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L'economista Galloni: 'Troppo relativismo morale non fa bene'

05 novembre 2016 - 09:19

L'economista Antonino Galloni a tutto campo sulla riforma del gioco pubblico e le possibili conseguenze su Erario e occupazione.

Scritto da Sara
L'economista Galloni: 'Troppo relativismo morale non fa bene'

La riforma del settore del gioco pubblico punta a una razionalizzazione dell'offerta, a partire dagli apparecchi con vincita in denaro. Ma quali saranno le conseguenze per l'Erario?

 

A rispondere è l'economista Antonino Galloni, il quale sottolinea a Gioco News: “Ci sarà un aumento, perché cresce l’aliquota e facciamo l’ipotesi che anche il volume del gioco aumenti o non decresca. Ovviamente se, per ragioni attualmente oscure, dovesse verificarsi una sommersione del settore, ovvero un abbandono da parte dei concessionari legali, l’ipotesi iniziale dovrebbe venir rivista. Ma non credo”.

Ci saranno a suo avviso anche conseguenze sull'occupazione?

Non da questa legge: l’attività è quasi sempre complementare ad altre e stabile. Tra l’altro, il gioco risente meno di altri comparti dell’andamento macroeconomico ufficiale; gli utenti non giocano in base al reddito, ma al patrimonio e, ahimè, indebitandosi”.

Cosa pensa di una 'tassa di scopo' per il gioco, anche sul modello inglese per lo sport?

Oggi è tutto un pullulare di attività benefiche e filantropiche, spesso promosse proprio da chi i danni sociali li determina per scopi lucrativi. Il bene che scaturisce dal male è un antico dilemma; in molti Paesi, anche considerati – a torto o a ragione – migliori del nostro, si tassa di tutto, prostituzione compresa. Diventa un problema di modalità e di sensibilità, ma troppo relativismo morale non produce effetti apprezzabili, soprattutto per i giovani. Lo Stato, peraltro, può fare tutte le accise che vuole, sono poi i cittadini a dare un giudizio nei tempi e nei modi opportuni”.

Ma sul gioco a suo avviso che tipo di approccio si dovrebbe avere?

I proibizionismi non funzionano perché – in nome dei precetti morali – non eliminano i comportamenti, ma li spingono verso l’illegalità, rinforzandola; il liberismo non aiuta se non è accompagnato da efficacia educativa. L’unica strada sarebbe una crescita della consapevolezza (stesso discorso per l’alcool) e, quindi, l’autoregolazione, ma se non c’è, le regole ci vogliono, eccome”.

C'è chi chiede di destinare parte delle risorse del gioco alle vittime del terremoto. A suo avviso è un modello sostenibile?
La destinazione di parte degli introiti o di parte dei maggiori introiti non cambia nulla a livello di contabilità; cambierebbe se ci fosse un aumento della tassazione con destinazione di scopo come, ho prima ricordato, per le accise”.
Crede che il sistema concessorio italiano sul gioco sia valido e vada salvaguardato pena il ritorno dell'illegalità?
Certo, se si proibisce o si erigono barriere, la gente vuole giocare comunque”.
Una legge quadro sul gioco è a suo avviso più produttiva di leggi a macchia di leopardo, come sta accadendo a livello locale?
Il livello locale andrebbe bene se esclusivo, ma il rischio concreto è che le amministrazioni più indebitate o, peggio, meno virtuose, si vedrebbero costrette ad aumentare gli introiti”.
Continuiamo a parlare di tassazione. Quella sul margine, secondo lei, è un modello valido?
Il guadagno dei gestori è dato dalla parte delle puntate che non viene redistribuito tra i giocatori. Oggi il volume delle giocate legali complessive si aggira attorno ai 47 miliardi (poi ce ne sono quasi 12 di sommerso che ho stimato considerando i 5.000 punti gioco non in regola sul totale di 22.000); l’incidenza della tassazione deve essere inferiore alla percentuale di puntate non redistribuite e, quindi, credo che con un gettito di circa 4 miliardi, a regime, ci siamo. La partecipazione al gioco degli italiani non è maggiore di quella di altri Paesi, ma, ogni anno, qualche milione di persone diventa più ricco di qualche centinaio di euro di parecchie decine di migliaia; per contro, altrettanti si impoveriscono e, nel saldo, considerando il guadagno netto dei gestori e le tasse, i 'perdenti' sono di più. Eppure milioni di persone continuano a giocare poco, molto, troppo”. 

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