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Gibiino: 'Lo Stato non giochi a spese dei cittadini'

22 ottobre 2016 - 08:48

Secondo il senatore di Forza Italia Vincenzo Gibiino, il governo deve cercare altrove, e non nei giochi, le coperture finanziarie alle sue misure.

Scritto da Anna Maria Rengo
Gibiino: 'Lo Stato non giochi a spese dei cittadini'

Che la questione sia decisamente spinosa e in grado di dividere a tutti i livelli, è ormai un dato accertato. Le cinque 'W' (chi, come, dove, quando e perché) valgono anche per il gioco pubblico e, mentre Governo, Regioni ed Enti locali sono ancora alle prese con l'intesa per il riordino della sua offerta sul territorio, ai sensi della legge di Stabilità 2016, il dibattito in materia è tornato a infuocare i due rami del Parlamento. Tra i primi a scendere in campo, a Palazzo Madama, è stato il senatore di Forza Italia Vincenzo Gibiino, che attraverso un'interrogazione (assieme con altri colleghi) ha chiesto a ministero dell'Interno, dell'Economia e delle Finanze, della Salute, di concedere maggiori poteri regolamentari agli enti locali sul gioco. Una richiesta che, appunto, deve però fare i conti con il riordino affidato alla Conferenza Unificata, sul quale Gibiino esprime i suoi auspici.

“Dobbiamo innanzitutto partire dalla premessa che lo Stato non deve avere interesse a stimolare la popolazione a giocare d'azzardo. Già all'epoca del governo Monti, fui il primo a presentare un'interrogazione nella quale evidenziavo il degrado e il declino cui invece si stava, allora, assistendo. Vanno a giocare soprattutto le famiglie meno abbienti e le donne. Il gioco contribuisce dunque all'impoverimento di una fascia già a rischio della nostra società”.

Gibiino ricorda: “All'epoca, anche grazie alla mia interrogazione, il gioco patologico fu inserito nei Lea, ma la cosa grave è che lo Stato da allora continua a essere parte interessata al gioco e a consentire che sulle reti della Rai si continui a fare pubblicità”. Venendo alle proposte per il riordino: “A mio giudizio ci sono alcune zone, in Italia e nelle singole città, dove c'è un'eccessiva concentrazione dell'offerta di gioco. Poi occorre tenerlo lontano dalle scuole e sotto questo profilo occorre svolgere un grande lavoro congiunto, tra Governo e Comuni che rilasciano materialmente le autorizzazioni. Inoltre, a mio modo di vedere, in ogni sala va evidenziata quante sono le slot che sono presenti”. L'attenzione del senatore di Forza Italia si spinge oltre, verso un terreno che, in verità, è estraneo all'opera di riordino voluta dalla manovra finanziaria per l'anno in corso.
“C'è una materia sulla quale lo Stato non interviene da tempo e siamo ancora fermi ai regii decreti di decenni fa. Parlo delle Case da gioco, dove ci sono controlli di gran lunga maggiori e più invasivi rispetto a quelli che magari si compiono in un locale che tiene le sue slot in qualche retrobottega. La normativa dei casinò italiani va rivista, riportandola al livello di regolamentazione che già esiste in numerosi altri stati europei. Ricordo inoltre, prendendo a esempio la vicina Francia, che nei casinò d'Oltralpe c'è un corretto controllo dei flussi di denaro”.
A suo avviso, è meglio concedere ampi poteri agli enti locali di regolamentare il gioco o fissare delle regole uniformi per tutti sul territorio nazionale?
“Sicuramente occorre partire da una regolamentazione a livello nazionale, sulla base della quale i Comuni possano e debbano adeguarsi”.
Qual è il modo ottimale, in Italia, per garantire la tutela del consumatore e della legalità in materia di gioco?
“L'importante è fare il contrario di quanto si sta facendo adesso. Lo Stato, ripeto, non deve avere un interesse specifico perché il suo popolo giochi, e invece una parte del suo bilancio è coperta dagli introiti del gioco d'azzardo e questo è intollerabile”.
Ma lo Stato può davvero fare a meno a parte delle entrate erariali derivanti dal gioco? Dove potrebbe trovare, in altro modo, i fondi che gli occorrono e che gli derivano da esso?
“Noi abbiamo uno Stato che ha sbagliato la tassazione sulla casa, triplicandola e facendo perdere centinaia di migliaia di posti di lavoro. Ha commesso degli errori anche per quanto riguarda la tassazione sulla nautica e a causa di ciò si sono perse 44mila imbarcazioni che hanno scelto porti esteri anziché quelli italiani. Sbagli anche sulle automobili di lusso: sono costati miliardi di euro di entrate e la morte di un intero settore. A tutto ciò va aggiunto che la spesa pubblica continua ad aumentare, e per dei servizi che non eroga. La sanità non funziona, le operazioni di spazzamento nei comuni neppure. Sarebbe lungo l'elenco di tutti gli errori commessi e che producono delle conseguenze negative dal punto di vista dell'occupazione e del minor reddito procapite. E tutto ciò porta a uno Stato che è lo Stato del gioco d'azzardo e che non sa dove trovare altrimenti le coperture finanziarie”.
Sempre parlando di coperture finanziarie, lo Stato è chiamato a uno sforzo ulteriore per trovare i fondi per la ricostruzione, dopo il drammatico terremoto che ad agosto ha colpito il Centro Italia. Il gioco potrà e dovrà dare un contributo? Che cosa ne pensa di una tassa di scopo?
L'idea di una tassa di scopo, in generale, mi fa paura. Sulla benzina stiamo ancora pagando per finanziare la ricostruzione dopo il terremoto dell'Irpinia! No, la tassa di scopo non è la soluzione. Nella fase della ricostruzione si può seguire l'esempio di quanto è stato fatto in Emilia Romagna, dove si è coniugata la grande operosità dei residenti agli incentivi fiscali e al consentire una maggiore volumetria che ha aumentato la sicurezza dal punto di vista sismico, oltre a rendere vantaggiosa la ricostruzione. Per fare un esempio, chi aveva un capannone industriale di 300 metri quadrati ha potuto aumentare di un terzo la cubatura. Poi ci sarebbe molto da dire sulla messa in sicurezza in Italia ma questo non può riguardare una tassa di scopo, neanche sul gioco, finalizzata al terremoto. Semmai, bisogna pensare a una legislazione su come costruire le case nei prossimi vent'anni e su come sistemare quelle già costruite. Tutta l'Italia a rischio”.
Torniamo al gioco e alle varie politiche che, nel corso degli anni, i governi dei più svariati schieramenti hanno avuto in materia. Come giudica l'operato?
“Sicuramente c'è stata per anni una grande disattenzione. Il problema del gioco e sopratutto delle sue conseguenze è venuto a galla con il governo Monti ma, a parte il citato provvedimento che ha portato a considerare la dipendenza da gioco come una patologia e la legge di Stabilità 2015, non c'è stato sinora grande interesse. E del resto, se lo Stato ci guadagna, è difficile che faccia una legislazione per ridurre gli introiti”.

 

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