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Sergio Rizzo: 'Il governo non giochi sul riordino'

03 dicembre 2016 - 09:09

Secondo lo scrittore e giornalista Sergio Rizzo in materia di gioco servono misure efficaci e decise da parte dell'esecutivo, senza “schermarsi dietro gli enti locali”.

Scritto da Anna Maria Rengo
Sergio Rizzo: 'Il governo non giochi sul riordino'

 

Un riordino all'insegna della riduzione dell'offerta di gioco che preoccupa molti e sul quale pende un grosso interrogativo: l'effettiva efficacia delle misure previste, a partire dalla riduzione del 30 percento del parco slot in Italia. Questa, almeno, è la posizione di Sergio Rizzo, giornalista e scrittore che più volte si è occupato, sempre in toni critici, di gioco e soprattutto delle politiche in materia, e che ribadisce in un'intervista alla rivista Gioco News, di cui riportiamo un estratto, il suo pensiero: “Quanto si sta facendo attualmente, a mio modo di vedere, è solo una finta. Ma quale riduzione? Dai numeri che sono stati forniti dal ministero dell'Economia e delle Finanze appena qualche mese fa, le macchine di gioco non stanno affatto diminuendo, ma sono aumentate. Comunque, aspettiamo a vedere quale sarà il loro numero alla fine del 2019, quando dovrebbe essere ultimata la riduzione del 30 percento (sul tema pende un possibile emendamento che il governo intende presentare alla Stabilità 2017, per anticipare questo termine alla fine del 2017 Ndr). Sono poi rimasto sorpreso dal fatto che il sottosegretario all'Economia con delega al gioco, Pier Paolo Baretta, ha annunciato appena poco tempo fa una misura analoga: già ne esiste una, perché farne una nuova? Mi pare che si stia facendo di tutto per presentare una situazione, ma la realtà è ben diversa”.
In realtà, la legge di Stabilità 2016 demandava alla Conferenza Unificata Stato, Regioni ed Enti locali il compito di raggiungere un'intesa su come ridurre l'offerta di gioco in Italia...
“Se si vuole davvero tagliare, beh, si tagli. Cominciando, innanzitutto, a non concedere più nuove concessioni di gioco. In caso contrario, significa che non si vuol tagliare. E questo è un giochetto a cui abbiamo sempre assistito. Si fanno le leggi perché poi ci si giri intorno e non producano effetti. Siamo pieni di leggi così, non c'è da stupirsi”.

A suo modo di vedere, gli enti locali quale ruolo dovrebbero avere, nel regolamentare il gioco, rispetto allo Stato?
“Sarò sincero, questo è un tema che mi appassiona poco. Se lo Stato vuole davvero limitare il gioco d'azzardo, lo può fare senza ripararsi dietro lo schermo degli enti locali e decidendo che in materia sono loro che decidono. Un paese serio che ha a cuore la tutela dei propri cittadini deve innanzitutto agire con decisione, senza scaricare la palla ad altri. È molto comodo dire 'sono loro' e poi succedono le cose più ridicole. Basti pensare a quei comuni che inseriscono, nella categoria dei luoghi sensibili nei cui paraggi non si possono installare slot, i cimiteri. Che ipocrisia! La verità è che attorno a questo settore girano così tanti soldi che in pochissimi hanno il coraggio di dire di no”.
Un tema più volte dibattuto è se le norme che limitano il gioco legale finiscono, come effetto indesiderato, per favorire quello illegale. Qual è la sua opinione in proposito?
“Dire che troppi legacci al gioco lecito ha questo effetto è una giustificazione curiosa. Un tempo, ricordo, nascevano negozi di scommesse illegali alla luce del solo, senza che lo Stato riuscisse a impedirlo. C'era un numero di negozi illegali, lungo le pubbliche strade, pari a quello delle sale legali. E tutto ciò mi pare un'altra clamorosa ipocrisia. Diciamo la verità: c'è una lobby pesantissima che condiziona le decisioni dello Stato e questo ha deciso che non può fare a meno del gettito fiscale, peraltro modesto a fronte dei soldi che vengono messi in circolazione, proveniente dal gioco d'azzardo. Se lo Stato volesse combattere questa piaga dovrebbe fare come ha fatto con il fumo. Innanzitutto, quindi, vietare del tutto la pubblicità. Porto qualche esempio. Se vai ai ristorante ci sono delle sale dedicate ai fumatori, mentre al cinema non si può fumare per niente. Perché. Allora, se vai al bar, perché trovi le slot? Esse vanno trattate come il fumo ma la verità è che lo Stato non ha intenzione di combattere davvero questo fenomeno”.
Una visione pessimistica, la sua!
“Non ho la palla di vetro per dire che cosa scaturirà dal riordino dell'offerta di gioco, ma rifacendomi ai precedenti penso che non ci sia motivo per essere tanto ottimisti. Ripeto, se si vuole incidere davvero e cambiare qualcosa occorre togliere le macchinette, ma non solo a suon di annunci, e poi fare attuare il provvedimento che dovrebbe impedire la pubblicità del gioco in televisione, che non sta funzionando. Basti pensare che sul digitale terrestre abbiamo addirittura un canale televisivo interamente dedicato al gioco. La dimostrazione massima dell'ipocrisia della nostra politica”.
Cambiando parzialmente argomento e venendo a parlare di casinò, che cosa ne pensa del loro stato di salute e cosa pensa che cambierà ora che è entrato in vigore il decreto legislativo attuativo della riforma Madia della pubblica amministrazione, recante testo unico di riordino delle società partecipate dagli enti pubblici?
“Ho il sospetto che nella sua attuazione si finisca per mettere sulle spalle della collettività le società in perdita, tra cui figurano quelle che gestiscono diversi dei casinò italiani. Con la diffusione online del gioco d'azzardo, penso che i casinò siano delle strutture morenti e anche un po' folcloristiche. Ma non mi spaventa più di tanto che ci siano casinò. Mi spaventa molto di più che ci siano Regioni e Comuni che debbano metterci dentro i soldi, è una situazione abbastanza surreale”.
Da tempo si parla della nascita di una unica società di gestione per i casinò, e magari, in questo ambito, nell'apertura di nuove case da gioco sul territorio. Come valuta questo scenario?
“La nascita di nuovi casinò è legata al padrino politico che vuole farlo in una determinata area geografia. La verità è che non servono più ad attirare il turismo, è una cretinata pensare che il turista andrà di più a Taormina perché c'è un casinò. La cosa seria da fare è un'altra. I casinò vanno privatizzati e soggetti a controlli come avviene in altri paesi europei. Poi vediamo se riescono a essere imprese che stanno in piedi. Non vedo perché sia lo Stato a doversi accollare le loro perdite”.

 

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