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Laffranco: 'Sul gioco l'enorme responsabilità del Governo'

29 luglio 2017 - 06:01

Pietro Laffranco (Fi-Pdl), componente della commissione Finanze della Camera, a tutto campo sul tema del gioco e il suo riordino.

Scritto da Sm
Laffranco: 'Sul gioco l'enorme responsabilità del Governo'

Il settore del gioco pubblico continua a rappresentare la spina nel fianco del Governo italiano, dato che l'accordo con gli enti locali continua a essere lontano e sono soprattutto le Regioni a non essere soddisfatte dalle misure proposte dal Governo in tema di distanze e orari.

Ma come mai i tempi si sono allungati così tanto, rispetto a quanto previsto dalla Stabilità 2016? Lo abbiamo chiesto a Pietro Laffranco (Fi-Pdl), componente della commissione Finanze della Camera. “La legge n. 23 del 2014 all’art. 14 aveva già delegato al Governo il riordino del gioco pubblico. Purtroppo l'Esecutivo non ha utilizzato la funzione legislativa che il Parlamento gli aveva assegnato, così la delega è scaduta senza essere stata esercitata. Il ministero dell’Economia e delle Finanze ha avuto ben quindici mesi per farlo: tempo sprecato. Poi è stata la volta della legge di Stabilità 2016 che chiedeva alla Conferenza Unificata, formata da Governo, Regioni ed Enti Locali, di raggiungere un’intesa entro il 30 aprile 2016. Intesa che sarebbe stata recepita con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze. Intesa che non è stata raggiunta e così anche questa delega non è stata esercitata. Perché i tempi si sono allungati così tanto? Evidentemente il Governo aveva altre priorità sulle quali lavorare. Certo è singolare che ben due deleghe non vengano esercitate nei tempi previsti. Se lo avessimo saputo avremmo potuto lavorarci in Parlamento, ascoltando le parti e trovando una proposta di sintesi nell’interesse di cittadini ed operatori. A via XX Settembre, invece, non hanno neanche aperto un tavolo per incontrare formalmente le imprese o le associazioni più rappresentative. Strano modo di governare”.

Cosa pensa della proposta del Governo sul gioco? Hanno ragione le Regioni e i Comuni a volere difendere le loro prerogative o è giusto avere regole uniformi sull'intero territorio nazionale?

“Credo che le osservazioni delle Regioni e dei Comuni vadano ascoltate, riconducendole ad un quadro normativo organico, direi una legge quadro. Sono maturate posizioni molto diverse proprio perché ogni amministrazione è stata costretta ad agire in autonomia, nell’assenza totale del Governo che non ha esercitato le funzioni che gli erano state attribuite dalle Camera. Sul gioco pubblico la responsabilità politica dell’Esecutivo è veramente enorme. Ora occorre correre ai ripari per evitare la frammentazione della normativa oltreché il probabile contenzioso tra stato e regioni”.

A suo modo di vedere è abbastanza chiara la distinzione tra gioco legale o illegale, oppure interventi troppo restrittivi e una tassazione troppo alta sul primo possono favorire il secondo?

“La distinzione tra gioco legale ed illegale è chiarissima. Negli ultimi 15 anni si è passati da 800mila videopoker (apparecchi illegali, Ndr) a un mercato legale, sotto il controllo e l’autorizzazione dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. Questo ha marginalizzato l’illegalità e la criminalità organizzata, garantendo contestualmente importanti entrate erariali per oltre 10 miliardi di euro l’anno. Negli ultimi anni invece ci si è fermati e si è lavorato esclusivamente sulle imposte, aumentando a dismisura la tassazione per qualche offerta di gioco come le apparecchiature da intrattenimento, ma non per altre. Non riesco a capire quali siano state le ragioni che hanno animato l’Esecutivo. E anche in questo caso voglio essere generoso, perché a pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina. Nel corso delle audizioni sulla cosiddetta manovrina ho ascoltato e letto dati allarmanti. Offerte di gioco che non crescono hanno avuto aumenti delle imposte molto importanti. Penso agli apparecchi Awp che in due anni hanno aumentato la loro contribuzione erariale di 1.383 milioni di euro, pagandone complessivamente 4.608. Poi ci sono altre forme di gioco, nonostante la domanda crescente, contribuiscono molto meno. Non ce l’ho con nessun tipo di gioco e con nessuna impresa, ma è chiaro a tutti che serve un po’ di equilibrio. Questo è il principio che ha ispirato i miei emendamenti. Capisco le necessità del Governo di trovare nuove coperture – non condivido quanto fatto fino ad ora nascondendo i problemi, avessimo avuto noi responsabilità di Governo avremmo agito differentemente – ma ora che c’è un problema di coperture si intervenga distribuendo la richiesta di maggiore contribuzione su tutti, non si faccia differenza tra chi è più o meno amico”.

Come si può promuovere la legalità nel gioco?

“Ho partecipato recentemente a una conferenza promossa da un'associazione di categoria sul riordino del gioco pubblico. Devo dire che sono rimasto stupito positivamente da alcune proposte che ho ascoltato. Lo stesso comparto propone interventi come la riduzione dell’offerta, perché è sotto gli occhi di tutti che in questi ultimi anni si è andati oltre. Io credo che il numero delle macchine da intrattenimento possa diminuire progressivamente senza lasciare spazi all’illegalità. Tuttavia serve un piano coordinato con gli operatori del settore. Le norme calate dall’alto non funzionano. E mi piacerebbe anche l'introduzione della tessera del giocatore che potrebbe condurre a limitazioni delle giocate personali. Ho perplessità, per esempio, sui distanziometri. Introducendo misure estremamente restrittive lo Stato perde il controllo del territorio. Non mi sembra una scelta intelligente: ci farebbe tornare indietro di anni e lascerebbe spazi enormi alla criminalità organizzata. Distanze molto elevante creano anche un altro effetto per nulla secondario: spostano il gioco dal centro delle città alle periferie, dove nascono sale specializzate nelle quali i giocatori sono esposti a modalità di gioco diverse, spesso più estreme e patologiche. Inoltre, con la diffusione sempre maggiore del gioco online le distanze servono davvero a poco. C’è poi un problema di equità. Tutto il gioco legale deve essere oggetto di riordino e di riduzione dell’offerta. Il Governo non può continuare a scegliere con chi prendersela in modo selettivo. Ho letto dell’intervento del sottosegretario Pierpaolo Baretta in Commissione al Senato. Mi sembra che non guardi ancora al settore gioco legale nel suo complesso, ma voglia trovare solo nelle apparecchiature da intrattenimento una soluzione politica alla mancanza di un riordino complessivo. Una scelta di questo tipo a mio avviso sarebbe sbagliata. Occorre guardare verso tutto il gioco legale”.

La manovrina chiede ulteriori fondi al gioco, questo mentre alcuni ministri chiedono di svincolare in tutto o in parte il bilancio statale dalle entrate del gioco. Non lo trova contraddittorio? Come se ne esce?
“Serve buonsenso. Il ruolo del legislatore spesso è anche educativo. Idealmente tutti vorremmo ridurre il peso delle entrate da gioco nel bilancio dello Stato, io per primo. Tuttavia solo 15 anni fa questo settore non era regolato come oggi e l’offerta illegale era estremamente diffusa. Oggi lo Stato ha ripreso il controllo del territorio e del gioco. L’offerta può ridursi progressivamente, passo dopo passo, accompagnando le imprese in questo percorso e senza perdere il controllo del territorio. Su questo siamo disponibili a lavorare con la maggioranza, a patto che non si facciano discriminazioni irragionevoli, a danno solo di alcune tipologie di gioco”.
Ritiene che l'ippica e i casinò siano due settori da salvare? In che modo?
“Tutti i settori vanno salvati. Se avessi avuto responsabilità di Governo avrei aperto un tavolo di confronto con tutti gli operatori del settore per trovare una soluzione di sintesi. Quanto ai casinò, mi si lasci osservare che solo incapacità gestionali possono creare problemi di licenziamento come a Saint Vincent, e dire che mi sembra davvero ridicolo che in Italia non si dia la possibilità di aprire nuovi casinò quando migliaia di italiani si recano nelle vicine strutture di Francia e Slovenia”.

 

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