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Riordino giochi: ecco perché la proposta non piace all'industria

07 settembre 2017 - 07:56

Il governo presenta una nuova proposta di riordino del gioco in vista della riunione decisiva della Conferenza Unificata: ma il piano non piace all'industria.

Scritto da Ac
Riordino giochi: ecco perché la proposta non piace all'industria

La proposta del governo sul riordino del comparto del gioco pubblico non piace agli operatori. O, almeno, non convince. Per vari motivi. In primis, come ricordato più volte da diverse parti, perché si rivela parziale: non presentando, cioè, un piano distributivo chiaro del “gioco fisico” e neppure completo, che possa rivelarsi in grado di fissare criteri idonei alla pianificazione industriale futura e alla gestione delle attuali attività in essere. Oltre non specificare in maniera opportuna le fasce orarie da assegnare alla vendita dei prodotti di gioco. Ma soprattutto, nella proposta governativa non si riesce a comprendere la cornice normativa che possa essere in grado di tradurre efficacemente e legittimamente gli impegni che gli Enti Locali dovrebbero assumersi sulla base dell'accordo, non essendo esplicitati ma soltanto accennati nel documento, alla voce generica di “salvaguardia degli investimenti”. Non è quindi chiaro quale possa essere lo strumento normativo, al di là del mero decreto ministeriale attuativo dell'accordo della Conferenza, idoneo a tramutare le disposizioni comunali e le Leggi Regionali vigenti ai nuovi dettami.

I TEMI DA APPROFONDIRE - Ci sono poi una serie di altri temi affrontati – o appena sfiorati dalla proposta – che meriterebbero ulteriori approfondimenti in quanto la trattazione vaga del documento non permette analisi dettagliate degli effetti. Come per esempio l’introduzione di un nuovo modello di certificazione dei punti vendita o l’introduzione di una rete distributiva “a numero chiuso” o, ancora, la definizione di tempistiche per la realizzazione di nuovi modelli tecnologici ancora non sottoposti al vaglio della Commissione Europea per la fase di stand still, o la mutazione di regimi fiscali.
Il punto centrale, tuttavia, rimane senz'altro, a livello generale, la salvaguardia della rete del gioco esistente, a prescindere dalla distanza dai luoghi sensibili. A tutela degli investimenti effettuati in questi anni dalle imprese, come richiamato peraltro nei principi costituzionali.
 
EFFETTO ESPULSIVO DA SCONGIURARE - Rimane comunque in sospeso la questione del distanziometro e del cosiddetto “effetto espulsivo” che non viene superato dall'accordo tra governo ed enti. Visto che la principale colpa del distanziometro è quella di non avere regolamentato il tema delle distanze ma, a causa dei numerosissimi luoghi sensibili inseriti in ogni provvedimento regionale o comunale, di aver creato una vero e propria “espulsione” del gioco lecito dalle aree urbane. E su questo tema potrebbe intervenire la conferenza (o, al limite, il governo in fase di attuazione delle norme) magari con l’introduzione di misure dettate dagli Enti locali ma con la clausola che queste non arrechino pregiudizio alle attività di gioco lecite, dovendo quindi essere improntate a criteri che non determinino effetti espulsivi dell’offerta legale. Inoltre, i criteri di dislocazione delle reti distributive del gioco dovrebbero essere elaborati e concertati dalle Regioni con l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli che, in base al vigente quadro normativo primario, è il soggetto deputato alla disciplina, organizzazione e gestione del gioco; in assenza di concertazione non sarà possibile, come oggi accade, garantire il giusto bilanciamento tra gli interessi di tutela della pubblica sicurezza, di competenza esclusiva dello Stato, e gli interessi di tutela della salute (di competenza delle Regioni).
A non convincere, infine, non solo l'industria ma anche gli esperti di gioco e normativa, è la previsione contenuto nel documento nella quale si dice che: “I punti di vendita di gioco previsti a regime sono distribuiti d’intesa tra le Regioni, proporzionalmente, sulla base della attuale distribuzione numerica”.  Ricordando come un criterio di proporzionalità distributiva delle reti di gioco lecito fu già adottato nel bando di gara Bersani, salvo poi essere abrogato a seguito della  Sentenza della Corte di giustizia Europea denominata “Costa-Cifone”.
LA QUESTIONE FISCALE - In questo scenario di totale incertezza determinato dal riordino del comparto, poi, emerge anche il tema fiscale che preoccupa ancor di più le imprese del settore. E, in particolare, quelle degli apparecchi dopo che l’aumento del Preu contenuto nell’ultima manovra, ha portato la redditività delle imprese ai minimi storici e al limite della sostenibilità. Al punto da mettere in crisi l'attuale sistema e portando gli operatori a chiedere una riduzione del payout o comunque un ritocco dei parametri di gioco per adeguare i giochi alla nuova realtà fiscale e normativa. Che potrebbe essere introdotta con il passaggio alle Awp da remoto, rispetto alle quale, peraltro, urgono chiarimenti.

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