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L'infinita ricerca di una normalità: il Piemonte può invertire la rotta

16 novembre 2017 - 10:57

Dopo mesi di attesa del decreto attuativo della Conferenza unificata e in vista dell'entrata in vigore della legge del Piemonte, il settore chiede certezze e cerca la normalità.

Scritto da Ac
L'infinita ricerca di una normalità: il Piemonte può invertire la rotta

Diventare un settore normale. E' il mantra che si torna a ripetere in queste ore nel comparto del gioco pubblico dopo le parole del Sottosegretario all'Economia, Pier Paolo Baretta, che nel suo intervento al convegno di ieri organizzato dall'onorevole Baldassarre alla Camera dei Deputati, ha provato a suscitare una riflessione generale sulla materia, rivolgendosi all'industria, ma anche al mondo della politica e dei media. In un chiaro invito alla “normalità”. Quella da ricercare nelle politiche di regolamentazione del settore, come sta tentando di fare il governo – parole del Sottosegretario – attraverso il piano di riordino mirato alla riduzione e riorganizzazione dell'offerta, ma attraverso criteri che risultino ragionevoli, e quindi, sostenibili: da un punto di vista economico, oltre che sociale. Non è “normale”, secondo Baretta, che gli enti locali dispongano l'espulsione del gioco dal territorio e neppure la loro “ghettizzazione” in alcune zone specifiche delle città, per lo più periferiche. Ma non è normale neppure l'attuale distribuzione del gioco, ritenuta (oggettivamente) eccessiva e, quindi, da rivedere. E ridimensionare.
L'obiettivo generale, dunque, è quello di riportare la “materia” del gioco in un alveo di normalità, dal quale è sfuggita da tempo. Per una vera e propria sfida (e, a tratti, un'autentica battaglia) unicamente politica che il Governo – magari anche col supporto del Parlamento - dovrà cercare di portare a termine, entro la fine della Legislatura.

A partecipare all'impresa, però, dovranno essere proprio gli enti locali: quelli che hanno sollecitato, spinto e alla fine ottenuto, un intervento di riordino del settore da parte dell'esecutivo, con il risultato ulteriore di veder riconosciuto anche il proprio operato e la loro (sacrosanta) autonomia: salvo poi tirarsi indietro, di fatto, quando si tratta di applicarne i criteri.
Se tra le situazioni “non normali” che hanno caratterizzato fino ad oggi la gestione del gioco pubblico si è sempre ravvisata la parziale assenza dello Stato, attraverso il governo centrale, di fronte ai disagi riscontrati sui territori, al punto da far esplodere la cosiddetta “Questione Territoriale”, va anche detto che, ad oggi, stando alla cronaca, sono gli stessi enti locali a sottrarsi agli impegni presi, diventando così autori di molte delle distorsioni che stanno creando non pochi problemi all'industria e, se non risolti, presto anche all'occupazione e all'economia nazionale.
E così ci si trova oggi nell'assurda situazione in cui il governo sembra attendere l'intervento delle Regioni per adeguarsi spontaneamente agli accordi della Conferenza unificata, mentre gli stessi enti attendevano l'uscita del decreto attuativo da parte del Ministero per poi regolarsi di conseguenza. In mezzo a questo reiterato teatrino della politica, chiaramente influenzato dalla campagna elettorale che condiziona le scelte e le azioni dei Legislatori, sia centrali che locali, si trovano gli addetti ai lavori del comparto. In primis quelli del Piemonte, che in virtù della legge locale, si ritroveranno a spegnere le slot su gran parte del territorio a partire da lunedì 20 novembre. E, con tutta probabilità, finiranno col chiudere bottega numerose imprese di gestione e pubblici esercizi, come le associazioni di categoria denunciano da tempo. Uno scenario che, oltre a devastare il tessuto economico locale (e, di conseguenza, anche quello sociale), non avrà neppure benefici né in termini di ordine pubblico né tanto meno di tutela dei consumatori, i quali verranno inevitabilmente sottoposti, a stretto giro, a un'offerta di gioco alternativa a quella statale, senza limiti né tutele. E tutto questo, non è affatto normale. Né tanto meno giustificabile. Come non potrebbe essere giustificato un simile atteggiamento di fronte alla Corte dei Conti – come ha ricordato ieri lo stesso Baretta – in caso di danno erariale causato dalla perdita dei proventi del gioco.
In questo clima di enorme incertezza e di grave instabilità, ad avere la palla in mano è proprio la Regione Piemonte, che oltre a risolvere la situazione del suo territorio, scongiurando una crisi generale, potrebbe dare il via a quel percorso di normalità invocato poc'anzi. Senza bisogno neppure di doversi inventare nulla o di fare un clamoroso dietro fronte, ma seguendo semplicemente il buon senso, o volendo, l'esempio della Liguria: che in una situazione analoga, appena qualche mese fa, ha deciso di disporre una proroga dei tempi di entrata in vigore della propria legge sul gioco, in modo da avere tempo per attuarla in maniera efficace e magari priva di effetti collaterali dei quali dover rispondere in futuro. Il Piemonte, in questo caso, oltre a fermare un processo di disfacimento (avviando quel "risorgimento del gioco pubblico" invocato a suo tempo), avrebbe anche l'opportunità di aprire un nuovo tavolo di discussione con il governo, dove far valere le proprie ragioni e chiedere le opportune garanzie. Grazie anche all'appartenenza politica dei rappresentanti coinvolti nel processo, che dovrebbe aiutare e non dividere. Almeno, in un paese normale.

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