ministeriale c'è chi pensava all'introduzione di una riduzione degli aggi per i giochi 'mono-concessione', da più parti si sollevano dubbi di legittimità costituzionale che rendono la strada difficilmente percorribile. Rischiando, anzi, di creare ulteriori buchi di bilancio. Ed è così che si torna a parlare, nuovamente, degli apparecchi da intrattenimento: seppure non di Preu – per le ragioni sopra discusse – bensì di una nuova procedura di assegnazione di diritti, in maniera analoga a quanto effettuato nel 2009 per l'introduzione delle videolottery, per le quali il governo introdusse una gara basata sull'acquisto da parte dei concessionari dei diritti utili per l'esercizio di questi giochi al costo di 15mila euro cadauno. Stavolta però a poter essere messi sul piatto sarebbero i diritti per le future 'Awp da remoto'. Quella nuova generazione di slot machine di cui che il governo ha già previsto l'introduzione con la precedente manovra – e già nel 2017 – ma di cui non si conosce ancora alcun dettaglio. Anche per via del fatto che il futuro stesso delle slot è stato più volte messo in discussione negli ultimi mesi e oggetto di scontro in sede di trattativa con gli enti locali. Ma aldilà delle critiche e delle richieste proibizioniste, quello che la Legge ha già scritto è che dal 2017 si dovranno produrre le nuove 'Awp da remoto' e, soprattutto, che il numero di apparecchi in circolazione dovrà diminuire, nei prossimi anni, del 30 percento, scendendo così a circa 265mila unità. Una circostanza che, almeno sulla carta, renderebbe appetibile la gara per l'assegnazione dei diritti. Ma anche questo passaggio, tuttavia, appare tutt'altro che immediato per via di una situazione tutt'altro che banale di cui tenere conto. Ovvero, la realtà in cui si trova il mercato e le aziende che lo compongono, dopo il 'salasso' del 2016 per le imprese della filiera e, in particolare, per quelle di gestione che acquistano gli apparecchi, ancora oggi alle prese con il ricambio del parco macchine dettato dal rincaro del Preu e dalla possibilità di compensarlo con la riduzione del payout, che però significa sostituire tutte le slot in esercizio. Per una serie di investimenti ancora in corso e, quindi, ancora lontani dall'ammortamento.
Per tutte queste ragioni, dunque, non esiste una soluzione facile per trovare nuove risorse dai giochi. Non stavolta.

 

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